...e non lo avrebbero avuto neanche il "Mago Oronzo" di Raul Cremona ("Io credo nella reincarnazione, le mie unghie si sono reincarnate") o i libri di Totti.cinque ha scritto:[...]
Tu non sei il lettore medio italiano. Se fosse come dici libri quali 'la solitudine dei numeri primi' o roba del genere non avrebbero avuto successo.




La vastità della propria ignoranza
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Se la discussione tratta un tema specifico potrebbe essere spostata nell'eventuale forum inerente
Re: La vastità della propria ignoranza
Messaggio da Birnam wood prophecy » 31/08/2012, 21:08
Re: La vastità della propria ignoranza
Messaggio da Birnam wood prophecy » 31/08/2012, 21:21
Certo che no.cinque ha scritto:[...]
Hai ragione, lo so; ma cavilliamo: se io non conoscessi l'inglese capirei davvero Eliot nella sua struttura formale (la poesia e' forma, soprattutto in questo caso). Capirei la semantica?
Ma io, appunto, non sostengo un'opinione contraria alla tua. Scrivo soltanto che in questo momento, considerato il contesto, sarebbe più opportuno leggere l'opera in italiano.
Re: La vastità della propria ignoranza
Messaggio da Birnam wood prophecy » 31/08/2012, 21:43
Di quello da cui si discosta sono anche troppo zeppi i libri universitari...cinque ha scritto:[...]
A mio parere , per leggere Joyce, bisogna anche conoscere
da cosa si discosta. Ma forse ti era stato chiesto qualcosa del 900.
Messaggio da Birnam wood prophecy » 02/09/2012, 14:43
" Le macchine narrative costruite da Thomas Pynchon sono labirinti alla Escher, in cui lo scopo principale non è trovare l'uscita, ma rimanere allo stesso tempo sconvolti ed estasiati nell'osservare i brandelli di mappa che si è riusciti a ricostruire con fatica".
Questa considerazione di Federico Meschini mi è parsa la più appropriata per descrivere "L'arcobaleno della gravità" (premiato nel 1974 con il National Book Award). Gravity's Rainbow è un libro che ad una prima lettura apparirà senza dubbio ostico, ingarbugliato, irritante, apparentemente confusonario, ma proseguendo (stoicamente) nella lettura (e soprattutto dopo una rilettura attenta) se ne potrà apprezzare molto meglio il valore straordinario che l'ha reso uno dei romanzi più geniali ed atipici della storia della letteratura.
Il mio consiglio spassionato dopo averlo letto, è quello di consultare subito "A silent extinction" di Marco Trainini: si tratta di un agevole saggio su Gravity's Rainbow che è di grande utilità in quanto chiarisce i punti chiave del romanzo gettando una luce importante su alcuni passaggi problematici che ad una prima lettura possono apparire oscuri. Dopodichè procedendo ad una seconda lettura del libro di Pynchon (o perlomeno degli episodi salienti dello stesso) risulterà più comprensibile (direi illuminante) il contenuto del suo grande lavoro del 1973. Ti consiglio inoltre di consultare online le seguenti tesi di laurea in lingua italiana: "The Strange Case of Doctor Gibson and Mister Pynchon" di Federico Meschini e "Thomas Pynchon, Don DeLillo e lo spazio postmoderno" di Massimo Paravizzini (in questa eccellente tesi è presente anche, purtroppo soltanto sotto forma di un breve ma significativo accenno, una differenza stilistica molto importante tra modernismo e postmoderno). In lingua inglese è possibile consultare le preziose "Pynchon Notes" al seguente indirizzo http://www.ham.muohio.edu/~krafftjm/backissu.html , presenti appunto nella sezione "back issues". La letteratura sull'opera di Pynchon (ed in particolare su Gravity's Rainbow) è pressocchè sterminata e ne suggerisco la consultazione per comprendere ed apprezzare meglio il genio e la complessità della narrazione pynchoniana.
Gli episodi più belli del romanzo sono a mio avviso: il bagno del Roseland Ballroom, "Byron the bulb"( la lampadina immortale), il misterioso razzo V2 numero di serie "00000", l'esperimento sull''infante Tyrone, ecc.
Infine, approfondimenti utili per avere un quadro ancora più dettagliato possono essere i seguenti : il campo di concentramento Dora-Mittelbau; la psicologia pavloviana; la fisica del razzo A4; la storia della IG Farben; le carte dei tarocchi...
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Messaggio da Sims » 03/09/2012, 10:39
Mi hai dato un'indicazione preziosa della direzione da prendere, grazie.Birnam wood prophecy ha scritto:Il terzo testo che ti consiglio, Sims (perdonami se sono stato prolisso), è "L'arcobaleno della gravità" (Gravity's Rainbow) di Pynchon...
(...)
Di certo non potrò più dire "mmmhh, oggi non so cosa leggere..."

Ora torno al mio esame, per il momento ha la priorità :(
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Messaggio da arietina76 » 03/09/2012, 10:45
questo è poco ma sicuro: direi che di indicazioni ne hai avute parecchie.Sims ha scritto:[...]
Di certo non potrò più dire "mmmhh, oggi non so cosa leggere..."![]()
Ora torno al mio esame, per il momento ha la priorità :(
e devo confessare la MIA ignoranza, perchè alcuni testi proprio non li conoscevo.
e in bocca al lupo per l'esame.

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Messaggio da tempest » 03/09/2012, 13:11
La tua? E io allora? Dopo aver letto questo topic mi sotterrerei dalla vergognaarietina76 ha scritto:[...]
questo è poco ma sicuro: direi che di indicazioni ne hai avute parecchie.
e devo confessare la MIA ignoranza, perchè alcuni testi proprio non li conoscevo.
e in bocca al lupo per l'esame.



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Messaggio da arietina76 » 03/09/2012, 13:21
io invece ho osato, e ho confessato la mia ignoranza....tempest ha scritto:[...]
La tua? E io allora? Dopo aver letto questo topic mi sotterrerei dalla vergognaNon ho nememno osato scrivere un post
![]()

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Re: La vastità della propria ignoranza
Messaggio da diamanda » 03/09/2012, 18:08
Da scrittrice,da esperta di Letteratura italiana e straniera, e da direttrice di una sezione letteraria di un sito internazionale, ti posso dire che non è con un confronto generalizzato che si giudica un'opera. Se dovessi un giorno mettere a confronto un'opera nuova con un'opera anche del Novecento ( tipo Pirandello, svevo,...) il confronto non potrebbe essere valido. Tu puoi imparare e leggere tutti gli autori che vuoi ma non è la conoscenza che fa di una persona un professionista. Un talento lo riconosci subito, a fiuto, e non ci sono regole che puoi imparare da nessun libro. Io faccio questo mestiere ogni giorno, non ho studiato per questo, ho letto però migliaia di libri e intere biblioteche, ma questo non fa la differenza. La differenza sta nel sesto senso e nella capacità di capire se un'opera avrà un futuro e soprattutto se un autore dice qualcosa. Tutto il resto sono solo qualifiche e conoscenze che puoi avere ma che non so quanto potrebbero giovarti quando sarai seduta lì e dovrai far cadere delle teste piuttosto che salvarle. In bocca al lupoSims ha scritto:Ne avete mai provato la sensazione? La raggelante sensazione che le cose ancora da imparare siano così tante da rendere vano il tentativo di farlo?
Nello specifico, io scrivo e sto studiando per avere l'adeguata cultura per poter un giorno scrivere qualcosa di valido ma ancor più – credo – per avere le competenze per correggere/scegliere/commentare le opere degli altri. Quando riesco mi metto al pc e cerco di approfondire argomenti, in particolare le tecniche e gli autori. Ma la letteratura è sconfinata, la scuola non mi ha lasciato un bagaglio poi così esteso in particolare per quanto riguarda il Novecento. E il Novecento ormai deve essere la base se si vuole parlare di arte, mica possiamo continuare a fermarci a Manzoni!!! E poi se penso a me che lavoro per una casa editrice o per un giornale penso che dovrei poter fare confronti con le letterature straniere e su quelle mi sento ancora più insicura.
Quello che vorrei sapere è se secondo voi bisogna aspettare di avere molte ma molte competenze prima di intraprendere una professione e rischiare che poi diventi tardi (non ho più vent'anni...) oppure se è lecito iniziare da ignorantelli e poi farsi le ossa dopo.
E poi: a qualcuno di voi capita di sentirsi sopraffatto nel pensare che c'è sempre qualcosa da imparare e che non ci si può mai definire colti perché le cose che ignoriamo sono sempre assolutamente di più di quelle che conosciamo?
Il sapere è infinito ma la mia mente e il mio tempo sono finiti!

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Re: La vastità della propria ignoranza
Messaggio da Sims » 03/09/2012, 19:23
Wow!diamanda ha scritto:[...]
Da scrittrice,da esperta di Letteratura italiana e straniera, e da direttrice di una sezione letteraria di un sito internazionale, ti posso dire che non è con un confronto generalizzato che si giudica un'opera. Se dovessi un giorno mettere a confronto un'opera nuova con un'opera anche del Novecento ( tipo Pirandello, svevo,...) il confronto non potrebbe essere valido. Tu puoi imparare e leggere tutti gli autori che vuoi ma non è la conoscenza che fa di una persona un professionista. Un talento lo riconosci subito, a fiuto, e non ci sono regole che puoi imparare da nessun libro. Io faccio questo mestiere ogni giorno, non ho studiato per questo, ho letto però migliaia di libri e intere biblioteche, ma questo non fa la differenza. La differenza sta nel sesto senso e nella capacità di capire se un'opera avrà un futuro e soprattutto se un autore dice qualcosa. Tutto il resto sono solo qualifiche e conoscenze che puoi avere ma che non so quanto potrebbero giovarti quando sarai seduta lì e dovrai far cadere delle teste piuttosto che salvarle. In bocca al lupo


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Re: La vastità della propria ignoranza
Messaggio da cinque » 04/09/2012, 11:32
ciao!!!!ernesto ha scritto:[...]
Hai ancora un poco di citrosodina?
Mi serve per "digerire" la seconda parte degli appunti.
....Ci sono due specie di scrittori.Quelli che lo sono,e quelli che non lo sono.Nei primi forma e contenuto stanno insieme come anima e corpo,
negli altri forma e contenuto vanno insieme come corpo e vestito.La parola scritta dovrebbe essere il farsi corpo di un pensiero secondo la necessità naturale
e non l'involucro di un'opinione secondo l'opportunità sociale.Chi dà le sue opinioni non può farsi cogliere in contraddizione.Chi ha dei pensieri
pensa anche in mezzo alle contraddizioni.Si serve molto di più un'idea se non la si espone in modo da farle prendere la via diritta verso le masse.Se invece essa la prende superando l'ostacolo di una
personalità andrà più lontano che non se si rende popolare.Che essa riesca a generare un'opera d'arte val più a provare la sua portata che non il fatto che,
avvolta nel più grazioso involucro di un'opera di tendenza,riesca a raggiungere un effetto immediato.Se trabocca nell'arte si dissolve nello spazio cosmico e
sulla terra non viene quasi percepita.Nell'altro caso fuoriesce dall'opera e sbocca nei cervelli del presente.Ma un'idea deve poter dire di sé che frequenta poca
gente...........
Per quanto riguarda la cripticità,si tratta di un "limite" professionale.
Ho "speso"più di dieci anni della mia vita in Accademia, studiando e analizzando i testi contenuti
nei bigliettini dei baci perugina nella speranza di potermi rapportare con la realtà emotiva e la sensibilità delle persone.
Ciao
Interessante...
Nei baci Perugina c'è un po' di tutto ed io intendevo solo questo : cercare di portare l'aspetto emozionale nel proprio scritto.
Avrai letto Tonio Kroger e cosa si diceva della dicotomia vita- arte.
Non sono del tutto d'accordo con te: l'opera va trasmessa; altrimenti i tuoi appunti non sarebbero su un forum generalista, ma , al massimo, su uno di scrittura creativa. Il rischio dello scrittore è essere autoreferenziale e, visto che va in stampa, anche lo scrittore piu' snob frequenta qualcuno: gli inglesi ad esempio ancora vivi o gli inglesi modernisti del Bloombsbury che si uccidevano tra loro nel relazionare le opere degli amici. Detto questo ci sono opere che seguono , è vero, l'opinione ed il tema corrente, ma che saranno lette per anni: Oriana Fallaci, per esempio.Molti altri (potrei farti i nomi) erano famosissimi ed ora meno, ma sono serviti ai grandi scrittori;altri ancora erano disprezzzati dai modernisti o dall'avanguardia tipo Dickens o Hugo, ma sono ancora molto letti (o Salgari).
Non credo proprio che una grande idea debba essere letta da poche persone: le grandi idee hanno vari livelli d'interpretazione ed, a seconda di chi la legge,possono essere capite a livello elementare, medio , alto o, a livello personale, rivoltate; ma è il modo di esprimerle che fa volare in alto.
Ora stacco. Ciao
Messaggio da Birnam wood prophecy » 04/09/2012, 15:07
Non aver letto 3 o 4 libri specifici non è sinonimo di ignoranza in materia (inoltre sono libri che una volta letti possono anche non incontrare il gusto del lettore). Sono d’accordo con Diamanda: se non si ha la stoffa, hai voglia a leggere…arietina76 ha scritto:[...]
direi che di indicazioni ne hai avute parecchie.
e devo confessare la MIA ignoranza, perchè alcuni testi proprio non li conoscevo.
A proposito di metanarrativa, dato che ho accennato a “Fuoco pallido” di Nabokov (in questo lavoro uno dei due protagonisti scrive un poemetto che è integralmente riportato nel testo, mentre l’altro protagonista...), durante l’inverno ho letto il “Don Chisciotte…” di Cervantes (ho comprato l’edizione della Rizzoli -BUR -, con introduzione di Borges e illustrazioni di Gustave Dorè. Il capolavoro di Cervantes fu pubblicato in due parti: la prima nel 1605 - ottenne subito enorme popolarità -, la seconda parte nel 1615). Con mia grande sorpresa, leggendo il romanzo, ho rilevato la presenza di alcuni splendidi inserti “metanarrativi”.
In particolare, nella seconda parte del romanzo (a pag. 1.127), Don Chisciotte e Sancho Panza si trovano in un’osteria e, in una camera contigua a quella in cui essi pernottano, “divisa appena da un sottile tramezzo”, ascoltano involontariamente la conversazione di altri due ospiti:
“Per quanto vi voglio bene, signor Don Girolamo, nel mentre che portano da cena leggiamo un altro capitolo della seconda parte di “Don Chisciotte della Mancia”.
Don Chisciotte, appena udì nominare il suo nome, si avvicinò al tramezzo tendendo l’orecchio nell’atto di origliare e sentì Don Girolamo rispondere al compagno che lo aveva invitato a leggere “un altro capitolo”:
“Perché volete, signor Dongiovanni, che leggiamo queste scempiaggini, se chi abbia letto la prima parte della storia di Don Chisciotte della Mancia non è possibile che abbia a trovar gusto a leggere questa seconda?”.
Qui, Don Girolamo non si riferisce alla seconda parte del Don Chisciotte del Cervantes, ma al “Segundo Tomo del Ingenioso Hidalgo Don Quixote de la Mancha”, continuazione abusiva della prima parte del Don Chisciotte del Cervantes ascrivibile ad un non precisamente identificato scrittore (un certo De Avellaneda, così denominato) data alle stampe mentre Cervantes, dopo la pubblicazione della prima parte del suo Don Chisciotte, era intento a lavorare alla stesura della seconda parte dello stesso. Insomma il furbo De Avellaneda pensando di sfruttare il successo ottenuto dalla prima parte del Don Chisciotte di Cervantes, pubblicò un secondo Don Chisciotte che scimmiottava mediocremente il primo (l’originale cervantino), dileggiando peraltro pesantemente il povero Cervantes perché aveva perso una mano in guerra.
Ciò indusse Cervantes ad affrettare la stesura della sua seconda parte e a pubblicarla. Cervantes, inoltre, per vendicarsi dell’affronto dell’Avellaneda ideò non solo l’episodio di Don Girolamo e Dongiovanni (che si conclude con l’ingresso di Don Chisciotte nella camera dei due, che lo riconoscono omaggiandolo come “Il vero Don Chisciotte della Mancia (…) a dispetto e a malgrado di colui che ha preteso usurpare il nome vostro e ridurre a nulla le vostre gesta” (…), ma nel “prologo” alla seconda parte del suo Don Chisciotte spiega ai lettori (rispondendo alle cattiverie dell’Avellaneda) come egli abbia subito la menomazione della mano in battaglia, valorosamente, e non certo durante una rissa in una bettola.
Altro elemento metanarrativo: a pag. 75 Cervantes parla di un certo Cide Hamete Benengeli, sostenendo di aver rinvenuto a Toledo e in seguito di aver fatto tradurre in castigliano da un moro battezzato il manoscritto in arabo dello stesso Benengeli (uno storico arabo) nel quale sono narrate le vicende di Don Chisciotte!
In conclusione, spesso, i contemporanei quando scrivono “discostandosi da…”, nello stesso tempo si “ricollegano a…”.
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Re: La vastità della propria ignoranza
Messaggio da ernesto » 05/09/2012, 8:05
cinque ha scritto:[...]
.......
Avrai letto Tonio Kroger e cosa si diceva della dicotomia vita- arte.
Non sono del tutto d'accordo con te: l'opera va trasmessa; altrimenti i tuoi appunti non sarebbero su un forum generalista, ma , al massimo, su uno di scrittura creativa. Il rischio dello scrittore è essere autoreferenziale e, visto che va in stampa, anche lo scrittore piu' snob frequenta qualcuno: gli inglesi ad esempio ancora vivi o gli inglesi modernisti del Bloombsbury che si uccidevano tra loro nel relazionare le opere degli amici. Detto questo ci sono opere che seguono , è vero, l'opinione ed il tema corrente, ma che saranno lette per anni: Oriana Fallaci, per esempio.Molti altri (potrei farti i nomi) erano famosissimi ed ora meno, ma sono serviti ai grandi scrittori;altri ancora erano disprezzzati dai modernisti o dall'avanguardia tipo Dickens o Hugo, ma sono ancora molto letti (o Salgari).
Non credo proprio che una grande idea debba essere letta da poche persone: le grandi idee hanno vari livelli d'interpretazione ed, a seconda di chi la legge,possono essere capite a livello elementare, medio , alto o, a livello personale, rivoltate; ma è il modo di esprimerle che fa volare in alto.
Ora stacco. Ciao
Ti stimo sorella!
E' un piacere leggere i tuoi interventi!
Ciao
Re: La vastità della propria ignoranza
Messaggio da Birnam wood prophecy » 08/09/2012, 22:15
Pensa un pò il caso curioso: la prima volta che ho sentito parlare del Bloomsbury è stato tanti anni fa quando studiavo all'università (e approfondivo per conto mio) J. Maynard Keynes (quello che diceva che nel lungo periodo saremo tutti morti...)! Quello è il mio primo ricordo...legato a un economista...cinque ha scritto:[...]
gli inglesi modernisti del Bloombsbury si uccidevano tra loro nel relazionare le opere degli amici
Messaggio da Birnam wood prophecy » 30/09/2012, 21:47
Versi 221-230 del poemetto "Fuoco Pallido":Birnam wood prophecy ha scritto:[...]
A proposito di metanarrativa, ho accennato a “Fuoco pallido” di Nabokov (in questo lavoro uno dei due protagonisti scrive un poemetto che è integralmente riportato nel testo)
Perchè unirsi alle risa volgari? Perchè
mai disdegnare un aldilà che non si può accertare:
le delizie del Turco, le presagite lire, i conversari
con Socrate e Proust nei viali di cipressi,
il serafino che dispiega sei ali di fenicottero rosate,
e gli inferi fiamminghi irti di attrezzi e porcospini?
Non è troppo sfrenato il sogno che sogniamo:
il guaio sta nel fatto che ignoriamo come renderlo
abbastanza improbabile; il massimo che sappiamo
escogitare è un fantasma di domestiche apparenze.
Messaggio da Birnam wood prophecy » 03/10/2012, 12:49
Ciao, come va?Birnam wood prophecy ha scritto:[...]
Versi 221-230 del poemetto "Fuoco Pallido":
Perchè unirsi alle risa volgari? Perchè
mai disdegnare un aldilà che non si può accertare:
le delizie del Turco, le presagite lire, i conversari
con Socrate e Proust nei viali di cipressi,
il serafino che dispiega sei ali di fenicottero rosate,
e gli inferi fiamminghi irti di attrezzi e porcospini?
Non è troppo sfrenato il sogno che sogniamo:
il guaio sta nel fatto che ignoriamo come renderlo
abbastanza improbabile; il massimo che sappiamo
escogitare è un fantasma di domestiche apparenze.
I versi in questione non sono commentati da note nel romanzo di Nabokov.
Penso che sia facilmente intuibile a cosa si riferisse Nabokov nel caso dell'evocativo verso "gli inferi fiamminghi irti di attrezzi e porcospini"

Non riesco invece a capire cosa intendesse per "le delizie del Turco"

Ho fatto qualche ricerca, ma niente...non mi è venuto in mente niente...forse Maometto II denominato il "Gran Turco"...ma non saprei, non credo

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Re: La vastità della propria ignoranza
Messaggio da ernesto » 28/08/2013, 14:22
La cultura è una gruccia con cui lo zoppo picchia il sano per far vedereSims ha scritto:Ne avete mai provato la sensazione? La raggelante sensazione che le cose ancora da imparare siano così tante da rendere vano il tentativo di farlo?
..............................................
che anche a lui non manca la forza.
K.K.
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Re: La vastità della propria ignoranza
Messaggio da VolleyGirl » 29/08/2013, 15:33
Come diceva Socrate: "Il sapiente è colui che sa di non sapere". Quindi se tu hai questa sensazione sai molte più cose rispetto a chi crede di sapere già tuttoSims ha scritto:Ne avete mai provato la sensazione? La raggelante sensazione che le cose ancora da imparare siano così tante da rendere vano il tentativo di farlo?
Nello specifico, io scrivo e sto studiando per avere l'adeguata cultura per poter un giorno scrivere qualcosa di valido ma ancor più – credo – per avere le competenze per correggere/scegliere/commentare le opere degli altri. Quando riesco mi metto al pc e cerco di approfondire argomenti, in particolare le tecniche e gli autori. Ma la letteratura è sconfinata, la scuola non mi ha lasciato un bagaglio poi così esteso in particolare per quanto riguarda il Novecento. E il Novecento ormai deve essere la base se si vuole parlare di arte, mica possiamo continuare a fermarci a Manzoni!!! E poi se penso a me che lavoro per una casa editrice o per un giornale penso che dovrei poter fare confronti con le letterature straniere e su quelle mi sento ancora più insicura.
Quello che vorrei sapere è se secondo voi bisogna aspettare di avere molte ma molte competenze prima di intraprendere una professione e rischiare che poi diventi tardi (non ho più vent'anni...) oppure se è lecito iniziare da ignorantelli e poi farsi le ossa dopo.
E poi: a qualcuno di voi capita di sentirsi sopraffatto nel pensare che c'è sempre qualcosa da imparare e che non ci si può mai definire colti perché le cose che ignoriamo sono sempre assolutamente di più di quelle che conosciamo?
Il sapere è infinito ma la mia mente e il mio tempo sono finiti!

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Re: La vastità della propria ignoranza
Messaggio da Etere » 10/12/2014, 12:20
In questo periodo sto leggendo Julio Cortázar. Questo coltissimo scrittore scriveva nel suo meraviglioso e straniante "Il gioco del mondo (Rayuela)": «Esistono enormi zone alle quali non sono mai arrivato (...). Brama di (...) divorare tutto Jouhandeau, sapere il tedesco (...). A dir la verità non mi addolora gran che non aver letto tutto Jouhandeau, al massimo la malinconia per una vita troppo corta per tante biblioteche. La mancanza di esperienza è inevitabile, se leggo Joyce sto sacrificando automaticamente un altro libro e viceversa».Sims ha scritto:Ne avete mai provato la sensazione? La raggelante sensazione che le cose ancora da imparare siano così tante da rendere vano il tentativo di farlo?
A qualcuno di voi capita di sentirsi sopraffatto nel pensare che c'è sempre qualcosa da imparare e che non ci si può mai definire colti perché le cose che ignoriamo sono sempre assolutamente di più di quelle che conosciamo?
Il sapere è infinito ma la mia mente e il mio tempo sono finiti!
J. Cortázar, Il gioco del mondo (Rayuela), pag. 382, Einaudi, 2005.
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