"Infinite Jest", D.F. Wallace

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Etere
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"Infinite Jest", D.F. Wallace

Messaggio da Etere » 25/01/2014, 23:39

"Infinite Jest" è il capolavoro immane di David Foster Wallace. Romanzo
dall'annichilente narrazione torrenziale, I.J. è lo “squalo bianco” dei romanzi scritti negli ultimi decenni. Se proprio volessimo - forzatamente - inquadrarlo in una corrente letteraria (l’opera in questione non è facilmente etichettabile), rientrerebbe nel “post-post moderno” o nell’ “Avant-Pop” (secondo la definizione ascrivibile a Larry McCaffery, “L’Avant Pop associa l’attenzione della Pop Art verso beni di consumo e mass media allo spirito sovversivo e alle radicali innovazioni formali dell’avanguardia. L’Avant Pop condivide con la Pop Art la consapevolezza cruciale che non sono le risorse tradizionali della cultura alta bensì quelle della cultura popolare a offrire ai cittadini delle nazioni post-industriali le immagini chiave, i personaggi e gli archetipi narrativi, le metafore, i punti di riferimento e le allusioni che servono a spiegare chi siamo. Gli artisti della Pop Art tendevano ad appropriarsi dei materiali della cultura pop ai fini di una riproduzione fedele senza operare trasformazioni, mentre l’Avant Pop tende ad affidarsi a strategie notevolmente più flessibili che spesso privilegiano la cooperazione attiva piuttosto che la presentazione neutra di materiali originali”).
Il romanzo decolla letteralmente a partire dalle allucinanti serate di Randy Lenz per le vie di Boston :DD (pagg. 645 e ss. dell’edizione Einaudi), con tutto ciò che ne seguirà. In precedenza, episodi indimenticabili rimangono comunque quelli che vedono come protagonisti Don Gately e il quebechiano G. Du Plessis, Hal e il terapeuta del dolore, la “passione” di Antitoi, l’avvento dei teleputers della InterLace. Il romanzo è tutt’altro che incomprensibile, nonostante la narrazione non segua un andamento lineare (si legga a tal proposito lo splendido saggio di Filippo Pennacchio "What fun life was"– in particolare la parte relativa alle “esche” presenti nella prima parte del romanzo -, in cui è presente, tra l’altro, la spiegazione/interpretazione dell'“Infinite Jest” di J. Incandenza... Jacques Lacan docet: nel romanzo wallaciano le pagine decisive al riguardo sono le numero 1.007-1.008). Per quanto concerne le parole pronunciate da Hal a pag. 19 (“All’unico altro pronto soccorso nel quale sono stato portato, quasi un anno fa”) e da Don Gately verso la fine del romanzo ("È con un ragazzino molto triste in un cimitero a scavare per tirare fuori la testa di un morto…”),sono state avanzate varie ipotesi, ma quella più verosimile è stata formulata da Aaron Swartz (il materiale relativo ad essa è facilmente reperibile in rete). Le Note alla fine del romanzo sono assolutamente geniali. Come si fa a non leggerle? Contengono la filmografia dettagliata di J. Incandenza (nota n. 24) e “Le cult du prochain train” (nota n. 304)! Imperdibili.


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Senza il sol nulla son io