
Vorrei ripartire un pò dall'inizio per ricostruire la mia breve vita.
Da bambino non ero il solito timidone che si isolava, anzi, ero solito parlare con tutti (o almeno maggior parte) e in generale non avevo problemi di socializzazione, avevo amici, scendevo in strada a giocare insomma ero il bambino medio del mio paese. All'età di 10 anni i miei mi regalarono la mia prima playstation e ne fui così preso che ogni giorno non vedevo l'ora di mettermi a giocare. All'inizio era una cosa normale ci passavo un ora al massimo dopo aver giocato con gli amici in strada. Poi dopo un pò di tempo successe una cosa anomala: il tempo che dedicavo a questo hobby aumentava lentamente, da un ora passò a due, a tre, fino a quando addirittura vi erano giorni in cui decidevo di non uscire di casa e aspettavo il fatidico orario di gioco guardando la TV per ore. Infine sono arrivato alle medie che ero già abituato a stare dentro a passare ore a giocare alla play, e quando i miei comprarono il primo PC le cose si peggiorarono ulteriormente.
Alle medie in classe già notai la notevole difficoltà che avevo nel socializzare con gli altri, erano più svegli, più "grandi" di quanto dimostrasse la loro età. Io che passai gli ultimi anni rinchiuso in casa ero in notevole svantaggio ma comunque riuscii a mantenermi a galla ed avere buoni rapporti con tutta la classe. In particolare feci amicizia con un ragazzo, eravamo compagni inseparabili, e lui più volte mi invitava a casa sua per giocare a pallone con i suoi amici. Era la mia occasione, finalmente avevo trovato un amico vero che mi voleva bene e che era disposto a frequentarmi e ad uscire con me. Purtroppo io, fesso, cioè più precisamente accecato da quella che oramai era una chiara "dipendenza da videogiochi" più delle volte rifiutai i suoi inviti, tutto perchè volevo starmene in casa a giocare al PC o alla Play. Arrivato alla terza media questo amico era oramai perduto, evidentemente si era reso conto che ero un caso perso.
Il primo superiore è stato un forte trauma per me, sono passato da una classe tutto sommato di gente per bene, in un inferno in cui regnava la legge del più forte. Io non abituato a questo clima più volte soccombevo agli insulti e alle angherie dei cinque tipi "tosti" che tenevano in pugno la classe. Come potete immaginare possibilità di farsi amici praticamente "0", in quanto tutti facevano di tutto per ingraziarsi questi cinque tipi, compreso isolare chi era ritenuto uno sfigato (io e qualcun altro preso di mira). Io ingenuo, caddi nella classica trappola del "falso amico", e uno di questi cinque faceva finta di essermi amico solo per ottenere aiuti "scolastici", ma io non me ne resi conto prima della fine dell'anno, quando gli chiesi di uscire ed egli mi cacciò in malo modo. Dopo questa brutta esperienza ho iniziato a non fidarmi di nessuno. Bocciati i 5 tipi in classe rimasero solo le persone per bene, e con alcuni di questi sono riuscito a stringere un buon rapporto, che purtroppo (come al solito) svanisce subito dopo la scuola.
Più volte ho chiesto di uscire a gente che conosco ma la risposta che ricevevo era sempre una scusa banale.
Al terzo superiore decisi di provare qualcosa di "esterno" all'ambiente scolastico, e decisi di accettare di uscire con alcuni amici di mia cugina. Un disastro. In pratica tanto questi "amici" erano disposti a camminare al mio fianco solo perchè erano amici del fidanzato di mia cugina (la scoprii dopo questa cosa). Loro non stavano in mia compagnia, loro mi "sopportavano" solo perchè erano costretti, infatti più volte notavo le loro facce deluse quando decidevo di intrattenermi con loro un pò di più. Poi scoprii che fu mio zio in realtà a chiedere a mia cugina di "aiutarmi" ad uscire di casa.
Passata quest'altra doccia fredda, iniziai a pensare che non ero io ad isolarmi ma era la gente intorno a me che, per qualche motivo a me sconosciuto, si vergognava della mia presenza. Questo dubbio trovò conferma in un periodo assai recente, quando un mio amico di classe si mise a parlare male di un altro suo "amico", e mi spiegò di quanto si vergognasse ad averlo attorno e di "sopportarlo" solo perchè i genitori glie lo hanno chiesto per favore. Si lamentava sopratutto del fatto che si vestiva male e questo era motivo di vergogna e di "figuracce". Sentendo queste lamentele finalmente capii perchè ero stato tanto sfortunato nelle relazioni sociali passate e perchè pure egli evita di uscire con me. Infatti io mi sono sempre opposto apertamente a tante cose, esempio fra i tanti il fatto di seguire le mode del momento qualunque cosa sia: musica, vestiti etc etc... sono sempre stato a favore della libertà della persona e che ognuno poteva pensarla come voleva.
In sostanza nessuno vuole avere a che fare con me, da quel che ho capito, perchè sono poco incline a conformarmi alle mode del momento, non ho l'atteggiamento standardizzato della società in cui vivo, non penso in modo uniforme al pensiero generale, cerco sempre di pensare con la mia testa piuttosto che accettare le idee imposte dal "gregge". Mi sono fatto la fama del tipo "diverso".
Ora voglio chiedere a chi ha più esperienza di me, se è davvero così importante per entrare in relazione con gli altri, stare bene attenti a seguire il "gregge" e arrendersi alla massa. Volevo chiedervi se secondo voi è più giusto essere consapevoli di dover venir isolati a causa delle proprie idee fuori dagli schemi e accettare una vita del genere, oppure farsi il lavaggio del cervello e omologarsi per ottenere un pò di considerazione in più da parte degli altri.
Voi cosa fareste?