Secondo me
a distinzione corrente fra introversione ed estroversione è gravemente compromessa dal pregiudizio.
In generale, dell'individuo introverso si dice che tende a ripiegarsi in se stesso, a interessarsi in modo "morboso" del proprio mondo interno, con distacco e chiusura nei confronti del mondo esterno e dei contatti sociali. Per contro, dell'estroverso si afferma che è un individuo con spiccati interessi verso l'ambiente esterno, tendenza a esprimersi e manifestarsi, e quindi facilità ad inserirsi nel contesto sociale.
Relativamente a introversione ed estroversione, dunque, si esprimono meri "giudizi di valore", pregiudizi gravemente penalizzanti nei confronti dell' introversione. Nel linguaggio quotidiano, la parola "introverso" evoca significati quali: chiuso, taciturno, insicuro, poco socievole, passivo; "estroverso" viceversa significati opposti, quali: aperto, comunicativo, spigliato, attivo, intraprendente. Per quanto si riconosca che molti introversi hanno una sensibilità e un'intelligenza fuori del comune, il loro modo di porsi, equivocato spesso come scostante e altezzoso, provoca reazioni di antipatia, mentre gli estroversi, eccezion fatta per quelli insopportabilmente narcisisti e invadenti, sono giudicati generalmente simpatici.
Nel mondo quindi gli estroversi, fanno il buono e cattivo tempo, imponendo per di più il loro modo di essere come parametro della normalità. Gli introversi, che spesso hanno delle ricche potenzialità emozionali e intellettive, vivono in un cono d'ombra, defilati, frustrati. Fatalmente contagiati dal codice culturale prevalente, essi stessi finiscono per ritenersi inadeguati, meno capaci degli altri, gravati da tratti di carattere che, giudicano comunque inadeguati. Ciò li induce a nutrire un sordo risentimento nei confronti della natura, responsabile di un carattere che crea solo problemi, associato spesso ad una rabbia più o meno consapevole nei confronti della società che li umilia e li emargina. Alcuni, come non bastassero le sollecitazioni esterne ad essere "normali", tendono ad adottare, per mimetizzarsi, dei moduli comportamentali estroversi. Nella misura in cui ci riescono, realizzano tutt'al più un "falso sé", una caricatura del loro vero essere.
La supremazia sociale dell'estroverso, con la conseguente emarginazione (e auto-emarginazione!) dell'introverso riflette, dunque, di una precisa gerarchia di valori. Si tratta tuttavia di una gerarchia di valori banale, appiattita sugli schemi sociali attualmente più in voga, che risentono dell'andamento di una società orientata ai valori di mercato. La "brillantezza", ossia la capacità di sapersi vendere; la "volontà comunicativa", cioè la deferenza verso l'atto di scambio; la "solidarietà", intesa come costrizione all'attivismo sociale; l'"utilitarismo", adeguati a realizzare l'uso insensibile dell'altro essere umano e dunque il perseguimento del mito conformistico del successo, sono i valori dominanti, più facilmente assimilabili da individui poco riflessivi piuttosto che da individui inclini alla sensibilità, al distacco intellettuale e all'intelligenza critica.
Uffa devo uscire,continuo un altra volta.....eheh vi siete salvati ahahahha

se parlo troppo ditemelo ihihihih ...