Tigrotta ha scritto:[...]
Secondo me sono due..
Premesso che non credo nel matrimonio come giuramento davanti a un prete o a un sindaco (se amo il mio uomo e lo voglio accanto per tutta la vita basta che io lo giuri a lui), sempre giuramento è, e secondo me molta gente lo prende sottogamba e non ci pensa quanto dovrebbe prima di giurare cose simili.
La seconda causa è che, forse, è difficile scendere dalla nuvola e affrontare una strada difficile con tutti i suoi ostacoli, una strada più reale.
Parlando di divorzi e confrontando matrimoni di questi tempi e di, ad esempio, 50 anni fa, ho fatto un pò di sociologia..e, ricordando come premessa che non è che 50 anni fa i matrimoni fossero a priori più solidi, la differenza è che ora se divorzi non si scandalizza nessuno, perchè si considerano gli individui come persona E come ruolo (una donna che diventa moglie non è più vista solo come colei che ha determinati doveri all'interno della famiglia ma anche come una persona appunto, che merita rispetto e libertà di scelta, sia pure solo tra lavorare e non), cosa che stentava ad accadere anni fa.
Sociologicamente parlando il divorzio è il segno che ora è permesso innamorarsi di qualcun altro e non si è costretti a restare sposati per convenzione sociale.
Sono d'accordo, cinquant'anni fa i matrimoni non erano più solidi di oggi. C'è da dire che il divorzio non esisteva, che una separazione era uno scandalo, che le donne sopportavano molte angherie da uomini spesso ubriachi e padroni. Oggi il contesto è cambiato completamente.
C'è anche da dire che spesso chi si sposa ha un'idea completamente sbagliata di che cosa significhi matrimonio...
C’è una canzone di Lucio Battisti che amo particolarmente ed è «Amarsi un po’». Parla della differenza che c’è tra un disimpegnato «amarsi un po’» (“
è come bere… basta guardarsi e poi avvicinarsi un po’… aiuta a non morire e si può eludere la solitudine”) e un autentico «
volersi bene, partecipare» (“
è difficile quasi come volare… ma quanti ostacoli e sofferenze e poi sconforti e lacrime, per diventare noi veramente uniti, indivisibili”). Va bè, tranquilli, non è mia intenzione cantarvela tutta! Ma riflettiamoci un attimo: il primo è tanto in voga tra i giovani, è l’inno al disimpegno, un piccolo amore senza programmi, molto egoistico, tanto per non morire di solitudine, un amore quindi che appaghi soprattutto noi stessi. Il secondo è un amore vero, sofferto, voluto; un amore in cui si cerca di più il bene dell’altro perché la gioia più grande è vedere la gioia negli occhi dell’altro. E ciò rende uniti, indivisibili.
Battisti è un grande (anche grazie a Mogol), non per nulla le sue canzoni si strimpellano ancora.
E’ bello vedere i fidanzati che stanno insieme, alcuni si tengono per mano, si guardano spesso, sentono la grandezza della scelta… ma che tipo di amore ci sarà nel loro cuore? Questo mondo e questa società in cui viviamo sono difficili. L’amore «amarsi un po’» è come una pianta senza radici e il primo sole la seccherà irrimediabilmente (eppure quanti matrimoni sotto non hanno altro! Quante separazioni al “primo sole”!). Il secondo, il «volersi bene, partecipare», è un amore vero, forte, che può resistere, che ha le capacità di vincere le tempeste della vita.