La tristezza del discendente
Inviato: 02/10/2006, 19:06
Come fare quando il tuo destino è segnato fin da bambino? Quando il tuo libero arbitrio è sempre stato un malcelato "puoi fare quello che vuoi, basta che poi vieni a lavorare li"? Quando la tua anima é sognatrice, contemplativa e buona, mentre gli anni ti porteranno inesorabilmente verso un mondo fatto di pregiudizio, banalità, immagine, soldi, superficialità, prestigio, ambizione e diffidenza verso gli altri.
Eppure non c'è fuga, e nemmeno voglio più sperarci, la mia vita ormai è e sarà questa, qui, nella piccola azienda di informatica in cui lavoro, diretta da un uomo stimato oltre ogni limite, rispettato e temuto, da cui tutti traggono sicurezza e di fronte al quale il paragone con un discentente differente in tutto e per tutto da lui non può che rendere ridicola la timorosa figura del sottoscritto al servizio di clienti abituati a sentire il mio cognome con tutt'altra stima..
Ebbene si, io lavoro nell'azienda del "papi", quelli come me vengono considerati viziati, babbascioni e parassiti. Sono cresciuto col complesso del "figlio di papà" (che lo stesso "papà" ha contribuito a crearmi). Con la gente ho sempre cercato di fuggire l'argomento "lavoro" perchè mi imbarazzava dire la verità, quando le persone mi chiedono che lavoro faccio vado sempre nel panico, cerco di trovare una parola che vada bene, cercando sempre di nascondere "come ho trovato questo lavoro"....e se proverò a spiegargli quanto sto male, lui mi rinfaccerà quanto sono fortunato rispetto a lui......sento sempre una inspiegabile vergogna, perchè anche quando sarò indipendente, sarò sempre dipendente in qualche maniera dalla famiglia.. perchè sia sul lavoro che a casa, non sono capace di sopportare i ragionamenti, le grida, i modi violenti di mio padre e ancor peggio non so contrastarli (e non servirebbe).. perchè dopo essere stato comandato in casa da mio padre, lo sarò anche sul lavoro,
Così capisco la frustrazione dei figli d'arte, che saranno sempre coperti dall'ombra del padre, la tristezza dei prìncipi, la depressione dei giovani eredi imprentiori coperti dalla potenza di chi ha creato tutto da zero, ma allo stesso tempo li trovo ridicoli, perchè loro potevano fuggire dalle orme del padre e non l'hanno fatto per stupide ambizioni...
Passeggio per la strada invidiando spazzini, operai, benzinai, tabaccai. Loro hanno potuto scegliersi un lavoro, loro sono dipendenti, ma liberi, il lavoro per loro è una necessità e non una ragione di vita, io dovrò farne (ma non lo farò mai) una "passione", una cosa che diverrà tutto, loro andranno a casa e potranno pensare a tutt'altro, io dovrò pensare a non fallire. Invidio gli amici che cercano lavoro, invidio il loro non avere nessuno col fiato sul collo, invidio il non sentirsi osservati, invidio genitori modesti, che credono che educare un figlio sia anche capirlo e non creare un clone di te stesso ed essere convinti che sia così, senza mai chiedersi "ma lui chi è realmente?".
Ogni tanto sento di giovani come me che sono figli di imprenditori e sono felici e gioiosi di prendere l'azienda del padre. Possibile che siano tutti così? Possibile che non ci sia nemmeno uno che come me avrebbe desiderato tutt'altro e invece è costretto a vivere la tristezza dell'essere destinato a questa vita non sua? Nessuno che sente paure superiori alle proprie forze? Nessuno che vorrebbe solo lavorare per vivere, mentre tutti pretendono che tu viva per lavorare?
Dubito che persone con questi stessi miei pensieri esistano su questo forum...ma accetto chiunque voglia dire qualcosa a riguardo e che sia in grado di ragionare senza giudicare...
Da piccolo sognavo di fare il cartolaio... :(
Eppure non c'è fuga, e nemmeno voglio più sperarci, la mia vita ormai è e sarà questa, qui, nella piccola azienda di informatica in cui lavoro, diretta da un uomo stimato oltre ogni limite, rispettato e temuto, da cui tutti traggono sicurezza e di fronte al quale il paragone con un discentente differente in tutto e per tutto da lui non può che rendere ridicola la timorosa figura del sottoscritto al servizio di clienti abituati a sentire il mio cognome con tutt'altra stima..
Ebbene si, io lavoro nell'azienda del "papi", quelli come me vengono considerati viziati, babbascioni e parassiti. Sono cresciuto col complesso del "figlio di papà" (che lo stesso "papà" ha contribuito a crearmi). Con la gente ho sempre cercato di fuggire l'argomento "lavoro" perchè mi imbarazzava dire la verità, quando le persone mi chiedono che lavoro faccio vado sempre nel panico, cerco di trovare una parola che vada bene, cercando sempre di nascondere "come ho trovato questo lavoro"....e se proverò a spiegargli quanto sto male, lui mi rinfaccerà quanto sono fortunato rispetto a lui......sento sempre una inspiegabile vergogna, perchè anche quando sarò indipendente, sarò sempre dipendente in qualche maniera dalla famiglia.. perchè sia sul lavoro che a casa, non sono capace di sopportare i ragionamenti, le grida, i modi violenti di mio padre e ancor peggio non so contrastarli (e non servirebbe).. perchè dopo essere stato comandato in casa da mio padre, lo sarò anche sul lavoro,
Così capisco la frustrazione dei figli d'arte, che saranno sempre coperti dall'ombra del padre, la tristezza dei prìncipi, la depressione dei giovani eredi imprentiori coperti dalla potenza di chi ha creato tutto da zero, ma allo stesso tempo li trovo ridicoli, perchè loro potevano fuggire dalle orme del padre e non l'hanno fatto per stupide ambizioni...
Passeggio per la strada invidiando spazzini, operai, benzinai, tabaccai. Loro hanno potuto scegliersi un lavoro, loro sono dipendenti, ma liberi, il lavoro per loro è una necessità e non una ragione di vita, io dovrò farne (ma non lo farò mai) una "passione", una cosa che diverrà tutto, loro andranno a casa e potranno pensare a tutt'altro, io dovrò pensare a non fallire. Invidio gli amici che cercano lavoro, invidio il loro non avere nessuno col fiato sul collo, invidio il non sentirsi osservati, invidio genitori modesti, che credono che educare un figlio sia anche capirlo e non creare un clone di te stesso ed essere convinti che sia così, senza mai chiedersi "ma lui chi è realmente?".
Ogni tanto sento di giovani come me che sono figli di imprenditori e sono felici e gioiosi di prendere l'azienda del padre. Possibile che siano tutti così? Possibile che non ci sia nemmeno uno che come me avrebbe desiderato tutt'altro e invece è costretto a vivere la tristezza dell'essere destinato a questa vita non sua? Nessuno che sente paure superiori alle proprie forze? Nessuno che vorrebbe solo lavorare per vivere, mentre tutti pretendono che tu viva per lavorare?
Dubito che persone con questi stessi miei pensieri esistano su questo forum...ma accetto chiunque voglia dire qualcosa a riguardo e che sia in grado di ragionare senza giudicare...
Da piccolo sognavo di fare il cartolaio... :(