Sentenza interessante: Inganni in rete

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Sentenza interessante: Inganni in rete

Messaggio da Andyphone » 14/12/2007, 17:49

da [url]http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200712articoli/28485girata.asp[/url] (14/12/2007)

La Cassazione fissa i paletti per regolare il mondo di internet: non ci si può spacciare, creando una mail di posta elettronica falsa, per un’altra persona magari di sesso diverso, ingannando gli utenti della rete: si rischia fino a un anno di reclusione.

È quanto affermato dalla Suprema Corte che, con la sentenza 46674 della sentenza di oggi ha confermato la condanna per sostituzione di persona nei confronti di un 37enne fiorentino che aveva creato un indirizzo di posta elettronica spacciandosi per una sua amica e intrattenendo rapporti con gli utenti della rete.

In particolare i giudici della quinta sezione penale nel confermare la violazione dell’articolo 494 del Codice penale hanno precisato che «oggetto della tutela è l’interesse riguardante la pubblica fede, in quanto questa può essere sorpresa da inganni relativi alla vera essenza di una persona o alla sua identità o ai suoi attributi sociali. E siccome si tratta di inganni che possono superare la ristretta cerchia di un determinato destinatario, così il legislatore ha ravvisato in essi una costante insidia alla fede pubblica e non soltanto alla fede privata e alla tutela civilistica del diritto al nome». Così ragionando il collegio di legittimità ha ravvisato che in questo caso concreto si configurasse il reato.

A nulla è valsa la difesa del ragazzo secondo cui ha chiunque è consentito attivare un account di posta elettronica recante un nominativo diverso dal proprio, anche di fantasia. A questa affermazione i giudici hanno replicato che «ciò è vero, pacificamente ma deve ritenersi che il punto sia tutt’altro. Infatti la difesa non considera adeguatamente che, consumandosi tale reato con la produzione dell’evento conseguente all’uso dei mezzi indicati nella disposizione incriminatrice, vale a dire con l’induzione di taluno in errore, nel caso in esame il soggetto indotto in errore non tanto l’ente fornitore del servizio di posta elettronica, quanto piuttosto gli utenti della rete, i quali, ritenendo di interloquire con una determinata persona, in realtà inconsapevolmente si sono trovati inconsapevolmente ad avere a che fare con un’altra». Insomma, concludono i giudici di piazza Cavour, «non è affatto indifferente, per l’interlocutore, che il rapporto descritto nel messaggio sia offerto da un soggetto diverso da quello che appare offrirlo, per di più di sesso diverso».
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grilloparlante
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Re: Sentenza interessante: Inganni in rete

Messaggio da grilloparlante » 15/12/2007, 19:48

Andyphone ha scritto:da [url]http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200712articoli/28485girata.asp[/url] (14/12/2007)

La Cassazione fissa i paletti per regolare il mondo di internet: non ci si può spacciare, creando una mail di posta elettronica falsa, per un’altra persona magari di sesso diverso, ingannando gli utenti della rete: si rischia fino a un anno di reclusione.

È quanto affermato dalla Suprema Corte che, con la sentenza 46674 della sentenza di oggi ha confermato la condanna per sostituzione di persona nei confronti di un 37enne fiorentino che aveva creato un indirizzo di posta elettronica spacciandosi per una sua amica e intrattenendo rapporti con gli utenti della rete.

In particolare i giudici della quinta sezione penale nel confermare la violazione dell’articolo 494 del Codice penale hanno precisato che «oggetto della tutela è l’interesse riguardante la pubblica fede, in quanto questa può essere sorpresa da inganni relativi alla vera essenza di una persona o alla sua identità o ai suoi attributi sociali. E siccome si tratta di inganni che possono superare la ristretta cerchia di un determinato destinatario, così il legislatore ha ravvisato in essi una costante insidia alla fede pubblica e non soltanto alla fede privata e alla tutela civilistica del diritto al nome». Così ragionando il collegio di legittimità ha ravvisato che in questo caso concreto si configurasse il reato.

A nulla è valsa la difesa del ragazzo secondo cui ha chiunque è consentito attivare un account di posta elettronica recante un nominativo diverso dal proprio, anche di fantasia. A questa affermazione i giudici hanno replicato che «ciò è vero, pacificamente ma deve ritenersi che il punto sia tutt’altro. Infatti la difesa non considera adeguatamente che, consumandosi tale reato con la produzione dell’evento conseguente all’uso dei mezzi indicati nella disposizione incriminatrice, vale a dire con l’induzione di taluno in errore, nel caso in esame il soggetto indotto in errore non tanto l’ente fornitore del servizio di posta elettronica, quanto piuttosto gli utenti della rete, i quali, ritenendo di interloquire con una determinata persona, in realtà inconsapevolmente si sono trovati inconsapevolmente ad avere a che fare con un’altra». Insomma, concludono i giudici di piazza Cavour, «non è affatto indifferente, per l’interlocutore, che il rapporto descritto nel messaggio sia offerto da un soggetto diverso da quello che appare offrirlo, per di più di sesso diverso».
Sono contenta, finalmente questa sentenza dirime ogni dubbio a riguardo.
Non che io avessi dubbi, ritenendo anche prima che chi si spacciava per altro poteva ingannare le persone che interloquivano con lui, creando false aspettative, come ho sempre predicato in questo forum a chi invece sosteneva la "libertà" incodizionatamente.
Oggi finalmene la Suprema Corte ha riconosciuto la lesione ad un bene primario tutelato dallo Stato, la "buona fede".
Sono contenta perchè in un mondo di violenza e di ingiustizie, finalmente una cosa buona è avvenuta, il rispetto della buona fede dell'uomo.
Bravo Andy che lo hai diramato questo evento.
E che sia di monito a tutti quelli che intendono abusare della buona fede degli altri. Che facessero attenzione, per loro si possono aprire anche le porte della "galera".
Ciao
Griloparlante