"La metodologia dei programmi...", Imre Lakatos

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"La metodologia dei programmi...", Imre Lakatos

Messaggio da Etere » 08/10/2014, 21:46

Prima di parlare del lavoro più importante di Imre Lakatos, La metodologia dei programmi di ricerca scientifici, occorre fare una breve premessa in merito al problema della metafisica in ambito epistemologico. Carnap e i Neopositivisti Logici ritenevano che la metafisica fosse priva di significato, ossia senza senso. Karl Popper (di cui Lakatos fu allievo) invece, contrariamente a essi, affermava (nel suo Congetture e confutazioni, pagg. 69-70, Il Mulino editore, 2009) che la metafisica è significante perchè “da un punto di vista storico tutte – o quasi tutte - le teorie scientifiche derivano da miti” e che “un mito può contenere importanti anticipazioni delle teorie scientifiche”. Ad esempio, l’idea copernicana di porre al centro dell’universo il sole anziché la terra [contrariamente a quanto dettato dalla teoria geocentrica aristotelica - tolemaica] fu inizialmente ispirata non da nuove osservazioni astronomiche ma “da un culto d’origine neoplatonica relativo alla luce del sole che, proprio in virtù della sua nobiltà, doveva occupare il centro dell’universo” (Popper, Congetture e confutazioni, pag. 438). I neoplatonici si richiamavano precisamente al sesto libro della Respublica di Platone secondo cui il sole, nel “regno degli oggetti visibili” in natura, riveste il medesimo ruolo rivestito dall’idea di bene nel “dominio delle idee”. E poiché nella scala gerarchica delle idee platoniche l’idea del bene è quella più elevata, di conseguenza il sole (che garantisce, grazie ai suoi raggi luminosi e caldi, la crescita e lo sviluppo degli altri oggetti visibili) sarà senz’altro il più elevato e importante nella gerarchia degli oggetti visibili. “Se dunque si doveva assegnare al sole un posto di rilievo nella gerarchia dei corpi visibili, difficilmente si poteva immaginare che girasse intorno alla Terra. L’unica collocazione conveniente per un astro di tale importanza era il centro dell’universo. La Terra veniva così relegata a ruotare intorno al sole” (Popper, Congetture e confutazioni, pag. 322).
Sempre Karl Popper, in un’altra sua opera (la Logica della scoperta scientifica. Il carattere autocorrettivo della scienza) scriveva di non volersi spingere “tanto lontano da asserire che la metafisica non ha nessun valore per la scienza empirica. Infatti non si può negare che, accanto alle idee metafisiche che hanno ostacolato il cammino della scienza, ce ne sono state altre - come l’atomismo speculativo – che ne hanno aiutato il progresso”. Per atomismo speculativo s’intende quello di Democrito e Leucippo.
Popper paragona poi, in modo suggestivo, le idee metafisiche a delle "particelle sospese in un fluido":

“Talvolta, idee che prima fluttuavano nelle regioni metafisiche più alte, possono essere raggiunte dall’accrescersi della scienza, e, venute così a contatto con essa, depositarsi" [sul fondo].

Sulle stesse posizioni di Popper, volte a rivalutare la metafisica, si attestano in particolare le opinioni di altri due filosofi della scienza: il filosofo israeliano Joseph Agassi il quale (nel suo “Le radici metafisiche delle teorie scientifiche”) sostiene che i grandi interessi scientifici sono sempre legati a qualche problema metafisico del tempo, e Paul Feyerabend secondo cui “L’esempio di Copernico dimostra che neppure la teoria più avanzata e apparentemente più indiscutibile è sicura, che anch’essa può essere modificata o interamente rovesciata con l’aiuto di opinioni che la boria dell’ignoranza aveva già gettato nella pattumiera della storia. In questo modo il sapere di oggi può diventare la favola di domani e il mito più risibile può finire col rivelarsi l’elemento più solido della scienza” (P. Feyerabend, Contro il metodo, pag. 44, Feltrinelli editore, 2013. Per una opinione “a contrario” si veda il saggio di Mary Hesse – citata dallo stesso Feyerabend - intitolato Oltre la dignità e la libertà, in cui l’autrice scrive che : “Nessun fisico o nessun biologo moderni ricorrebbe per aiuto ad Aristotele“).

N.B. le note tra parentesi quadre sono mie.
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Messaggio da Etere » 09/10/2014, 21:26

Tre settimane fa ho fatto un salto in una delle biblioteche della mia città e ho preso in prestito "La rivoluzione copernicana. L'astronomia planetaria nello sviluppo del pensiero occidentale", di Thomas Kuhn (filosofo della scienza di cui ho recensito su questo forum una raccolta di alcuni dei suoi scritti intitolata "Dogma contro critica"). L'edizione che mi hanno dato in biblioteca è quella della Piccola Biblioteca Einaudi del 1972, con la traduzione di Tommaso Gaino. All'epoca questo libro (di 357 pagine) costava 1.800 lire :) . Si tratta di un piccolo gioiello che ripercorre in modo appassionante la storia della grande rivoluzione scientifica copernicana. Il testo è godibile e scorrevole, ad eccezion fatta per un paio di paragrafi piuttosto tecnici (che l'autore stesso consiglia di saltare a più pari qualora il lettore fosse completamente a digiuno di nozioni astronomiche) e della brevissima "Appendice tecnica" (comprensiva di circa 15 pagine) conclusiva che chiude il libro. Ovviamente, non manca il riferimento all'influenza esercitata su Copernico dal culto solare neoplatonico:

Marsilio Ficino, figura centrale dell’accademia umanistica e neoplatonica fiorentina del secolo XV, scrisse nel suo trattato Liber de Sole: “Nulla rivela la natura del Bene [che è Dio] più pienamente della luce [del Sole]. In primo luogo, la luce è il più brillante e luminoso degli oggetti sensibili. In secondo luogo, non c’è nulla che si irradii così facilmente, estesamente o rapidamente come la luce. Terzo: come una carezza essa penetra in tutte le cose senza danno e dolcissimamente. Quarto: il calore che l’accompagna protegge e nutre ogni cosa ed è il generatore e motore universale…Similmente il Bene è esso stesso irradiato per ogni dove e accarezza e pervade tutte le cose. Non opera per costrizione, ma attraverso l’amore che lo accompagna, come il calore [che accompagna la luce]. (…) Forse la luce è essa stessa il senso della vista dello spirito celeste, o l’atto del suo vedere, che opera a distanza e vincola tutte le cose al cielo, senza però mai lasciare il cielo né mischiarsi con le cose esterne…Guardate dunque ai cieli, ve ne prego, cittadini della patria celeste…Il Sole può rappresentare Dio stesso per voi, e chi oserà dire che il Sole è falso?”. Con Ficino ci troviamo molto lontano dalla scienza. Ficino non sembra capire l’astronomia. Certamente non fece alcun tentativo di darle nuove strutture. (…) Eppure (…) Ficino scrisse, ad esempio, che il Sole era stato creato per primo e nel centro dei cieli. Certamente nessun’altra posizione inferiore nello spazio e nel tempo avrebbe potuto essere compatibile con la dignità e la funzione creatrice del Sole. Tale posizione tuttavia non era compatibile con l’astronomia tolemaica e le difficoltà che da ciò derivarono al neoplatonismo spinsero forse Copernico, [allievo del neoplatonico Domenico Maria da Novara], a concepire un nuovo sistema costruito attorno al Sole centrale. In ogni caso gli fornirono un’argomentazione per il nuovo sistema. Subito dopo aver discusso la nuova posizione del Sole, Copernico sottolineava la proprietà formale della sua nuova cosmologia. Le sue fonti sono direttamente neoplatoniche: “E in mezzo a tutto sta il Sole. Chi infatti, in tale splendido tempio, disporrebbe questa lampada in un altro posto o in un posto migliore di questo, da cui poter illuminare contemporaneamente ogni cosa? Dacchè non a sproposito taluni lo chiamano lucerna del mondo, altri mente, altri regolatore. Trismegisto lo definisce il dio visibile, l’Elettra di Sofocle colui che vede tutte le cose. Così il Sole sedendo in verità come su un trono regale governa la famiglia degli astri che gli fa corona “ (N. Copernico, De Revolutionibus Orbium Caelestium, cap. X). Il neoplatonismo è evidente nell’atteggiamento mentale di Copernico verso il Sole . (…) Nessuna fondamentale scoperta astronomica, nessun nuovo tipo di osservazione convinsero Copernico dell’insufficienza dell’astronomia antica oppure della necessità di cambiare. (…) Qualsiasi ricerca per poter comprendere i tempi della rivoluzione [copernicana] e i fattori che la determinarono deve essere quindi fatta soprattutto al di fuori dell’astronomia, entro il più vasto ambiente intellettuale cui appartenevano gli esperti di astronomia.

Thomas Kuhn, "La rivoluzione copernicana. L'astronomia planetaria nello sviluppo del pensiero occidentale", pagg. 166-170; 165; 159.
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Messaggio da Etere » 10/10/2014, 22:14

In questo mio penultimo post introdurrò un criterio che mi tornerà utile (ai fini dell’analisi di un concetto particolare) quando passerò in rassegna il saggio di Imre Lakatos. Come si è già detto, per Karl Popper la metafisica è “del tutto significante” (a differenza di quanto ritenevano i neopositivisti logici secondo i quali la metafisica e la religione sono soltanto un cumulo di non-sensi: si consideri a questo proposito, per esempio, il pensiero del neopositivista logico Neurath secondo il quale "I termini metafisici dividono, quelli scientifici uniscono. Gli scienziati, attraverso la loro lingua unitaria, formano nel loro lavoro una specie di Repubblica dei dotti [...], mentre i filosofi sono paragonabili ai signori feudali di San Gimignano i quali, annidati ognuno all'interno della propria torre, nella notte buia, cercano di proteggersi l'un l'altro innalzando sempre più in alto le loro torri. Ma siccome è buio, essi hanno paura e cantano la loro canzone. E Freud ha perfettamente ragione, quando parlando dei suoi malati filosofici che pure cantano le loro canzoni nell'oscurità della foresta, dice: può essere che la paura diminuisca, ma con ciò nel mondo non si rischiara nulla, il buio rimane pesto"). Il fatto che la metafisica sia pregna di significato non equivale tuttavia ad affermare che essa possa essere supportata da prove empiriche in senso scientifico. Occorre dunque tracciare una inevitabile linea di demarcazione tra le asserzioni scientifiche da un lato e le asserzioni metafisiche, religiose, pseudoscientifiche, dall’altro. Secondo il criterio di demarcazione adottato dai neopositivisti logici, la scienza si caratterizzava in funzione della sua “base osservativa”, mentre la metafisica in funzione di un metodo speculativo.
Popper, tuttavia, non condivideva questo tipo di criterio di demarcazione per due motivi principali:
1) “Le moderne teorie della fisica, particolarmente la teoria di Einstein, erano speculative ed astratte in grado elevato e assai remote da quella che poteva ritenersi la loro «base osservativa»”.
2) “Molte credenze superstiziose hanno avuto un rapporto molto stretto con le osservazioni” (K. Popper, Congetture e confutazioni, pagg. 435-436). Popper porta l’esempio dell’astrologia.
Dunque, in considerazione di questi motivi, Popper giudicò come impellente la necessità di elaborare un diverso e nuovo criterio di demarcazione tra scienza e metafisica. Egli propose il “criterio della falsificabilità”. Secondo questo criterio, le asserzioni scientifiche (oppure le teorie scientifiche) sono “controllabili” e quindi, di conseguenza, possono essere eventualmente falsificate. Esempio: se Tizio asserisce che la Terra è piatta, Caio, circumnavigando il globo terracqueo è in grado di poter falsificare(cioè confutare, smentire) la teoria di Tizio. Allo stesso modo, l’asserzione "Nel 2030 apparirà la cometa X" ha carattere scientifico perché essa è “controllabile”. Dunque, per Popper “un sistema dev’essere considerato scientifico soltanto se fa asserzioni che [paradossalmente] possono risultare in conflitto con le osservazioni” (K. Popper, Congetture e confutazioni, pag. 436). Infatti, solo le teorie scientifiche prevedono determinate conseguenze che sono controllabili: se un fatto (nei nostri esempi, la circumnavigazione del globo oppure la mancata apparizione della cometa X) smentisce la previsione (secondo cui la Terra è piatta oppure che nel 2030 apparirà la cometa X), la teoria risulterà confutata. Se invece la teoria riesce a superare i “controlli”, possiamo affermare che essa è corroborata dall’esperienza e dunque ha avuto successo perché i fatti non hanno smentito la previsione. Le idee "metafisiche" invece NON sono controllabili: non vi è alcuna possibilità di rinvenire la prova della falsità di una asserzione metafisica. Tali proposizioni, infatti, sono congegnate in modo tale da non poter mai essere confutate: per esempio, la proposizione "Dio c'è", o “Dio è buono”, non è falsificabile dalla storia del campo di sterminio di Auschwitz perché il religioso potrebbe controbattere adducendo, a sostegno della proposizione in questione, il mistero che avvolge i disegni divini, il peccato originale, Satana, etc. Dunque, se una teoria non può mai essere falsificata dall’esperienza, ciò significa che non ha alcun rapporto con essa e, in quanto tale, non può essere considerata scientifica.

P.S. le note tra parentesi quadre sono mie.
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Messaggio da Etere » 14/10/2014, 22:30

Concludendo, Imre Lakatos, nel suo “La metodologia dei programmi di ricerca scientifici” (MSRP), critica il “falsificazionismo” di Karl Popper (cercando di raffinarlo) in quanto esso porrebbe alle teorie scientifiche “un tragico ultimatum” (così lo definisce Franco Cassano nel suo “La certezza infondata”, pag. 8, edizioni Dedalo, 1983) dato che quando una teoria viene confutata (falsificata) essa deve essere istantaneamente respinta e bocciata incondizionatamente . Secondo Lakatos, questo tipo di falsificazionismo (che egli definisce “falsificazionismo dogmatico”) rischia di far morire la teoria scientifica soffocandola nella culla prima che essa abbia avuto il tempo di poter contribuire allo sviluppo scientifico. Lakatos è invece propenso a “concedere più gradi di appello alle teorie scientifiche rispetto alle refutazioni, giudicandole nel lungo periodo” (F. Cassano, “La certezza infondata”, pag. 9). Infatti, nel lungo periodo (come vedremo) le teorie possono nonostante tutto riuscire a convivere con le anomalie insorte (e con i connessi tentativi di confutazione delle teorie stesse) resistendo tenacemente ad esse per poi alla fine assorbirle, superandole definitivamente.
Un esempio paradigmatico è in tal senso rappresentato dalla scoperta del pianeta Urano, di cui ho parlato nell’ultimo post del topic “Dogma contro critica” di Thomas Kuhn: http://www.mailamici.it/forum/viewtopic.php?t=424259. Nel 1781 l’astronomo W. Herschel scopre casualmente Urano. Successivamente alla scoperta, gli astronomi si accorsero che il nuovo pianeta deviava dall’orbita da loro prevista sulla base della Meccanica celeste e della legge di gravitazione universale di Newton (in sostanza, Urano non veniva avvistato nelle posizioni previste sulla base dei calcoli effettuati per determinarne esattamente l’orbita). Il programma di ricerca scientifico newtoniano era dunque minacciato da un’anomalia (l’anomala orbita di Urano). In questo caso, applicando le regole rigide del falsificazionismo popperiano, si sarebbe dovuto respingere immediatamente il programma di ricerca scientifico newtoniano poiché l’anomalia riscontrata nell’orbita di Urano ne confutava gli assunti fondamentali. Ma, come già detto, seguendo un criterio del genere si rischia di far morire di malattia infantile il programma di ricerca scientifico prima che esso abbia potuto esprimere appieno le sue potenzialità. Inoltre, storicamente, lo scienziato di fronte ad anomalie e falsificazioni non abbandona subito la teoria che ha elaborato, ma resiste tenacemente ad esse (Giorello e Motterlini scrivono, sulla scorta del pensiero di Thomas Kuhn, che «la storia rivela come settori della comunità scientifica tendano a difendere le loro idee preferite piuttosto che a trattarle come galline cui si allunga il collo per il colpo di mannaia. Gli scienziati non abbandonano una teoria perché alcuni “fatti” la contraddicono»). Ciò si verificò puntualmente nel caso di Urano, quando Urbain Le Verrier non abbandonò il programma newtoniano di fronte alla prima difficoltà sorta, ma cercò di giustificare l’orbita anomala di Urano ipotizzando la presenza di un pianeta ignoto la cui presenza perturbava l’orbita dello stesso Urano.
Arrivati a questo punto apriamo però una breve parentesi introducendo la metodologia proposta da Lakatos per poi tornare all’esempio di Urano e constatare più nel dettaglio come gli astronomi del XVIII sec. affrontarono l’anomalia riscontrata nell’orbita di Urano in modo molto simile a quello che la metodologia lakatosiana stessa suggerisce. Ebbene, secondo Lakatos, i grandi risultati scientifici sono costituiti da “programmi di ricerca”. Lakatos prende dunque in considerazione come unità di analisi non una “singola” teoria scientifica isolata, ma bensì un “programma” di ricerca scientifico (cioè una serie di teorie successive T1, T2, T3 …,Tn ognuna delle quali rappresenta una “versione” del programma stesso. Queste teorie sono in sviluppo e hanno in comune il nucleo del programma. Un esempio di programma di ricerca scientifico è quello newtoniano). Il programma è costituito da un “nucleo” (il nucleo, detto anche hard core, è il cuore, il nocciolo del programma) e da una “cintura protettiva”. Il nucleo, in base a una decisione metodologica provvisoria (euristica negativa) degli ideatori del programma, viene considerato “metafisico”, cioè inconfutabile, ossia non criticabile (per esempio, il nucleo del programma newtoniano è costituito dalla legge di gravitazione universale. Questa viene considerata per convenzione inattaccabile), mentre le frecce dalla punta acuminata rappresentate dai tentativi di falsificazione del nucleo del programma vengono dirottate sulla cintura protettiva (in modo, appunto, che le eventuali anomalie insorte e i connessi tentativi di falsificazione non colpiscano il nucleo ferendolo a morte, ma bersaglino invece altre parti della struttura teorica del programma quali per esempio le cosiddette “condizioni iniziali”,cioè , come spiega Roberto Maiocchi, “leggi di minore importanza che vengono sacrificate al Dio della falsificazione pur di salvare il nucleo”. Per questi motivi, le “condizioni iniziali” possono essere modificate o sostituite nel corso del programma: per esempio, dopo la scoperta di Urano, una delle “condizioni iniziali” del programma newtoniano era costituita dall’ipotesi che i rimanenti pianeti del sistema solare fossero sei. Sulla base 1) della “condizione iniziale” in questione, 2) della meccanica newtoniana, 3) della legge di gravitazione universale, si calcolò l’orbita di Urano. L’orbita effettivamente seguita da Urano non corrispondeva a quella calcolata dagli astronomi. Come abbiamo già detto in precedenza, Le Verrier per spiegare l’anomalia ipotizzò l’esistenza di un pianeta fino ad allora sconosciuto. Fu così che il nuovo pianeta,il settimo del sistema solare, battezzato Nettuno, venne scoperto. A quel punto, la “condizione iniziale” secondo cui i pianeti rimanenti erano sei venne sostituita (con quella secondo cui i pianeti rimanenti erano sette) senza alcun pregiudizio per il nucleo del programma newtoniano. Cioè l’anomalia aveva invalidato una delle “condizioni iniziali” ma non il nucleo del programma, ossia la legge di gravitazione universale). La cintura protettiva è infatti composta da un insieme di “ipotesi ausiliarie”, cioè ipotesi che corrono in aiuto (in ausilio appunto) del nucleo metafisico (precisamente, è l’”euristica positiva” del programma che progetta la costruzione della cintura delle ipotesi ausiliarie) tutelandolo: nell’esempio di Urano, l' “ipotesi ausiliaria” è quella avanzata da Le Verrier, cioè l'ipotesi che l’orbita anomala di Urano fosse dovuta alla presenza di un pianeta ignoto.
Il punto fondamentale di questo lungo discorso è che in Lakatos la metafisica è interna! Essa è radicata infatti nel cuore del programma di ricerca scientifico. Lakatos (in MSRP, pag. 147) scrive infatti: “Secondo il falsificazionismo, la metafisica non confutabile esercita un’influenza intellettuale esterna [si veda l’esempio del condizionamento esercitato dal culto solare neoplatonico sulla teoria eliocentrica copernicana], nel mio approccio [invece] è una parte essenziale della ricostruzione razionale della scienza [parte essenziale chè è identificabile con il nucleo metafisico interno del programma di ricerca scientifico]”.

Torniamo adesso all’esempio di Urano. Come abbiamo già detto, seguendo la MSRP di Lakatos, possiamo verificare come gli astronomi del tempo fronteggiarono l’anomalia in modo simile a quello che la MSRP stessa prevede. Infatti, essi non presero seriamente in considerazione la possibilità di respingere e scartare in quanto falsificato il programma di ricerca newtoniano, ma cercarono di spiegare l’anomalia tramite il ricorso a “ipotesi ausiliarie” . Scrive infatti Lakatos nella sua “La metodologia dei programmi di ricerca scientifici” (MSRP, Il Saggiatore\Est editore, pag. 62), che gli astronomi nutrono la speranza che le anomalie riscontrate “si trasformeranno a tempo debito, in corroborazioni del programma”. E in effetti, nell’esempio di Urano, J. Adams – uno degli studiosi che all’epoca si impegnò a risolvere il problema dell’anomala orbita del pianeta - prima di intraprendere le sue ricerche scrisse a un amico confidandogli di essere "convinto che il disaccordo [tra le previsioni della legge di gravitazione universale newtoniana e l’orbita realmente seguita da Urano] che per un certo periodo di tempo aveva messo in dubbio la verità della legge avrebbe finito per fornirne la conferma più brillante [della validità della stessa]"). L’euristica del programma newtoniano suggerì quindi di conservare le leggi di Newton (in quanto costituenti il nucleo inconfutabile del programma di ricerca) e di tentare di spiegare l’anomalia riscontrata nell’orbita di Urano ricorrendo alla formulazione di una “ipotesi ausiliaria” che come già detto ipotizzava l’esistenza di uno sconosciuto pianeta (che fu poi effettivamente individuato e chiamato Nettuno), posizionato più esternamente rispetto a Urano, la cui presenza esercitava un’azione perturbatrice sull’orbita dello stesso Urano (causando così il mancato accordo tra le previsioni del programma newtoniano e l’orbita effettiva di Urano). La scoperta di Nettuno ristabilì così l’accordo tra la meccanica newtoniana e i dati astronomici e dimostrò che l’anomalia osservata non era stata in grado di falsificare realmente la legge di gravitazione universale di Newton (e inoltre, grazie all’ “ipotesi ausiliaria”, si era riusciti anche a predire l’esistenza di un nuovo pianeta del sistema solare, Nettuno).
Infine, secondo Lakatos, la metafisica oltre ad informare con la sua azione il “nucleo” del programma, agisce anche ad un “metalivello”, cioè non si muove soltanto sul piano della scienza ma anche ad un livello superiore: la MRSP si propone cioè come metodologia per valutare anche teorie economiche (si pensi per esempio al saggio “La teoria neoclassica della crescita in una prospettiva storica. Un'applicazione della metodologia dei programmi di ricerca di Lakatos” di Mario Pomini, Giappichelli editore), psicologiche, per le stesse filosofie della scienza, per le ricostruzioni storiche, ecc. Come fa notare Giulio Giorello «Questa prospettiva “assoluta” ricorda molto il contesto della filosofia di Hegel, e anche quella di Marx, che pretendevano di porsi come strumento universale di spiegazione. Nella MSRP, l’influenza hegeliana si pone come “spiegazione totale ». Si vedano anche le critiche dello stesso tenore da parte di Paul Feyerabend che pone l’accento sul contenuto ideologico di questa “meta- MRSP” elaborata dall’ungherese Imre Lakatos.

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