gian.k ha scritto:[...]
c'è qualche imprecisione in quello che dici, provo a riportare la cronologia dei fatti:
- lucia è indispettita con marco per rapporti precedenti;
- lucia si è messa con un amico di marco con cui marco ha buoni rapporti;
- lucia chiede di non dire niente a marco (solo a marco);
- marco intuisce che lucia si sia messa col suo amico e chiede conferma a mara(poteva chiamare il suo amico, ma la sua amica mara era come dire, a portata di voce) ;
- mara nega fatti anche evidenti;
- marco riceve la notizia da altre fonti (la sapevano tutti);
- marco fa notare a mara di aver negato l'evidenza, allora mara ammette di aver ricevuto esplicita richiesta da lucia di non dire niente;
sinceramente quello che hai scritto non cambia nulla per me.
visto che di lucia non gli importava nulla, non capisco questo suo "accalorarsi" nel voler sapere a tutti i costi. e non importa se marco sapesse o meno che mara "doveva" tenere il segreto: lui sapeva che mara era un'amica comune (nel senso che era anche amica di lucia), e quindi era facilmente intuibile la posizione di imbarazzo in cui l'avrebbe messa con le sue domande.
se marco davvero voleva sapere come stavano le cose, poteva rivolrgersi direttamente al suo amico, che comunque, trattandosi di fatti strettamente personali, non era obbligato a raccontare nulla. almeno così, però, non avrebbe messo in mezzo terze persone (mara).
quanto alla domanda "chi garantisce che mara non abbia mentito altre volte", mi sembra davvero un'esagerazione. anzi, una strumentalizzazione della situazione da parte di marco per "passare da vittima" a tutti i costi.
come ti ho già detto, io mi sono trovata proprio di recente in una situazione analoga, ma ci siamo comportati tutti in modo diverso: la "mia lucia" non mi ha chiesto di tacere, ma sono stata io, di mia iniziativa, a chiarire da subito con tutti che, per rispetto all'amicizia, non avrei detto nulla; e il "mio marco" ha subito chiarito che, sebbene il primo impulso fosse quello di farmi domande, non l'avrebbe mai fatto, per non mettermi in difficoltà, a prescindere da qualunque richiesta di tacere.