"Pesca alla trota in America", Richard Brautigan

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"Pesca alla trota in America", Richard Brautigan

Messaggio da Etere » 07/02/2015, 22:27

Il signore che si era comprato la libreria non era magico. Non era una cornacchia a tre zampe sul lato della montagna dove crescono le bocche di leone. Era, questo sì, un ebreo, un mercante in pensione, un uomo che aveva battuto in lungo e in largo l‘Atlantico del nord, veleggiando giorno dopo giorno finché la morte non se lo venne a cercare. Ebbe una donna giovane, un infarto, una Volkswagen e una casa nella Contea di Marin. Amava le opere di George Orwell, di Richard Aldington e di Edmund Wilson. Imparò com‘era la vita a sedici anni, prima da Dostoevskij, poi dalle pu.ttane di New Orleans. La libreria era un parcheggio per tombe di seconda mano. Migliaia di tombe parcheggiate bene in fila come automobili. La maggior parte dei libri era fuori commercio, non c‘era un cane che si degnasse di leggerli, quelli che li avevano letti erano morti o avevano dimenticato tutto, anche se attraverso il processo organico della musica i libri erano tornati vergini. Indossavano il loro vecchio copyright come debuttanti fresche di primo ballo. Mi recai in libreria un pomeriggio, dopo il lavoro (…).Disponeva di una cucina, sul retro, dove preparava tazzone di caffè turco bello carico. Bevevo il caffè e leggevo quei vecchi libri in attesa della fine dell‘anno. Sopra la cucina c‘era un altro stanzino. Dava sulla libreria, riparato da pannelli cinesi. Lo stanzino conteneva un divano, un tavolino di vetro con alcune cineserie e tre sedie. Un bagnetto si agganciava allo stanzino come il cinturino di un orologio. Sedevo su uno sgabello in libreria, un pomeriggio, leggevo un libro a forma di calice. Quel libro era fatto di pagine limpide come il gin, ecco la prima pagina del libro.

Billy
the Kid
nato
il 23 novembre
1859
a
New York
City

Il proprietario del negozio si avvicinò, poggiò il braccio attorno alla mia spalla e disse: «Ti andrebbe una scopata?» Proprio gentile la sua voce. «No» risposi. «Sbagli» replicò, poi senza aggiungere altro uscì dalla libreria, fermò un paio di estranei, un uomo e una donna. Parlò loro un istante. Non riuscivo a sentire quel che diceva. Mi indicava. La donna scosse il capo, poi lo scosse anche l‘uomo. Entrarono in libreria. Ero imbarazzato. Non potevo certo uscire, quelli stavano entrando dall‘unica porta, così presi la via delle scale, rifugiandomi in bagno. Mi portai sul retro della libreria e poi su, verso il bagno, ma quelli mi seguivano. Li sentivo sulle scale. Rimasi lì ad aspettare in bagno per un bel pezzo, e allo stesso modo quelli rimasero ad aspettare nello stanzino. Mai che parlassero. Quando uscii dal bagno, la donna stava sdraiata, nuda, sul divano, l‘uomo si era sistemato su una sedia, il cappello in grembo. «Non fare caso a lui» disse la ragazza. «Son cose a cui proprio non fa caso, quello lì. E‘ ricco. Ha 3859 Rolls Royce». La ragazza era proprio carina, il suo corpo era come un fiume limpido di montagna, muscoli e nervi che scorrono verso valle fra rocce e precipizi. «Vieni da me» disse. «Vieni dentro di me
(…)». Rivolsi lo sguardo al tizio seduto lì davanti a noi. Non sorrideva e neppure sembrava teso. Mi tolsi le scarpe, poi tutti i vestiti. L‘uomo non aprì bocca. Il corpo della ragazza si muoveva con una grazia incredibile, da cima a fondo. Non c‘era null‘altro che potessi fare, perché il mio corpo era come uccelli appollaiati sul filo del telefono che avvolge il mondo, con le nuvole che scuotono dolcemente i cavi. (…) Oh, l‘eternità del cinquantanovesimo secondo, prima di diventare un minuto, prima che scatti l‘imbarazzo. «Che bello» disse la ragazza, dandomi un bacio sul viso. L‘uomo sedeva senza parlare, muoversi o mettere in circolo in quella stanza la minima emozione. Nessun dubbio che fosse ricco e avesse comprato 3859 Rolls Royce. Poi la ragazza si rivestì, lei e l‘uomo se ne andarono. Scesero le scale (…).Mi vestii e scesi a mia volta le scale. La carne sul mio corpo era morbida e rilassata, come in un esperimento basato sulla musica di sottofondo. Il proprietario della libreria sedeva alla cassa. «Ora ti racconto quel che è successo di sopra» disse, con una splendida voce da anticornacchia a tre zampe, una voce da versante anti-dente di leone della montagna. «Cosa?» dissi. «Hai combattuto la guerra civile spagnola. Eri un giovane comunista di Cleveland, Ohio. Lei era una pittrice. Un‘ebrea di New York in gita turistica nella guerra civile spagnola come se fosse un martedì grasso, a New Orleans, messo in scena da statue greche. Stava dipingendo un quadro con un anarchico morto: l‘hai incontrata in quel momento. Ti ha chiesto di metterti di fianco all‘anarchico e di comportarti come se lo avessi ucciso tu. Tu lei hai dato un ceffone e le hai detto una cosa che per me sarebbe imbarazzante ripetere. Vi siete innamorati, alla follia, l‘uno dell‘altro. Una volta, mentre tu eri al fronte, lei lesse Anatomia della melanconia e fece 349 acqueforti di un limone. Il vostro amore fu soprattutto spirituale. Né l‘uno né l‘altro sapevate dare, a letto, quel che sa dare un miliardario. Quando Barcellona cadde, tu e lei vi rifugiaste a Londra, poi a New York, via nave. Ma il vostro amore rimase in Spagna. Era un semplice amore di guerra. Ciascuno non amava altri che se stesso, quando amava l‘altro in Spagna durante la guerra. Sull‘Atlantico ciascuno apparve all‘altro in una luce diversa e giorno dopo giorno diventaste sempre più distanti. Ogni onda sull‘Atlantico era come un gabbiano morto che trascina la propria artiglieria alla deriva da orizzonte a orizzonte. Quando la nave andò a sbattere contro il suolo americano, scendeste senza scambiare una sola parola e non vi vedeste mai più. L‘ultima cosa che mi capitò di sentire fu che vivevi a Filadelfia». «Questo è quel che pensi sia accaduto di sopra?» dissi. «In parte» rispose. «Sì, in parte è proprio andata così». Cavò di tasca la pipa, la caricò di tabacco e l‘accese. «Vuoi che ti racconti che altro è accaduto?» propose. «Va‘ avanti». «Valicasti il confine con il Messico» disse. «Conducendo il tuo cavallo fino a una cittadina. La gente sapeva bene chi tu fossi e ti temeva. Sapeva che avevi ucciso parecchi uomini con l‘arma che tenevi con te. La cittadina era così piccola che non c‘era neppure un prete. Quando i villani ti videro, abbandonarono quel posto. Tagliati con l‘accetta, non avevano alcuna intenzione di avere a che fare con te. I villani se ne andarono. Diventasti l‘uomo più potente del paese. Fosti sedotto da una ragazzina di tredici anni, e tu e lei viveste assieme in una casetta di mattoni, e giorno e notte non facevate altro che l‘amore. (…) Né tu né lei viveste fino a ventun anni. Non era necessario. Vedi che so quel che è successo di sopra» disse. Mi sorrideva tutto gentile. (…) Pensai a quel che era successo di sopra. «Sai bene che quel che ho detto è la verità» disse. «Perché l‘hai visto con i tuoi occhi e l‘hai provato con il corpo. Finisci il libro che stavi leggendo prima di interromperti (…)». Dopo aver ripreso, le pagine del libro cominciarono ad accelerare e a voltarsi sempre più veloci, fino a rovesciarsi come onde nel mare.

Richard Brautigan, “Pesca alla trota in America”, Marcos y Marcos ediz., 1999.
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Messaggio da Etere » 10/02/2015, 22:42

Ho scoperto Richard Brauting per caso mentre navigavo sul sito web dell’ archivio David Foster Wallace Italia (Wallace, l’autore di “Infinite Jest”). Navigando nell’archivio mi è caduto l’occhio sul programma di un seminario di Inglese stilato da Wallace (seminario da lui tenuto in un college californiano dove ha insegnato Scrittura creativa e Letteratura inglese). Nella lista dei testi richiesti (che comprendeva tra l’altro “Il taccuino d’oro” di Doris Lessing) dal syllabus mi ha colpito il libro di Brauting (principalmente per il titolo bizzarro). Dopo aver passato in rassegna (facendo una breve ricerca) gli altri autori (e le rispettive opere consigliate) più o meno noti della lista, mi sono procurato “Pesca alla trota in America”. E’ un libro decisamente fuori dagli schemi (Brautigan è considerato in ambito letterario come una sorta di precursore del Postmoderno, e proprio nell’originalità della sua proposta pionieristica - che tuttavia manca di quella cifra “ipercerebrale”, a volte fine a se stessa, caratteristica delle avanguardie postmoderne - risiede la rilevanza di questo suo lavoro), parodico, stralunato, caratterizzato da momenti poetici (dal retrogusto amaro e malinconico). E’ una proposta letteraria estrema (non mancano gli episodi di apparente “nonsense”), ma personalmente l’ho trovato interessante: diverte ma fa anche riflettere su alcuni aspetti decadenti della società americana (per es. la mercificazione - per assurdo anche quella di ruscelli di trote, venduti a metraggio presso un deposito di rottami :DD ). Nel brano che ho riportato (intitolato “Sea, sea rider”) sono presenti gli ingredienti tipici di “Pesca alla trota…”: l’ironia-parodia (qui in forma sfumata, altrove nel libro più marcata), la stravaganza, il degrado morale, la poesia, e dulcis in fundo le librerie di volumi usati (le quali fanno capolino anche in un altro episodio di “Pesca alla trota…”che ha per protagonista una coppia che possiede un gatto di nome “208”, nome mutuato dal numero dell‘ufficio cauzioni del Palazzo di Giustizia di San Francisco :DD ), librerie che “L’Indice dei libri del mese”, in un articolo su Brautigan, definisce come cimiteriali depositi di carta stampata (…), fantomatici capolinea dell'usato che ossessionavano la sua [di Brauting] immaginazione di scrittore come i soli luoghi degni di arduo pellegrinaggio. Quasi che soltanto dalla familiarità con le reliquie involontarie di una cultura, i miti smontati e accatastati come scenari, le parole in disuso, la natura in pezzi, fosse possibile conquistare (…) la grazia del [suo] sguardo (…).
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