La casta imputata, socrate processato

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La casta imputata, socrate processato

Messaggio da il Poeta » 30/05/2008, 12:51

LA CASTA IMPUTATA, SOCRATE PROCESSATO
Autore: il Poeta



Prefazione

Falsa democrazia, potere della casta, tangentopoli, politica speculativa, mafia e malaffare hanno avuto una forte influenza nella produzione letteraria attuale: gli scrittori sembrano coinvolti in queste tematiche, nelle trasformazioni, nelle denunce, nel rinnovamento della società e dell’uomo, eppure si avverte un clima crescente di tensione, di sofismo, di demagogie, di accondiscendenza al lassismo e al compromesso, di scelta di temi revisionisti o celebrativi. Che gli intellettuali del nostro tempo, sotto la pressione del consumismo, dell’edonismo, dell’omologazione progettuale e della perdita di identità non siano più in grado di darci risposte? E se gli stimoli a sentire come valore l’esigenza di operare nell’etica, di recuperare la dignità umana ci venisse da un poeta naìf?
Non ci sarebbe da stupirsi, visto che abbiamo perso la capacità di provare meraviglia, quella meraviglia che è alla base del filosofare con semplicità nel tentativo di conoscere la verità, di voler lavorare attorno alle questioni accumulando consapevolezza e un pizzico di saggezza.

Quella meraviglia che prova il poeta naìf quando riproponendoci, come passaggio dall’ignoranza al sapere, la semplice lettura del processo a Socrate, stentiamo a coglierne il messaggio.
E lui, da saggio, sente che oggi più che mai è necessario tornare alle origini della filosofia per ritrovare l’uomo e il suo senso.
Lo fa proponendoci un testo teatrale dalle forme linguistiche insolite, dalle strutture non convenzionali, dai toni di corrosiva ironia, di notevole intensità, nell’intreccio di una dimensione dell’io individuale e di una dimensione della realtà culturale e sociale.

IVANA RACCIS





I A T T O





Voce - In una città in cui la convivenza
è assicurata dagli interessi e
dalla paura del giudizio degli
altri, una persona che non si
lascia manipolare è un cittadino
reprobo e pericoloso.


Socrate - Non so voi cittadini, chiamati
a decidere del mio futuro, che
dite delle accuse mosse dai
miei accusatori con quel
castello di fumo…
Io non saprei che pensare, posso
solo ammirare le loro capacità
persuasive…
Ora dovrò superarmi per riuscire
a far emergere la giustizia
la verità insabbiata da cotali
accusatori, sul vuoto negativo,
alla mia persona.
Se non fossi chiamato in causa,
mi congratulerei con loro
per averla cantata soave,
girando il bene in male,
presentandomi come un diavolo
tentatore che minaccia il futuro
della nostra Città, nel traviare
i giovani a perdere tempo
con la retorica, nell’insidiarli
a giocare come consuetudine
del nostro ambiente…


Voglio farvi notare che son stato
amico della bella e sapiente Aspasia,
la concubina di Pericle, e a chi
si rivolgeva a me, chiedendo
sull’Amore di Cupido, il mio consiglio:
di rivolgersi all’etera Diotima.

Ho sposato Mirto ed avuto un figlio,
poi Santippe con due figli ancor giovani.

Nell’ambiente dei giovani capita
che ci si innamori del professore…
Vi racconto un fatto sul
bell’Alcibiade che lui stesso
confidò ad altri: desiderando
essere il mio ragazzo,
m’invitò a casa sua, e dopo aver
cenato e dialogato, non ebbe
il coraggio di farsi avanti,
cose che succedono quando
ci s’innamora, ma a me neanche
balenava l’idea, per la virtù che
ci tenevo a non macchiare.


Alcibiade innamorato studiò
un semplice piano, mi riinvitò
a casa, mi tenne al desco
a parlare e bere fino a tarda ora,
poi mi consigliò, essendo
già tardi, di fermarmi avendo
già fatto preparare un letto
per me.
Non trovando niente di strano,
accettai di rimanere, mi coricai;
il servitore uscì dalla stanza e
spense la candela; Alcibiade
si fece forte e mi si presentò
da innamorato dichiarandosi
disponibile, ma non risposi.
Lui mi si adagiò contro
coprendosi col suo mantello.
Alla mattina raccontò:
- ...era come se avessi dormito
con mio padre o mio fratello
maggiore -.

Ateniesi, il gran bene che può
capitare ad una persona,
è discorrere ogni giorno della
virtù per capire come va
coltivata, comportandosi da
uomo, tenendo presente che
una vita senza valori,
non è degna d’essere vissuta.
Ne consegue che non ho vizi
e nessuna paura.

- La verità non fa male, è il male
taciuto che s’irradia in metastasi -.


Nella gioia di viver la vita,
procedo con lealtà senza paura
di scontrarmi con chicchessia,
da generare invidia nel dire
le cose come stanno in cielo e
in terra.
Il mio fine è preparare il futuro
ai figli, ai figli d’Atene non
ancora concepiti, scolpendoli
quando li incontro, da maestro,
come Fidia, il Partenone,
insegnando ai giovani
i valori che il dio
Apollo fin da fanciullo
m’indicava per aiutare
il prossimo, il tutto in un
dialogo per crescere insieme
da stagliarmi nel gruppo fin
dall’adolescenza, da suscitare
sempre in alcuni compagni
un’ignara invidia per il modo
semplice di comportarmi;

essi, se era possibile, mi
scartavano dal gioco,
affidandomi già fin d’allora
epiteti che si sono evoluti
nell’attuale tafano, e parlando
male, non capendo l’AMORE
disinteressato che portavo nei
loro confronti.
La voce che io ero-non ero
cominciò a girare, d’essere
guardato con sospetto,
soprattutto perché aiutavo
i più sfortunati,
i più indigenti,
disinteressatamente, da far
pensare a quale mire in alto
miravo, poiché nemmeno
il cane muove la coda
per nulla.

Cittadini, le mie cellule
si riproducevano
armoniosamente in un
cantico d’innamoramento
alla Vita, nello scoprire
continui orizzonti del sapere
con la Riflessione Pura
(Riflente = Riflessione-mente),
donazione dell’Immanenza
del divino, d’affermare che
ogni giorno va vissuto
scoprendo il bello
del vivere, dono della Luce,
capire, nell’insegnare a dare
il meglio di sé senza nulla
chiedere...

Non come gli antidemocratici
o falsi sapienti che quel poco
che sanno, lo tengono stretto
per vantarsi e comandare
su gli altri, arrivando
a parlar male di chi più sa
di loro, per non
perdere i propri vantaggi,
da lasciare i vicini
nell’ignoranza per meglio
sfruttarli e riprenderli con
tono presuntuoso,
arrogante, se sbagliano,
sentendosi divinità...
Arrivano perfino a dare
falsi consigli nel mettere
in guardia non solo i giovani,
verso coloro che la pensano
diversamente per non
correre il rischio di perdere
i benefici di facciata.
Come fanno ora con voi
cittadini!


I miei Maestri sono stati
i miei genitori, mia madre
Fenarete, il suo lavoro,
la maieutica (levatrice),
mio padre Sofronisco, alle
dipendenze dell’architetto
Fidia. In sostanza agli
interlocutori estrapolavo
il loro sapere e glielo
scolpivo affinando il gusto
dell’apprendere razionale,
il cui fine era contribuire
a migliorare il futuro alla
nostra Città.
Ateniesi, giuro di non
aver mai raggirato nessuno,
e se per ipotesi è capitato,
ho sbagliato in buona fede,
per ignoranza, ugualmente
pronto serenamente a pagare
con tutto me stesso!


Durante il mio camminare,
m’accorsi d’essere una voce
nel deserto, ma la mia Virtù,
la mia amica, pur presa
di mira, non solo da
calunniatori incalliti,
aveva il sostegno della
Divina Provvidenza, nel pane
quotidiano, da fortificarmi,
non scalfirmi nel mio operare:
ero solo un numero, uno solo
ma col distinguo, non preso
dalla vorace democrazia
demoniaca speculativa
dal gioco dei numeri,
comprata venduta giocata,
ingannatrice di pedine, e di
giocatori giocati, creata e
difesa per il tornaconto della
cima della piramide, il duce,
il dio, le deità.


Oggi pago io, domani voi,
nell’alterare il mio sapere del
non sapere in sofismi senza
costrutto; arrivavano a
vendermi come prestigiatore
di parole, sofista incallito che
sfrutta l’ignorante arricchendosi
vendendo fumo!
Da far passar l’intelligenza per
furberia, ma l’intelligenza pura
è pura non furbizia...
Loro, per interesse, mancando
d’intelligenza, astutamente
affermano che son maestro di
vuota oratoria, che specula sul
nulla di vero in fraseggi
disordinati, spontanei che
nascono dalla mia mente
tendente alla pazzia, da
richiamarli ad allontanarsi
dalla mia follia, il tutto
ingigantito dalla casta che
per ragion di stato mi vuol
tener lontano.

A voi, giurati, capire il dramma
ordito dal potere che vi ritiene
ignoranti da non riconoscere
la sincerità...

A voi Ateniesi, gente di mondo,
chiedo venia se adopero parole
ripetitive, già dette in piazza o
altrove, che parecchi di voi già
conoscono, essendo diventato
vecchio in Atene, Atene che
amo più della mia vita,
a difesa dell’inganno sortito
nei miei, nei vostri confronti.

Prego, non mormorate,
lasciatemi come gallina
cuocere nel mio brodo nel
vivere come son vissuto.

So che chi opera per il popolo,
difficilmente è capito,
e deve sempre avere la valigia
pronta, nell’essere sempre
disposto a dare la vita per la
Democrazia Intellettiva Elettiva
della Patria nella realizzazione
di se stesso, nell’esempio di
donazione alla Sacra Libertà
del Popolo d’Atene.

Eolo si diverte a scombussolare
le menti deboli, da trovarmi a
settanta anni arrogante, e per la
prima volta in Tribunale,
paradossalmente, a chiedere
grazia per il mio modo
d’esprimermi, nell’essere
piacevole o meno a voi giurati
che non giudicate me, ma voi
stessi.

La virtù del giudice è giudicare,
dell’imputato riconoscere,
dell’oratore dire la verità!


Cittadini, rappresentanti del
Popolo, s’inizia col chiamare
in causa i primi accusatori, i
più micidiali, i quali non
possono che essere in
contumacia, per aver irrorato
la mia figura di tafano col
peggior ddt, ed aver permesso
l’arringa al ricco sfrontato
Anito, autentico democratico
(secondo la voce del popolo),
ambizioso, spregiudicato, che
vi avverte che Atene è in grave
pericolo per la mia presenza;
Meleto, eletto a principe
accusatore in cerca di fortuna;
Licone, agli ordini d’Anito
organizza il tutto, costruendo
dal nulla il teorema delle false
accuse, supportate dalla mafia.

Accuse sull’acqua in un
diluviare su me!
E pensare che perfino la mosca
nel vino riportavo in vita!
L’accusa paradossalmente
che mi potete fare è d’aver
fatto il mio dovere alla Patria,
la guerra per difenderla,
da cittadino di Atene!

Ateniesi, fin da fanciulli,
nelle vostre orecchie
risuonava che ero un
mangiafuoco e per la vostra
incolumità di non avvicinarvi:
“ alta tensione! “

Il potere dei furbi insinuava
nella mente del popolo che
io ero, demagogo, speculatore
di cose del cielo e di cose di
sottoterra, portatore di
sventure, che trasformava un
discorso debole in un
ragionamento razionale forte
a farvi credere negli dei,
negli uomini che vi
comandavano.

Non entro nei meandri
della retorica di chi più
o meno parla male di me
o di altri per sentito dire.


Chi vive di malalingua,
non conosce la felicità,
sta sempre sul chi va là,
e nell’ignoranza non
vuol ammettere che ignora,
da essere saccente, non
sapendo che il male che si
fa ricade ancor di più
sulla sua povertà, da perdere
il piacere di vivere in
armonia con se stesso
in perenne incontentabilità.

Essi, ricchi di se stessi,
non vogliono conoscersi,
vogliono apparire sapienti,
ma sapendo che io so che
non lo sono, m’infangano
con fumus persequi iniurias,
così girano la mia verità in
barzelletta da farmi passare
per pazzo.

Sono convincenti loro quanto
i miei accusatori, e vendono
bene la lezione, di star lontano
dal tafano, così nasce la catena
di S.Antonio, che gira rigira
non fa polenta, ma terra bruciata
alla verità, da sprofondarsi
sempre più nella palude in cui
vegetano, mai soddisfatti, da
imprecare alla propria sfortuna.
I sapientoni nella loro mirabile
accusa riescono con parole
vuote ad accusarmi di nulla,
convincendo voi burattini
della mia colpevolezza, avendo
dietro di loro la piramide:
il dio, il duce e le deità che
senza apparire applaudono!

Popolo d’Atene, la legge è legge
anche per me, finché non sarò
condannato sono innocente, da
chiedere democraticamente ai
tanti visibili/invisibili che mi
accusano di presentarmi un
chiaro atto di constatazione
d’accusa, da tacitare la vostra
incoscienza d’aver violato il
codice etico sociale della
Democrazia di Pericle.

La loro contumacia si fa forte
di voi cittadini, nel detto:
- La giustizia umana è verità
umana per non dire divina -.
Voi condannandomi, dando
ragione agli accusatori,
diventate correi di false accuse;
a voi resta il rimorso d’aver
condannato un innocente.

Voi giurati, ignorando
la verità, siete incolpevoli,
ma il dramma sta nel credere
alla loro gelosia tentacolare
che non muore, da emularli
nel sostenerli senza che possa
difendermi dalle calunnie,
giudicato senza via di
speranza.

La loro furbizia sta nel
presentarsi, d’aver l’alibi di
lavarsi le mani lasciando a voi
il giudizio inappellabile
risolutivo di un solo giorno,
pagando, con la potenza
del denaro, voti, anime.


So di combattere una guerra
persa contro l’arroganza del
potere, lontano dalla giustizia
divina, perciò tutti sono
innocenti e colpevoli, ed io
il capo espiatorio di
quest’infame società, vittima
del peccato d’empietà!

Sarà difficile, ma obbedirò
alla legge nel difendermi,
e poi, sarà come a dio piaccia
e vorrà ricevermi.

Gente di popolo, l’accusa
di Meleto nei miei confronti
eccola: “Socrate è accusato
dell’opera temeraria di cercare
le cose sottoterra e quelle in
cielo, e i suoi ragionamenti
non hanno senso creando
panico nel popolo!”


Aristofane, in Le Nuvole
fa parlare Lesina, contadino
attorniato da creditori, perché
il figlio Fedippede, giocando
alle corse di cavalli, s’è
indebitato. Lui lo consiglia di
rivolgersi a me, essendo io,
un gran pagatore di furbe
parole!
Il giovane non l’ascolta.
Il padre disperato mi cerca
al pensatoio del mercato,
appeso in una cesta
a contemplare il cielo.
Dialogo come faccio con
tutti e dico che m’impegno
a risolvere il loro problema
invocando le nuvole.


Chiedo a voi giurati, perché
non invitiate Aristofane, dotto
uomo, gran fantasista di
parodie; c’è da pensare che
questo processo sia una sua
invenzione, una nuova satira
che infanga di sterco, a destra
a manca, oltre la mia filosofia,
eminenti uomini politici,
poeti, musicisti, scienziati e
mette alla berlina ogni
innovazione culturale, con
l’ingegno primario di far
cadere la mia “tirannide”
che ostacola il suo divenire,
la sua figura, da togliere il
sano che donavo a chi
incontravo e lasciare andare
ancor più a rotoli la società
attuale!

La sua parodia diverte non
solo le teste incoronate,
sfrutta la mia ricerca della
verità per far quattrini, per
soddisfare i gufi dalla testa
ai piedi, nella calunnia,
arrivando a dirmi che sono
una testa che sa troppo,
quindi per ragion di stato
va fatta rotolare dalla rupe,
e che Poseidone l’infilzi tra
cielo e terra come avvertimento,
che non si può calunniare il
padrone del mondo, il potente
di turno che comanda, il dio,
il duce.



Voce Socrate, tu che non sei l’ultimo
arrivato, dicci come mai ti
hanno infangato e Meleto ti
ha chiamato a rispondere di
calunnia in Tribunale?


Socrate La causa che non è causa è
di Cherofonte che tutti
conoscono impulsivo: un
giorno gli viene in mente di
conoscere il nome dell’uomo
più sapiente, si reca a Delfo,
ad interrogare l’oracolo
d’Apollo. Non ridete alla
risposta della sacerdotessa
Pizia: “Nessuno è più sapiente
di Socrate”. Se fossi saggio,
sarei qui in tribunale?
Di questo fatto chiamo a
testimoniare il fratello che è
qui presente, essendo
Cherofonte nel mondo dei più,
affinché vi sia chiara l’origine
della calunnia.

Adoperando la Riflessione Pura,
cercai la risposta: che vorrà
il dio? Che nasconde nelle sue
parole?
Io non ho coscienza d’essere
sapiente, ma lui afferma che
sono sapientissimo!
Io so di non voler deludere
me stesso:

“non deludendo se stessi,
non si deludono gli altri”


La razionalità era di
confrontarmi con i saggi,
gli intelligenti, con i maestri
dell’arte, in pratica con coloro
ritenuti sapienti, da smentire
il vaticinio nel mostrare
all’oracolo i più sapienti di me.

Così cominciai a tampinare
i sapienti di professione, ma i
loro valori facevano acqua nel
mare di tutti, c’era solo
apparenza; per onestà spiegai a
loro di cambiare il metodo
d’apprendere per migliorarsi,
di adoprare il Dono dato agli
uomini dall’Immanenza del
Mistero divino: la Riflente,
Riflessiva Intuitiva, Riflettente,
da cui nasce il Carisma, con la
responsabilità di non deludere
chi crede in loro, per essere
fautori di benessere sociale!


I boriosi, pieni di se stessi,
invece di ringraziarmi,
cominciarono a calunniarmi
ancor di più:
contraddizioni della casta!



Voce Dovevi tacere non cantare
la povertà che c’è in loro,
così ti sei attirato fulmini,
saette, boati e strilli. A loro
interessa non lasciare le
poltrone, ma fare i giochi
per il proprio tornaconto,
dicono bugie che il
naso di pinocchio
infilzerebbe tutto lo stivale!
Tu Socrate cercatore di
verità, sei inviso e ignorato,
per la tua scelta scomoda
di uomo vero!


Socrate La mia voce interiore divina
non mi ha mai tradito, mi
ha permesso di continuare
ad essere una luce, lucciola
in mezzo alle tenebre!

Ateniesi, chiedo a Meleto,
all’Arconte Re, a tutti i
giurati presenti d’essere
riconosciuto per quello che
sono, non per quello che
certuni inventano per i propri
interessi, affinché gli scenari
futuri per la mia Patria siano
democratici, non malefici:
“ Errare è umano perseverare
è diabolico”.
La storia se non insegna, non
è storia.

Portare avanti la Virtù divina
è rischiare più volte la vita
nell’essere se stesso; l’ingrata
verità è la briciola di pane che
scalda il cuore da non lasciarsi
circuire dalle sirene di belle
parole vuote, antidemocratiche
finalizzate al denaro nel detto:
- nessuno è profeta in patria -;
è offrire l’occasione alla furbizia
dei potenti per neutralizzare con
l’esilio chi può dar fastidio,
imponendogli di lasciare il
paese come Anassagora,
Democrito, Eraclito ed altri,
affinché non diventino tafani
come me.

Democrito, affermava nei Canoni,
che ci sono due modi di
conoscenza, mediante i sensi e
mediante l’intelletto: “…quando
la conoscenza oscura non può
più spingersi ad oggetto più
piccolo né col vedere, né con
l’udire, né col gusto, né con
la sensazione del tatto, si
deve indirizzar la ricerca a
ciò che è ancor più sottile,
allora soccorre la conoscenza
genuina, come quella che
possiede appunto un organo
più fine, appropriato al pensare”,
che io definisco Riflessione Pura!
La riflessione speculativa non è
il fine, ma un pizzico di sale
nel piatto della vita, il tallone
d’Achille!

Chi tira il carretto per vivere,
o respirare non ha il tempo
per invidiare, calunniare e
perfino sognare. Chi impera
con gelosia, invidia, ingordigia
ha sempre voglia di far la guerra,
il suo fine è acquisire maggior
potere e vantarsi sulla pelle del
popolo comprato con una
pagnotta di pane.

Essi, professionisti del sapere
agiscono per riflessione
speculativa, vendendo parole di
fumo a danno di chi crede in
loro, così, chi più paga, più è
abbindolato, ne é esempio
Eveno di Paro che, avendo soldi
da spendere per i suoi figli, fa
venire sofisti d’altre città,
strapagandoli, convinto che più
si pagano gli educatori, più
i figli saranno intelligenti...
Contento lui, più ancora i
sofisti, ma i suoi figli, non
potranno che essere arroganti,
presuntuosi e somari.


I figli dei benestanti e dei
potenti in famiglia assorbono
solo furbizia scambiandola
per intelligenza,
salvo eccezione, ed avendo
tempo non da buttare si
ritrovano a far cultura da me,
punto di ritrovo, come
l’oratorio, senza nulla pagare,
non essendo un sofista,
un perditempo, ma credo
nell’opera di trasmettere i
veri valori della vita da buon
maestro soddisfatto nell’essere
d’aiuto a tirar fuori dal grembo
l’uomo che c’è in loro,
praticando come mia madre
la maieutica, coinvolgendoli
a partecipare ai vari problemi,
analizzandoli a fondo partendo
dalla Riflente, dono
che si riceve alla nascita.

Paradossalmente questi giovani
che poco apprendono, credendosi
già sapienti nell’aver il germe,
meglio il verme della casta,
credendo d’aver capito l’arte
della maieutica, da bambocci
si divertono a disturbare chi
incontrano. Se a loro vengono
poste delle domande,
i bamboccini, prontamente
rispondono col sofisma:
- Socrate insegna le cose del
cielo e le cose di sotto terra,
a non credere in dio, e a fare
della verità la falsità -.
Chi sente questa risposta se
la prende con me, mandando
maledizioni: - Socrate è un
criminale, un perditempo
che guasta i giovani -.
I Colpevoli restano immuni
da colpe, essendo figli di
signori, gente per bene che ha
pecunia e che li protegge.

Ateniesi, da questi continui
esami son nate molte inimicizie,
aspre e fierissime, che il vento
di dicerie ha sparso dappertutto
in una moltitudine di calunnie,
ma il paradosso è che non
sapendo discernere la sapienza
del vero sapiente dalla
saccenteria dell’arrogante,
quando parlano, mi chiamano
Maestro, in mia assenza la loro
ipocrisia sboccia nel denigrarmi
ironizzando, da sfogare lo stress
della demoniaca democrazia che
alimenta infelicità/incontentabilità.

Esiodo, già nel VIII/VII a.C.
declamando poesie afferma che la
Poesia è Politica = Filosofia, sintesi
di vita non solo pastorale, così, io
Socrate, filosofo, politico sono
accusato d’empietà verso la casta...

E tuttavia la mia fama corre col
vento, persone oneste vorrebbero
conoscermi, sentire la mia
opinione, sui vari problemi del
mondo, ma son fermi alle foto
gratuite fatte girare per invidia,
e ai consigli di non disturbare
il folle, per non correre il rischio
d’essere derisi dalla compagnia
degli amici, dei conoscenti che
hanno sentito nei miei riguardi
solo barzellette.
Prima di pretendere di conoscere
gli altri, vale il detto: - Conosci
te stesso! -.
Rischi di bruciar le foto e fai un
danno al sociale!


Cittadini, davanti a codesta
chiara esposizione non vi son
sorti dei dubbi sulle accuse nei
miei riguardi? Qualcuno dei
presenti, può dissentire dalla
razionalità del mio atto d’accusa
contro il prossimo visibile
invisibile? Chi non è d’accordo
lo gridi, sia se stesso, dimostri
coraggio, non sono un
mangia uomo! Anzi ringrazio
per il suo, il mio coraggio!
Aggiungo: tutti i sapienti
esaminati, stanno ad ascoltare,
annuiscono al buon senso delle
mie parole, mi promettano
d’impegnarsi, poi sollecitati
anche dalle mogli, per il quieto
vivere, desistono dal cambiamento.


Ateniesi, ripeto, l’AMORE al
prossimo, mi è stato ordinato
dal divino, con oracoli, sogni
svolti dalla Riflente
o Sesto Senso, che l’uomo ha
in dotazione dalla nascita per
differenziarlo dagli altri
organismi viventi.
Tuttavia, agli occhi dei miei
contemporanei, passo, per matto,
non sono matto sono un folle
perché nulla chiedo in cambio e
continuo ad essere me stesso
un tafano, che insegna nel
possibile a dare il meglio a chi
ha la fortuna d’incontrarmi e
d’interrogarmi per crescere
insieme.

Così come ogni capello va al
pettine, le diffamazioni nei
miei confronti hanno riempito
le orecchie di chi non voleva
sentire, da non poter più
digerire. Meleto, per proprio
interesse difende i poeti, Anito,
gli artefici, artigiani e politici,
Licone, i retori, da presentare,
regolare denuncia sul nulla,
non sulla carta della verità,
d’incantarvi di belle parole.
Ma la legge è legge, ha
l’obbligo d’appurare la verità,
nient’altro che la verità.
E qui è fondo notte!
Domani, avvolto dalle mie
amiche nuvole veglierò su
Atene, affinché la giustizia
di Salomone entri in vigore.

Cittadini Ateniesi, chiedo
quale colpa abbia la mia follia
d’AMORE, nel continuare a
dare il meglio di me stesso alla
mia Patria, nell’aver salvato a
Potidea Alcibiade, a Delio
Lachete; nell’aver capito che la
guerra è solo arricchimento e
gioco del duce, del dio che
comanda, e noi pedine sulla
scacchiera ubbidienti come
cani che leccano le ferite al
loro padrone...
Ora colgo la vita nei discorsi
deboli in aiuto ai forti, in un
dialogo in continua ascesa,
nel differenziarmi dalla
moltitudine di pazzi tendenti
a reciproci inganni, accrescendo
sempre più l’infelicità in loro
stessi e nel prossimo.

Giurati, condannandomi estirpate
la vostra voce del Cuore, Dono
di Luce nel divenire della
Democrazia Ateniese.
L’indagine in corso porta
inimicizie, altre calunnie da
trovarmi imputato pur
innocente, davanti al mondo
intero, da passare per sofista
che fa la cresta confutando gli
altri. Miei concittadini d’Atene,
dichiaro che vi amo, ma obbedirò
alla Virtù, non a voi, finché abbia
respiro, finché riuscirò adoperare
la Riflessione Pura, non cesserò
di ammonirvi e di porgervi la
mia filosofia e se l’accogliete vi
renderà felici…


Giurati della più grande città
dell’Attica, mi vergogno con
voi a pensar che la vostra ansia
è tesa solo alle ricchezze,
all’edonismo, alla guerra che
nasce per mancanza d’AMORE
al prossimo, da non conoscersi,
e calpestare i diritti di madre
Terra, nel Dono del pane
quotidiano a tutti, d’accumulare
sempre più incontentabilità/infelicità.

Ricordiamoci, si viene al mondo
nudi dal grembo di Madre Gaia,
e si rientra accolti dal Mistero a
braccia aperte nella continuità
del Vivere…

Uomini che respirate, godete
la Virtù dell’armonia con la
vostra donna, i vostri figli, con
i vicini e i lontani, nel dono di
lasciare un’orma, un segno di Vita
di civiltà d’AMORE.

Cittadini, le accuse di Meleto
sono strumentali; egli non si
rende conto del danno che arreca
alla grande Atene, nell’oscurare
la Democrazie dell’Attica, il
periodo aureo di Pericle.
La causa va ricercata nella
corruzione circolante nell’aria
che si respira nella mancanza di
maestri per vocazione, nella
delega ai sapientoni, demagoghi,
furbi che occupandosi dei giovani,
li traviano!

Meleto, tu che ti presenti come
uomo perbene, frequenti i giovani
per conoscerli?
Da quanto te ne sei interessato?

Giurati, Meleto è il
rappresentante della
retorica, che non serve ai
giovani per il futuro d’Atene,
ma a chi sta al potere della
piramide: il duce, il dio, le
deità che non sono uguali
per tutti!

L’amante della vera Poesia,
sa che è sintesi di Filosofia e
nella prassi è Politica
Democratica, non basata sui
numeri comprati al lotto, ma
sulla Riflessione Pura razionale
garante del nostro avvenire;
il profumo della Poesia è Vita
al mondo intero, Armonia insita
in poche parole dettate dal cuore,
universalmente AMORE...
Se ai giovani non insegnassi il
benessere fisico/mentale,
starebbero con me?
Se insegnassi il male senza
volerlo, non sarei consapevole
di corromperli!

Tenete presente che in Atene
non è in uso fare causa per
simili errori, ma chi
inconsapevolmente sbaglia va
ammonito, e se, spiegato
l’errore, lo rifà, delude non
solo il dio Apollo, soprattutto
se stesso, d’essere scacciato.

Meleto, senza alcun preavviso
hai mandato l’ingiunzione di
presentarmi, troppo comodo
per te e chi ti paga!
Ora qui in tribunale vuoi
condannarmi per soddisfare
la tua ignoranza, i tuoi
interessi, non per educarmi!
Meleto, rispondi alla domanda:
la democrazia attuale si basa
sulla demagogica manipolazione
dei voti, o sull’intelligenza al
servizio del popolo?


Meleto - Non ho vergogna a risponderti
che nell’attuale democrazia
comandano i numeri –


Socrate - Caro Meleto, accusando me
dell’opera temeraria di cercare
cose sottoterra e quelle in cielo,
stimi così poco i giudici e li
credi così poco familiari con la
scrittura, da non sapere che di
questi discorsi sono pieni i
libri di Anassagora di Clazomene?
Allora i giovani imparano da me
cose che si possono avere in
biblioteca per una dracma, da
mettermi in ridicolo, facendo
finta che siano mie elucubrazioni,
ma per Zeus, ti sembro così
cretino, da non credere in nessun
dio? -


Meleto - Assolutamente no, per Zeus! –


Socrate - Domanda a questi cittadini chi
rende migliori i giovani!
Lo sai, visto che il problema
giovanile t’interessa tanto e hai
trovato chi li corrompe,
d’accusarmi pubblicamente
davanti a questi giudici.
Lo vedi, Meleto, stai zitto
e non sai che dire?
Ma non ti sembra vergognoso?
Non ti sembra una prova
sufficiente che dimostra che
dei giovani non ti è mai
importato nulla?
Dimmi, caro, chi li rende
Migliori? -

Meleto - I costumi e le leggi! –



Socrate - Ma non ti chiedo questo,
mio caro amico, bensì quale
persona, chi, in primo luogo,
conosce, appunto, i costumi
e le leggi. –


Meleto - Loro, Socrate, i giudici! –


Socrate - Che dici, Meleto?
Sono forse capaci d’educare
i giovani e di renderli migliori? -


Meleto - Certamente! -


Socrate - Proprio tutti, oppure alcuni
sì e altri no? -


Meleto - Proprio tutti! -


Socrate - Ben detto, per Giove!
C’è tanta gente ad aiutarli!
Ma allora i presenti che ci
stanno ad ascoltare li rendono
migliori, o no? -


Meleto - Sì, anche questi! –


Socrate - Ed anche i cittadini del
popolo? -


Meleto - Anche loro! –


Socrate - Ma, Meleto, non sono i membri
dell’assemblea del popolo a
corrompere i più giovani?
Oppure anch’essi, tutti insieme,
li rendono migliori? -


Meleto - Anch’essi! –


Socrate - Ma allora, a quanto pare, tutti
gli Ateniesi, li rendono migliori,
tranne me. Sono soltanto io a
corromperli.
E’ così che dici? –


Meleto - Affermo proprio questo,
con forza! –


Socrate - Il tuo coraggio non ha limiti,
a condannarmi…
Per Zeus, Meleto, è meglio
vivere fra cittadini buoni o
cattivi?
Amico, rispondi, non ti sto
chiedendo nulla di difficile!
I cattivi non fanno forse del
male a chi sta loro sempre
vicino, mentre i buoni del
bene? -


Meleto - Senza dubbio! –


Socrate - C’è dunque qualcuno che
vuole essere danneggiato dalle
persone con cui sta assieme,
piuttosto che trarne vantaggio?
Rispondi, mio caro amico:
anche la legge te lo impone.
C’è qualcuno che vuole essere
danneggiato? -


Meleto - No di certo! -


Socrate - Su, allora: mi porti qui in
tribunale perché corrompo i
giovani e li rendo più cattivi
volontariamente o
involontariamente? -


Meleto - Volontariamente! –


Socrate - E allora, Meleto, tu più giovane
di me, sei tanto più sapiente
d’accettare i miei complimenti
nel riconoscere che i cattivi
fanno sempre del male a chi sta
loro più vicino, mentre i buoni
consigliano di far solo del bene?

Io sarei tanto ignorante da non
rendermi conto che se rendo
malvagio chi sta con me
rischierei di ricevere del male
da lui?
D’accordo che dico d’essere
ignorante, ma non a tal punto!

D’accordo che fra i tanti
giovani c’è chi mi fa tiri
mancini, da farmi passare
per traditore: la società
senza principi, basata sul
soldo crea traditori e
prostituti!
E’ chiaro, se m’accorgo
dell’errore, non continuerò
a farlo salvo involontariamente
da non essere perseguibile, ma
riportato sulla giusta strada!

Meleto in questo processo
sarai pagato profumatamente,
ma non otterrai dai contumaci
gli onori che in cuore speri
per la mia condanna qui in
tribunale davanti al Popolo,
in questo caso sovrano.
Meleto, vuoi dimostrare al
mondo che sei un uomo?
Fai scoppiare pubblicamente
il bubbone!
La storia ti farà grande!-


Meleto - Dico che tu non credi
assolutamente agli dei! –


Socrate - Stupefacente Meleto,
io non credo, come altre
persone, che il sole e la luna
siano dei?


Meleto - No, giudici, per Zeus,
asserisce, che il sole è pietra
e la luna terra! –


Socrate - Ateniesi, quello che ho detto
vi è ormai chiaro, di queste
cose a Meleto non importa
un fico secco! Tuttavia, dimmi:
in che modo corrompo i giovani?
E’ evidente che, secondo
l’accusa che hai scritto, insegno
a non credere agli dei in cui
crede la città. -


Meleto - Affermo proprio questo! –


Socrate - Io sostengo che insegno
a non credere nelle nuove
divinità demoniache in cui
si celano uomini falsi e corrotti!
Tu Meleto, non sei credibile
neppure in te stesso!

Cittadini Ateniesi, mi sembra
che egli stia giocando, mi
accusa per chissà quali errori
giovanili, come per mettermi
alla prova con un enigma:
“Socrate il sapiente si
accorgerà delle mie
contraddizioni, nel credere
non credere negli dei,
ingannando se stesso e tutti
gli altri ascoltatori.

Cittadini, le accuse nascono
da un odio grande e diffuso
che causerà la mia condanna:
Meleto, Anito, Licone sono
pedine interessate al servizio
della casta, in contumacia,
paradossalmente pagherò con
la vita il mio pensiero libero,
la purezza delle mie virtù, per
gelosia nei miei confronti…

Questo è accaduto a molti altri
uomini giusti, e altri ancora a
venire, condannati perché
dicono la verità, da ringraziare
fin d’ora il dio di non farmi
mancare una così interessante
compagnia.

Ateniesi, ipotizzerò che
questa volta non crediate
ad Anito, assolvendomi, da
smettere di traviare i giovani
e non fare più filosofia; in
tal caso vi direi: Ateniesi,
ho AMORE e rispetto per voi,
ma ubbidirò al dio che c’è
dentro di me, piuttosto che
a voi, e finché avrò respiro
e sarò in grado di farlo, non
smetterò di fare filosofia, di
consigliarvi e d’insegnare a
chiunque incontri.

Nel mio cammino quotidiano
ho trascurato tutto quel che mi
riguardava, perfino non curando
gli affari di famiglia; per
fortuna Santippe ha compreso
l’AMORE che portavo ad Atene
e mi ha lasciato fare; ai vostri
figli ho cercato d’insegnare la
Virtù; con gli uomini della casta
sono diventato un tafano per
tenerli svegli, affinché non vi
sfruttassero; non ho mai
elemosinato e neanche ora lo
farò; di quel che dico posso
produrre a testimone solo la
mia povertà, la sola ricchezza
che possiedo.

In questi tempi in città
avvengono molte ingiustizie e
illegittimi atti, si scontrano le
deità della piramide; più volte
si ode il tintinnio dei coltelli.
Io son stato nel mio brodo,
a tanti indigesto, non ho mai
cercato di salire i gradini;
qualche anno fa son stato
sorteggiato co-presidente dei
cinquecento come voi ora
che mi giudicate, per giudicare
i dieci strateghi che non
avevano raccolto i naufraghi
della battaglia navale; io solo
mi opposi a voi, per non
violare la legge.

La Legge ha per base il
buonsenso, io sto con la
legge anche a costo della vita.
Così successe quando s’affermò
l’oligarchia dei Trenta Tiranni,
m’ingiunsero di portare via
Leonte di Salamina per metterlo
a morte, rifiutai l’ordine
dimostrando di non aver paura
delle conseguenze.
Credetemi, se mi fossi occupato
d’affari pubblici, in modo degno,
da uomo responsabile al servizio
del prossimo riconoscendo chi
ha ragione, senza cedere alla
prepotenza, ai fondamentalismi,
ai vari colori, non sarei arrivato
alla vecchiaia, o sarei già lassù
nel Mistero, senza aver eseguito
il mandato di tafano.

Fra poco la mia anima
raggiungerà l’AMORE Eterno,
felice per essere stato un
esempio di Virtù, nella
continuità di chi prima di me
ha pagato con la vita in nome
della Democrazia del Popolo
facendo grande Atene!
Dirvi grazie è poco, figli
d’Atene, sarete nel mio cuore,
nell’AMORE del MISTERO.

Qualcuno potrebbe dire:
- Socrate, non ti vergogni
di esserti dedicato ad una
attività per la quale sei ora
esposto al rischio di morire? –

Ragazzo, pensi che un uomo
desideri vivere da vile o donare
la vita per una giusta causa?

Ateniesi, non parlo per
difendermi, mi sembra che il
dio mi abbia scelto, unto per
questa funzione per essere il
tafano che vi impedisca di
addormentarvi sui vizi.

Se mi condannate, spegnete
la luce, e mi dispiace perché
è difficile trovare ai giorni
nostri dietro l’angolo un
altro che prenderà il mio posto
per tener in vita la vera
Giustizia, la Speranza al
vostro futuro.

Giurati, se ritenete che non vi
abbia chiarito le ragioni
dell’odio nato nei miei
confronti, in nome della
verità, mi sublimo a ripetere,
ma ritenendomi soddisfatto
della mia difesa, accetterò
il vostro verdetto, il verdetto
degli uomini.





II A T T O

Voce - La giuria, vota: Socrate
è giudicato colpevole.
Dei 500 giurati 220 hanno
votato contro la colpevolezza!



LA RICHIESTA DELLA PENA

Giurati, la filosofia insegna il
comportamento del vivere in
società per la società, accettando
la realtà, trovando i miglior rimedi
possibili nella Virtù dell’essere per
essere da dire: “è meglio subire
ingiustizia piuttosto che farla”

Pensavo ad una condanna più
pesante, invece per soli trenta
voti, schivo l’anonimato!

Meleto, hai giocato basso la
tua chance, ed hai perso,
ritorni nel dimenticatoio.
Ma del tafano non ti scorderai,
pensandomi ringrazierai in
cuore tuo d’essermi stato amico,
perché ti sento amico, amico!

Giurati, la razionalità non è
destino, il destino è casualità,
ognuno di noi, nel giorno in cui
nasce riceve un Senso in più,
che ci differenza fra le cellule
viventi su Gaia; lo sconosciuto
Sesto Senso, il più importante o
il più ovvio: la Riflente o Riflessione
Pura, l’incontaminata Virtù
d’AMARE!


Ormai sono agli sgoccioli,
preparato alla Virtù Eterna,
parlo non da masochista, ma
da persona che ha dato il
meglio a chi incontrava,
fregandosene delle dicerie
alle sue spalle.
Se dovessi aver paura
dell’ombra che ci portiamo
dietro dalla nascita, come
potrei sentirmi realizzato?
Neanche pagherei per salvarmi
per una pena non commessa,
la mia Virtù non l’accetterebbe,
anche se i miei amici si sono
offerti di pagare per me.


Se chiedo di finire in gloria
i miei ultimi giorni in pensione
nel Prinateo, insieme ai
vincitori d’Olimpiadi, a dir la
verità mi sentirei in buona
compagnia, ma loro come
potrebbero trovarsi con un
tafano come me?

La casta è una piovra
tentacolare del sistema,
se non si sta all’erta, stritola,
emana leggi che diventano
divine perché chi comanda
è il duce, il dio, la divinità,
perciò non vale il motto:
- La Legge è uguale per tutti -.






Voce - Riconosciuto colpevole?
Condannato a morte?
(Paradosso: i Trenta Tiranni
lo volevano far fuori, ma caduti
in disgrazia non poterono, ora
i democratici lo condannano).
La giuria delibera sulla pena,
la maggioranza di coloro che
votano a favore della condanna
a morte è aumentata.





IL CONGEDO DI SOCRATE

Mentre i magistrati sono
occupati, arriva Santippe:

Socrate - Antifonte, accompagna a casa
Santippe, non voglio che soffra... -

Giudici, chiamandovi giudici
credo di definirvi correttamente;
a voi e soprattutto a coloro che
hanno votato per la mia
condanna intendo chiarire
il senso di quello che mi è
successo oggi:
qualcosa di meraviglioso
per cui vi devo dire grazie.
Colgo l’occasione di
dimostrare a me stesso di
saper sorridere nell’ultimo
amplesso col Mistero.


In battaglia ho evitato la
morte nel salvar la mia Patria,
ma la malvagità è una malattia
infettiva che fa più paura, che
crea alibi più veloci di un
laser, da non poter brindare
con la cicuta!

E’ stato un bel gioco, esco
vincitore da singolar tenzone
di sfrontatezza e spudoratezza,
vi ho detto la verità che non
fa male, ma che non vi ha fatto
piacere ascoltare sentendovi
poveri e inadeguati alla vita.
Io vivo nella pienezza, voi
nel vuoto!
Amici giudici tendete alla
Vita, generatrice di Virtù
d’AMORE.

La mia condanna è l’ala
alata del vincitore che nel
mondo dei più ispirerà le
menti vive a continuare la
mia opera a vantaggio del
futuro dei nostri figli.

Ateniesi, la mia consigliera,
la voce della Virtù del sì e del
no, stamattina, era in libera
uscita, da trovarmi in
Tribunale a far l’oracolo di
me stesso, nella mia maturità,
felice d’essere qui!

Bacio la fiala di cicuta,
m’addormento serenamente,
lasciando la mia anima
trasmigrare al Padre del Tutto,
MISTERO.

Quante volte svegliandoci si
rimaneva male per aver troncato
il sogno della vita?
Dunque il sogno Eterno è
AMORE, il più bel amplesso.
Nell’Ade del Mistero troverò i
grandi della Storia: Minosse,
Omero, Esiodo, Orfeo e altri
che furono giusti nella vita,
da non perdere il vizio di
continuare ad esaminare ed
interrogare quelli di là come
quelli di qua, per capire chi di
loro è sapiente e chi crede di
esserlo, ma non lo è.
Discutere con loro e starci
insieme è vivere!

In ogni caso la gente di là
non mi può chiamare in
Tribunale; si dice che quelli
di là siano più felici di quelli
di qua essendo già immortali
per il tempo che rimane.

Con questo vaticinio, per voi
che avete votato, prendo
congedo.

Io, lento e vecchio, lascerò che
la dolce cicuta prenda per mano
la mia ombra e la trasporti nel
Mistero della Vita.

Voi, cittadini ateniesi,
riceverete, da parte di chi
vuole insultare la città, la
fama e la colpa di aver ucciso
Socrate, uomo sapiente: - perché
chi vi vuole offendere dice che
sono sapiente, anche se io non
lo so! -

Tuttavia, a voi faccio questa
preghiera: i miei figli, una volta
cresciuti, puniteli, cittadini,
tormentandoli come io ho
tormentato voi, se vi sembra
che si preoccupino del proprio
tornaconto e del proprio utile
prima che delle virtù; e se fanno
finta d’essere ma non sono nulla,
svergognateli come io facevo
con voi!

E se farete così, io sarò
ricompensato giustamente
da voi, ed anche i miei figli.

Ma è già l’ora di andarsene,
io a morire, voi a vivere:
chi di noi però vada verso
il meglio, è cosa oscura a
tutti, meno che al dio.




Voce - SOCRATE, sei Luce, Maestro
di vita, Dono all’Umanità nel
sorriso agli accusatori, nel
dolce trapasso esempio di
Virtù, fortuna diuturna per
chi Vive….





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Lorenzo Pontiggia, nato a Erba il 27/02/1941, commerciante per professione, poeta näif per passione, ha pubblicato libri di poesia.


Dello stesso autore:

Satana ride, 1971
Perle ai Porci, 1974
Spicchi d’amore, 1977
Cose vive, 1978
Preghiere di Lorenzo, 1979
A modo mio 100 poesie, 1982
Pensiero cristiano, 1988
Dal ventre della terra, 1994
Vivere, 1996
Soffio di Vita, 2001

Collana Editore Villa Calliope

Lettera 22, 2007
Non matto ma folle, 2007
Modulazioni d’amore, 2007
Quaderno di Filosofia Politica 2007
La casta imputata – Socrate processato, 2008





Indirizzi:
Mary Lory
(Lorenzo Pontiggia)
*******
*******
*******
email lorenzopontiggia3@virgilio.it

il Poeta

Re: La casta imputata, socrate processato

Messaggio da il Poeta » 31/05/2008, 10:38

il Poeta ha scritto:LA CASTA IMPUTATA, SOCRATE PROCESSATO
Autore: il Poeta



Prefazione

Falsa democrazia, potere della casta, tangentopoli, politica speculativa, mafia e malaffare hanno avuto una forte influenza nella produzione letteraria attuale: gli scrittori sembrano coinvolti in queste tematiche, nelle trasformazioni, nelle denunce, nel rinnovamento della società e dell’uomo, eppure si avverte un clima crescente di tensione, di sofismo, di demagogie, di accondiscendenza al lassismo e al compromesso, di scelta di temi revisionisti o celebrativi. Che gli intellettuali del nostro tempo, sotto la pressione del consumismo, dell’edonismo, dell’omologazione progettuale e della perdita di identità non siano più in grado di darci risposte? E se gli stimoli a sentire come valore l’esigenza di operare nell’etica, di recuperare la dignità umana ci venisse da un poeta naìf?
Non ci sarebbe da stupirsi, visto che abbiamo perso la capacità di provare meraviglia, quella meraviglia che è alla base del filosofare con semplicità nel tentativo di conoscere la verità, di voler lavorare attorno alle questioni accumulando consapevolezza e un pizzico di saggezza.

Quella meraviglia che prova il poeta naìf quando riproponendoci, come passaggio dall’ignoranza al sapere, la semplice lettura del processo a Socrate, stentiamo a coglierne il messaggio.
E lui, da saggio, sente che oggi più che mai è necessario tornare alle origini della filosofia per ritrovare l’uomo e il suo senso.
Lo fa proponendoci un testo teatrale dalle forme linguistiche insolite, dalle strutture non convenzionali, dai toni di corrosiva ironia, di notevole intensità, nell’intreccio di una dimensione dell’io individuale e di una dimensione della realtà culturale e sociale.

IVANA RACCIS





I A T T O





Voce - In una città in cui la convivenza
è assicurata dagli interessi e
dalla paura del giudizio degli
altri, una persona che non si
lascia manipolare è un cittadino
reprobo e pericoloso.


Socrate - Non so voi cittadini, chiamati
a decidere del mio futuro, che
dite delle accuse mosse dai
miei accusatori con quel
castello di fumo…
Io non saprei che pensare, posso
solo ammirare le loro capacità
persuasive…
Ora dovrò superarmi per riuscire
a far emergere la giustizia
la verità insabbiata da cotali
accusatori, sul vuoto negativo,
alla mia persona.
Se non fossi chiamato in causa,
mi congratulerei con loro
per averla cantata soave,
girando il bene in male,
presentandomi come un diavolo
tentatore che minaccia il futuro
della nostra Città, nel traviare
i giovani a perdere tempo
con la retorica, nell’insidiarli
a giocare come consuetudine
del nostro ambiente…


Voglio farvi notare che son stato
amico della bella e sapiente Aspasia,
la concubina di Pericle, e a chi
si rivolgeva a me, chiedendo
sull’Amore di Cupido, il mio consiglio:
di rivolgersi all’etera Diotima.

Ho sposato Mirto ed avuto un figlio,
poi Santippe con due figli ancor giovani.

Nell’ambiente dei giovani capita
che ci si innamori del professore…
Vi racconto un fatto sul
bell’Alcibiade che lui stesso
confidò ad altri: desiderando
essere il mio ragazzo,
m’invitò a casa sua, e dopo aver
cenato e dialogato, non ebbe
il coraggio di farsi avanti,
cose che succedono quando
ci s’innamora, ma a me neanche
balenava l’idea, per la virtù che
ci tenevo a non macchiare.


Alcibiade innamorato studiò
un semplice piano, mi riinvitò
a casa, mi tenne al desco
a parlare e bere fino a tarda ora,
poi mi consigliò, essendo
già tardi, di fermarmi avendo
già fatto preparare un letto
per me.
Non trovando niente di strano,
accettai di rimanere, mi coricai;
il servitore uscì dalla stanza e
spense la candela; Alcibiade
si fece forte e mi si presentò
da innamorato dichiarandosi
disponibile, ma non risposi.
Lui mi si adagiò contro
coprendosi col suo mantello.
Alla mattina raccontò:
- ...era come se avessi dormito
con mio padre o mio fratello
maggiore -.

Ateniesi, il gran bene che può
capitare ad una persona,
è discorrere ogni giorno della
virtù per capire come va
coltivata, comportandosi da
uomo, tenendo presente che
una vita senza valori,
non è degna d’essere vissuta.
Ne consegue che non ho vizi
e nessuna paura.

- La verità non fa male, è il male
taciuto che s’irradia in metastasi -.


Nella gioia di viver la vita,
procedo con lealtà senza paura
di scontrarmi con chicchessia,
da generare invidia nel dire
le cose come stanno in cielo e
in terra.
Il mio fine è preparare il futuro
ai figli, ai figli d’Atene non
ancora concepiti, scolpendoli
quando li incontro, da maestro,
come Fidia, il Partenone,
insegnando ai giovani
i valori che il dio
Apollo fin da fanciullo
m’indicava per aiutare
il prossimo, il tutto in un
dialogo per crescere insieme
da stagliarmi nel gruppo fin
dall’adolescenza, da suscitare
sempre in alcuni compagni
un’ignara invidia per il modo
semplice di comportarmi;

essi, se era possibile, mi
scartavano dal gioco,
affidandomi già fin d’allora
epiteti che si sono evoluti
nell’attuale tafano, e parlando
male, non capendo l’AMORE
disinteressato che portavo nei
loro confronti.
La voce che io ero-non ero
cominciò a girare, d’essere
guardato con sospetto,
soprattutto perché aiutavo
i più sfortunati,
i più indigenti,
disinteressatamente, da far
pensare a quale mire in alto
miravo, poiché nemmeno
il cane muove la coda
per nulla.

Cittadini, le mie cellule
si riproducevano
armoniosamente in un
cantico d’innamoramento
alla Vita, nello scoprire
continui orizzonti del sapere
con la Riflessione Pura
(Riflente = Riflessione-mente),
donazione dell’Immanenza
del divino, d’affermare che
ogni giorno va vissuto
scoprendo il bello
del vivere, dono della Luce,
capire, nell’insegnare a dare
il meglio di sé senza nulla
chiedere...

Non come gli antidemocratici
o falsi sapienti che quel poco
che sanno, lo tengono stretto
per vantarsi e comandare
su gli altri, arrivando
a parlar male di chi più sa
di loro, per non
perdere i propri vantaggi,
da lasciare i vicini
nell’ignoranza per meglio
sfruttarli e riprenderli con
tono presuntuoso,
arrogante, se sbagliano,
sentendosi divinità...
Arrivano perfino a dare
falsi consigli nel mettere
in guardia non solo i giovani,
verso coloro che la pensano
diversamente per non
correre il rischio di perdere
i benefici di facciata.
Come fanno ora con voi
cittadini!


I miei Maestri sono stati
i miei genitori, mia madre
Fenarete, il suo lavoro,
la maieutica (levatrice),
mio padre Sofronisco, alle
dipendenze dell’architetto
Fidia. In sostanza agli
interlocutori estrapolavo
il loro sapere e glielo
scolpivo affinando il gusto
dell’apprendere razionale,
il cui fine era contribuire
a migliorare il futuro alla
nostra Città.
Ateniesi, giuro di non
aver mai raggirato nessuno,
e se per ipotesi è capitato,
ho sbagliato in buona fede,
per ignoranza, ugualmente
pronto serenamente a pagare
con tutto me stesso!


Durante il mio camminare,
m’accorsi d’essere una voce
nel deserto, ma la mia Virtù,
la mia amica, pur presa
di mira, non solo da
calunniatori incalliti,
aveva il sostegno della
Divina Provvidenza, nel pane
quotidiano, da fortificarmi,
non scalfirmi nel mio operare:
ero solo un numero, uno solo
ma col distinguo, non preso
dalla vorace democrazia
demoniaca speculativa
dal gioco dei numeri,
comprata venduta giocata,
ingannatrice di pedine, e di
giocatori giocati, creata e
difesa per il tornaconto della
cima della piramide, il duce,
il dio, le deità.


Oggi pago io, domani voi,
nell’alterare il mio sapere del
non sapere in sofismi senza
costrutto; arrivavano a
vendermi come prestigiatore
di parole, sofista incallito che
sfrutta l’ignorante arricchendosi
vendendo fumo!
Da far passar l’intelligenza per
furberia, ma l’intelligenza pura
è pura non furbizia...
Loro, per interesse, mancando
d’intelligenza, astutamente
affermano che son maestro di
vuota oratoria, che specula sul
nulla di vero in fraseggi
disordinati, spontanei che
nascono dalla mia mente
tendente alla pazzia, da
richiamarli ad allontanarsi
dalla mia follia, il tutto
ingigantito dalla casta che
per ragion di stato mi vuol
tener lontano.

A voi, giurati, capire il dramma
ordito dal potere che vi ritiene
ignoranti da non riconoscere
la sincerità...

A voi Ateniesi, gente di mondo,
chiedo venia se adopero parole
ripetitive, già dette in piazza o
altrove, che parecchi di voi già
conoscono, essendo diventato
vecchio in Atene, Atene che
amo più della mia vita,
a difesa dell’inganno sortito
nei miei, nei vostri confronti.

Prego, non mormorate,
lasciatemi come gallina
cuocere nel mio brodo nel
vivere come son vissuto.

So che chi opera per il popolo,
difficilmente è capito,
e deve sempre avere la valigia
pronta, nell’essere sempre
disposto a dare la vita per la
Democrazia Intellettiva Elettiva
della Patria nella realizzazione
di se stesso, nell’esempio di
donazione alla Sacra Libertà
del Popolo d’Atene.

Eolo si diverte a scombussolare
le menti deboli, da trovarmi a
settanta anni arrogante, e per la
prima volta in Tribunale,
paradossalmente, a chiedere
grazia per il mio modo
d’esprimermi, nell’essere
piacevole o meno a voi giurati
che non giudicate me, ma voi
stessi.

La virtù del giudice è giudicare,
dell’imputato riconoscere,
dell’oratore dire la verità!


Cittadini, rappresentanti del
Popolo, s’inizia col chiamare
in causa i primi accusatori, i
più micidiali, i quali non
possono che essere in
contumacia, per aver irrorato
la mia figura di tafano col
peggior ddt, ed aver permesso
l’arringa al ricco sfrontato
Anito, autentico democratico
(secondo la voce del popolo),
ambizioso, spregiudicato, che
vi avverte che Atene è in grave
pericolo per la mia presenza;
Meleto, eletto a principe
accusatore in cerca di fortuna;
Licone, agli ordini d’Anito
organizza il tutto, costruendo
dal nulla il teorema delle false
accuse, supportate dalla mafia.

Accuse sull’acqua in un
diluviare su me!
E pensare che perfino la mosca
nel vino riportavo in vita!
L’accusa paradossalmente
che mi potete fare è d’aver
fatto il mio dovere alla Patria,
la guerra per difenderla,
da cittadino di Atene!

Ateniesi, fin da fanciulli,
nelle vostre orecchie
risuonava che ero un
mangiafuoco e per la vostra
incolumità di non avvicinarvi:
“ alta tensione! “

Il potere dei furbi insinuava
nella mente del popolo che
io ero, demagogo, speculatore
di cose del cielo e di cose di
sottoterra, portatore di
sventure, che trasformava un
discorso debole in un
ragionamento razionale forte
a farvi credere negli dei,
negli uomini che vi
comandavano.

Non entro nei meandri
della retorica di chi più
o meno parla male di me
o di altri per sentito dire.


Chi vive di malalingua,
non conosce la felicità,
sta sempre sul chi va là,
e nell’ignoranza non
vuol ammettere che ignora,
da essere saccente, non
sapendo che il male che si
fa ricade ancor di più
sulla sua povertà, da perdere
il piacere di vivere in
armonia con se stesso
in perenne incontentabilità.

Essi, ricchi di se stessi,
non vogliono conoscersi,
vogliono apparire sapienti,
ma sapendo che io so che
non lo sono, m’infangano
con fumus persequi iniurias,
così girano la mia verità in
barzelletta da farmi passare
per pazzo.

Sono convincenti loro quanto
i miei accusatori, e vendono
bene la lezione, di star lontano
dal tafano, così nasce la catena
di S.Antonio, che gira rigira
non fa polenta, ma terra bruciata
alla verità, da sprofondarsi
sempre più nella palude in cui
vegetano, mai soddisfatti, da
imprecare alla propria sfortuna.
I sapientoni nella loro mirabile
accusa riescono con parole
vuote ad accusarmi di nulla,
convincendo voi burattini
della mia colpevolezza, avendo
dietro di loro la piramide:
il dio, il duce e le deità che
senza apparire applaudono!

Popolo d’Atene, la legge è legge
anche per me, finché non sarò
condannato sono innocente, da
chiedere democraticamente ai
tanti visibili/invisibili che mi
accusano di presentarmi un
chiaro atto di constatazione
d’accusa, da tacitare la vostra
incoscienza d’aver violato il
codice etico sociale della
Democrazia di Pericle.

La loro contumacia si fa forte
di voi cittadini, nel detto:
- La giustizia umana è verità
umana per non dire divina -.
Voi condannandomi, dando
ragione agli accusatori,
diventate correi di false accuse;
a voi resta il rimorso d’aver
condannato un innocente.

Voi giurati, ignorando
la verità, siete incolpevoli,
ma il dramma sta nel credere
alla loro gelosia tentacolare
che non muore, da emularli
nel sostenerli senza che possa
difendermi dalle calunnie,
giudicato senza via di
speranza.

La loro furbizia sta nel
presentarsi, d’aver l’alibi di
lavarsi le mani lasciando a voi
il giudizio inappellabile
risolutivo di un solo giorno,
pagando, con la potenza
del denaro, voti, anime.


So di combattere una guerra
persa contro l’arroganza del
potere, lontano dalla giustizia
divina, perciò tutti sono
innocenti e colpevoli, ed io
il capo espiatorio di
quest’infame società, vittima
del peccato d’empietà!

Sarà difficile, ma obbedirò
alla legge nel difendermi,
e poi, sarà come a dio piaccia
e vorrà ricevermi.

Gente di popolo, l’accusa
di Meleto nei miei confronti
eccola: “Socrate è accusato
dell’opera temeraria di cercare
le cose sottoterra e quelle in
cielo, e i suoi ragionamenti
non hanno senso creando
panico nel popolo!”


Aristofane, in Le Nuvole
fa parlare Lesina, contadino
attorniato da creditori, perché
il figlio Fedippede, giocando
alle corse di cavalli, s’è
indebitato. Lui lo consiglia di
rivolgersi a me, essendo io,
un gran pagatore di furbe
parole!
Il giovane non l’ascolta.
Il padre disperato mi cerca
al pensatoio del mercato,
appeso in una cesta
a contemplare il cielo.
Dialogo come faccio con
tutti e dico che m’impegno
a risolvere il loro problema
invocando le nuvole.


Chiedo a voi giurati, perché
non invitiate Aristofane, dotto
uomo, gran fantasista di
parodie; c’è da pensare che
questo processo sia una sua
invenzione, una nuova satira
che infanga di sterco, a destra
a manca, oltre la mia filosofia,
eminenti uomini politici,
poeti, musicisti, scienziati e
mette alla berlina ogni
innovazione culturale, con
l’ingegno primario di far
cadere la mia “tirannide”
che ostacola il suo divenire,
la sua figura, da togliere il
sano che donavo a chi
incontravo e lasciare andare
ancor più a rotoli la società
attuale!

La sua parodia diverte non
solo le teste incoronate,
sfrutta la mia ricerca della
verità per far quattrini, per
soddisfare i gufi dalla testa
ai piedi, nella calunnia,
arrivando a dirmi che sono
una testa che sa troppo,
quindi per ragion di stato
va fatta rotolare dalla rupe,
e che Poseidone l’infilzi tra
cielo e terra come avvertimento,
che non si può calunniare il
padrone del mondo, il potente
di turno che comanda, il dio,
il duce.



Voce Socrate, tu che non sei l’ultimo
arrivato, dicci come mai ti
hanno infangato e Meleto ti
ha chiamato a rispondere di
calunnia in Tribunale?


Socrate La causa che non è causa è
di Cherofonte che tutti
conoscono impulsivo: un
giorno gli viene in mente di
conoscere il nome dell’uomo
più sapiente, si reca a Delfo,
ad interrogare l’oracolo
d’Apollo. Non ridete alla
risposta della sacerdotessa
Pizia: “Nessuno è più sapiente
di Socrate”. Se fossi saggio,
sarei qui in tribunale?
Di questo fatto chiamo a
testimoniare il fratello che è
qui presente, essendo
Cherofonte nel mondo dei più,
affinché vi sia chiara l’origine
della calunnia.

Adoperando la Riflessione Pura,
cercai la risposta: che vorrà
il dio? Che nasconde nelle sue
parole?
Io non ho coscienza d’essere
sapiente, ma lui afferma che
sono sapientissimo!
Io so di non voler deludere
me stesso:

“non deludendo se stessi,
non si deludono gli altri”


La razionalità era di
confrontarmi con i saggi,
gli intelligenti, con i maestri
dell’arte, in pratica con coloro
ritenuti sapienti, da smentire
il vaticinio nel mostrare
all’oracolo i più sapienti di me.

Così cominciai a tampinare
i sapienti di professione, ma i
loro valori facevano acqua nel
mare di tutti, c’era solo
apparenza; per onestà spiegai a
loro di cambiare il metodo
d’apprendere per migliorarsi,
di adoprare il Dono dato agli
uomini dall’Immanenza del
Mistero divino: la Riflente,
Riflessiva Intuitiva, Riflettente,
da cui nasce il Carisma, con la
responsabilità di non deludere
chi crede in loro, per essere
fautori di benessere sociale!


I boriosi, pieni di se stessi,
invece di ringraziarmi,
cominciarono a calunniarmi
ancor di più:
contraddizioni della casta!



Voce Dovevi tacere non cantare
la povertà che c’è in loro,
così ti sei attirato fulmini,
saette, boati e strilli. A loro
interessa non lasciare le
poltrone, ma fare i giochi
per il proprio tornaconto,
dicono bugie che il
naso di pinocchio
infilzerebbe tutto lo stivale!
Tu Socrate cercatore di
verità, sei inviso e ignorato,
per la tua scelta scomoda
di uomo vero!


Socrate La mia voce interiore divina
non mi ha mai tradito, mi
ha permesso di continuare
ad essere una luce, lucciola
in mezzo alle tenebre!

Ateniesi, chiedo a Meleto,
all’Arconte Re, a tutti i
giurati presenti d’essere
riconosciuto per quello che
sono, non per quello che
certuni inventano per i propri
interessi, affinché gli scenari
futuri per la mia Patria siano
democratici, non malefici:
“ Errare è umano perseverare
è diabolico”.
La storia se non insegna, non
è storia.

Portare avanti la Virtù divina
è rischiare più volte la vita
nell’essere se stesso; l’ingrata
verità è la briciola di pane che
scalda il cuore da non lasciarsi
circuire dalle sirene di belle
parole vuote, antidemocratiche
finalizzate al denaro nel detto:
- nessuno è profeta in patria -;
è offrire l’occasione alla furbizia
dei potenti per neutralizzare con
l’esilio chi può dar fastidio,
imponendogli di lasciare il
paese come Anassagora,
Democrito, Eraclito ed altri,
affinché non diventino tafani
come me.

Democrito, affermava nei Canoni,
che ci sono due modi di
conoscenza, mediante i sensi e
mediante l’intelletto: “…quando
la conoscenza oscura non può
più spingersi ad oggetto più
piccolo né col vedere, né con
l’udire, né col gusto, né con
la sensazione del tatto, si
deve indirizzar la ricerca a
ciò che è ancor più sottile,
allora soccorre la conoscenza
genuina, come quella che
possiede appunto un organo
più fine, appropriato al pensare”,
che io definisco Riflessione Pura!
La riflessione speculativa non è
il fine, ma un pizzico di sale
nel piatto della vita, il tallone
d’Achille!

Chi tira il carretto per vivere,
o respirare non ha il tempo
per invidiare, calunniare e
perfino sognare. Chi impera
con gelosia, invidia, ingordigia
ha sempre voglia di far la guerra,
il suo fine è acquisire maggior
potere e vantarsi sulla pelle del
popolo comprato con una
pagnotta di pane.

Essi, professionisti del sapere
agiscono per riflessione
speculativa, vendendo parole di
fumo a danno di chi crede in
loro, così, chi più paga, più è
abbindolato, ne é esempio
Eveno di Paro che, avendo soldi
da spendere per i suoi figli, fa
venire sofisti d’altre città,
strapagandoli, convinto che più
si pagano gli educatori, più
i figli saranno intelligenti...
Contento lui, più ancora i
sofisti, ma i suoi figli, non
potranno che essere arroganti,
presuntuosi e somari.


I figli dei benestanti e dei
potenti in famiglia assorbono
solo furbizia scambiandola
per intelligenza,
salvo eccezione, ed avendo
tempo non da buttare si
ritrovano a far cultura da me,
punto di ritrovo, come
l’oratorio, senza nulla pagare,
non essendo un sofista,
un perditempo, ma credo
nell’opera di trasmettere i
veri valori della vita da buon
maestro soddisfatto nell’essere
d’aiuto a tirar fuori dal grembo
l’uomo che c’è in loro,
praticando come mia madre
la maieutica, coinvolgendoli
a partecipare ai vari problemi,
analizzandoli a fondo partendo
dalla Riflente, dono
che si riceve alla nascita.

Paradossalmente questi giovani
che poco apprendono, credendosi
già sapienti nell’aver il germe,
meglio il verme della casta,
credendo d’aver capito l’arte
della maieutica, da bambocci
si divertono a disturbare chi
incontrano. Se a loro vengono
poste delle domande,
i bamboccini, prontamente
rispondono col sofisma:
- Socrate insegna le cose del
cielo e le cose di sotto terra,
a non credere in dio, e a fare
della verità la falsità -.
Chi sente questa risposta se
la prende con me, mandando
maledizioni: - Socrate è un
criminale, un perditempo
che guasta i giovani -.
I Colpevoli restano immuni
da colpe, essendo figli di
signori, gente per bene che ha
pecunia e che li protegge.

Ateniesi, da questi continui
esami son nate molte inimicizie,
aspre e fierissime, che il vento
di dicerie ha sparso dappertutto
in una moltitudine di calunnie,
ma il paradosso è che non
sapendo discernere la sapienza
del vero sapiente dalla
saccenteria dell’arrogante,
quando parlano, mi chiamano
Maestro, in mia assenza la loro
ipocrisia sboccia nel denigrarmi
ironizzando, da sfogare lo stress
della demoniaca democrazia che
alimenta infelicità/incontentabilità.

Esiodo, già nel VIII/VII a.C.
declamando poesie afferma che la
Poesia è Politica = Filosofia, sintesi
di vita non solo pastorale, così, io
Socrate, filosofo, politico sono
accusato d’empietà verso la casta...

E tuttavia la mia fama corre col
vento, persone oneste vorrebbero
conoscermi, sentire la mia
opinione, sui vari problemi del
mondo, ma son fermi alle foto
gratuite fatte girare per invidia,
e ai consigli di non disturbare
il folle, per non correre il rischio
d’essere derisi dalla compagnia
degli amici, dei conoscenti che
hanno sentito nei miei riguardi
solo barzellette.
Prima di pretendere di conoscere
gli altri, vale il detto: - Conosci
te stesso! -.
Rischi di bruciar le foto e fai un
danno al sociale!


Cittadini, davanti a codesta
chiara esposizione non vi son
sorti dei dubbi sulle accuse nei
miei riguardi? Qualcuno dei
presenti, può dissentire dalla
razionalità del mio atto d’accusa
contro il prossimo visibile
invisibile? Chi non è d’accordo
lo gridi, sia se stesso, dimostri
coraggio, non sono un
mangia uomo! Anzi ringrazio
per il suo, il mio coraggio!
Aggiungo: tutti i sapienti
esaminati, stanno ad ascoltare,
annuiscono al buon senso delle
mie parole, mi promettano
d’impegnarsi, poi sollecitati
anche dalle mogli, per il quieto
vivere, desistono dal cambiamento.


Ateniesi, ripeto, l’AMORE al
prossimo, mi è stato ordinato
dal divino, con oracoli, sogni
svolti dalla Riflente
o Sesto Senso, che l’uomo ha
in dotazione dalla nascita per
differenziarlo dagli altri
organismi viventi.
Tuttavia, agli occhi dei miei
contemporanei, passo, per matto,
non sono matto sono un folle
perché nulla chiedo in cambio e
continuo ad essere me stesso
un tafano, che insegna nel
possibile a dare il meglio a chi
ha la fortuna d’incontrarmi e
d’interrogarmi per crescere
insieme.

Così come ogni capello va al
pettine, le diffamazioni nei
miei confronti hanno riempito
le orecchie di chi non voleva
sentire, da non poter più
digerire. Meleto, per proprio
interesse difende i poeti, Anito,
gli artefici, artigiani e politici,
Licone, i retori, da presentare,
regolare denuncia sul nulla,
non sulla carta della verità,
d’incantarvi di belle parole.
Ma la legge è legge, ha
l’obbligo d’appurare la verità,
nient’altro che la verità.
E qui è fondo notte!
Domani, avvolto dalle mie
amiche nuvole veglierò su
Atene, affinché la giustizia
di Salomone entri in vigore.

Cittadini Ateniesi, chiedo
quale colpa abbia la mia follia
d’AMORE, nel continuare a
dare il meglio di me stesso alla
mia Patria, nell’aver salvato a
Potidea Alcibiade, a Delio
Lachete; nell’aver capito che la
guerra è solo arricchimento e
gioco del duce, del dio che
comanda, e noi pedine sulla
scacchiera ubbidienti come
cani che leccano le ferite al
loro padrone...
Ora colgo la vita nei discorsi
deboli in aiuto ai forti, in un
dialogo in continua ascesa,
nel differenziarmi dalla
moltitudine di pazzi tendenti
a reciproci inganni, accrescendo
sempre più l’infelicità in loro
stessi e nel prossimo.

Giurati, condannandomi estirpate
la vostra voce del Cuore, Dono
di Luce nel divenire della
Democrazia Ateniese.
L’indagine in corso porta
inimicizie, altre calunnie da
trovarmi imputato pur
innocente, davanti al mondo
intero, da passare per sofista
che fa la cresta confutando gli
altri. Miei concittadini d’Atene,
dichiaro che vi amo, ma obbedirò
alla Virtù, non a voi, finché abbia
respiro, finché riuscirò adoperare
la Riflessione Pura, non cesserò
di ammonirvi e di porgervi la
mia filosofia e se l’accogliete vi
renderà felici…


Giurati della più grande città
dell’Attica, mi vergogno con
voi a pensar che la vostra ansia
è tesa solo alle ricchezze,
all’edonismo, alla guerra che
nasce per mancanza d’AMORE
al prossimo, da non conoscersi,
e calpestare i diritti di madre
Terra, nel Dono del pane
quotidiano a tutti, d’accumulare
sempre più incontentabilità/infelicità.

Ricordiamoci, si viene al mondo
nudi dal grembo di Madre Gaia,
e si rientra accolti dal Mistero a
braccia aperte nella continuità
del Vivere…

Uomini che respirate, godete
la Virtù dell’armonia con la
vostra donna, i vostri figli, con
i vicini e i lontani, nel dono di
lasciare un’orma, un segno di Vita
di civiltà d’AMORE.

Cittadini, le accuse di Meleto
sono strumentali; egli non si
rende conto del danno che arreca
alla grande Atene, nell’oscurare
la Democrazie dell’Attica, il
periodo aureo di Pericle.
La causa va ricercata nella
corruzione circolante nell’aria
che si respira nella mancanza di
maestri per vocazione, nella
delega ai sapientoni, demagoghi,
furbi che occupandosi dei giovani,
li traviano!

Meleto, tu che ti presenti come
uomo perbene, frequenti i giovani
per conoscerli?
Da quanto te ne sei interessato?

Giurati, Meleto è il
rappresentante della
retorica, che non serve ai
giovani per il futuro d’Atene,
ma a chi sta al potere della
piramide: il duce, il dio, le
deità che non sono uguali
per tutti!

L’amante della vera Poesia,
sa che è sintesi di Filosofia e
nella prassi è Politica
Democratica, non basata sui
numeri comprati al lotto, ma
sulla Riflessione Pura razionale
garante del nostro avvenire;
il profumo della Poesia è Vita
al mondo intero, Armonia insita
in poche parole dettate dal cuore,
universalmente AMORE...
Se ai giovani non insegnassi il
benessere fisico/mentale,
starebbero con me?
Se insegnassi il male senza
volerlo, non sarei consapevole
di corromperli!

Tenete presente che in Atene
non è in uso fare causa per
simili errori, ma chi
inconsapevolmente sbaglia va
ammonito, e se, spiegato
l’errore, lo rifà, delude non
solo il dio Apollo, soprattutto
se stesso, d’essere scacciato.

Meleto, senza alcun preavviso
hai mandato l’ingiunzione di
presentarmi, troppo comodo
per te e chi ti paga!
Ora qui in tribunale vuoi
condannarmi per soddisfare
la tua ignoranza, i tuoi
interessi, non per educarmi!
Meleto, rispondi alla domanda:
la democrazia attuale si basa
sulla demagogica manipolazione
dei voti, o sull’intelligenza al
servizio del popolo?


Meleto - Non ho vergogna a risponderti
che nell’attuale democrazia
comandano i numeri –


Socrate - Caro Meleto, accusando me
dell’opera temeraria di cercare
cose sottoterra e quelle in cielo,
stimi così poco i giudici e li
credi così poco familiari con la
scrittura, da non sapere che di
questi discorsi sono pieni i
libri di Anassagora di Clazomene?
Allora i giovani imparano da me
cose che si possono avere in
biblioteca per una dracma, da
mettermi in ridicolo, facendo
finta che siano mie elucubrazioni,
ma per Zeus, ti sembro così
cretino, da non credere in nessun
dio? -


Meleto - Assolutamente no, per Zeus! –


Socrate - Domanda a questi cittadini chi
rende migliori i giovani!
Lo sai, visto che il problema
giovanile t’interessa tanto e hai
trovato chi li corrompe,
d’accusarmi pubblicamente
davanti a questi giudici.
Lo vedi, Meleto, stai zitto
e non sai che dire?
Ma non ti sembra vergognoso?
Non ti sembra una prova
sufficiente che dimostra che
dei giovani non ti è mai
importato nulla?
Dimmi, caro, chi li rende
Migliori? -

Meleto - I costumi e le leggi! –



Socrate - Ma non ti chiedo questo,
mio caro amico, bensì quale
persona, chi, in primo luogo,
conosce, appunto, i costumi
e le leggi. –


Meleto - Loro, Socrate, i giudici! –


Socrate - Che dici, Meleto?
Sono forse capaci d’educare
i giovani e di renderli migliori? -


Meleto - Certamente! -


Socrate - Proprio tutti, oppure alcuni
sì e altri no? -


Meleto - Proprio tutti! -


Socrate - Ben detto, per Giove!
C’è tanta gente ad aiutarli!
Ma allora i presenti che ci
stanno ad ascoltare li rendono
migliori, o no? -


Meleto - Sì, anche questi! –


Socrate - Ed anche i cittadini del
popolo? -


Meleto - Anche loro! –


Socrate - Ma, Meleto, non sono i membri
dell’assemblea del popolo a
corrompere i più giovani?
Oppure anch’essi, tutti insieme,
li rendono migliori? -


Meleto - Anch’essi! –


Socrate - Ma allora, a quanto pare, tutti
gli Ateniesi, li rendono migliori,
tranne me. Sono soltanto io a
corromperli.
E’ così che dici? –


Meleto - Affermo proprio questo,
con forza! –


Socrate - Il tuo coraggio non ha limiti,
a condannarmi…
Per Zeus, Meleto, è meglio
vivere fra cittadini buoni o
cattivi?
Amico, rispondi, non ti sto
chiedendo nulla di difficile!
I cattivi non fanno forse del
male a chi sta loro sempre
vicino, mentre i buoni del
bene? -


Meleto - Senza dubbio! –


Socrate - C’è dunque qualcuno che
vuole essere danneggiato dalle
persone con cui sta assieme,
piuttosto che trarne vantaggio?
Rispondi, mio caro amico:
anche la legge te lo impone.
C’è qualcuno che vuole essere
danneggiato? -


Meleto - No di certo! -


Socrate - Su, allora: mi porti qui in
tribunale perché corrompo i
giovani e li rendo più cattivi
volontariamente o
involontariamente? -


Meleto - Volontariamente! –


Socrate - E allora, Meleto, tu più giovane
di me, sei tanto più sapiente
d’accettare i miei complimenti
nel riconoscere che i cattivi
fanno sempre del male a chi sta
loro più vicino, mentre i buoni
consigliano di far solo del bene?

Io sarei tanto ignorante da non
rendermi conto che se rendo
malvagio chi sta con me
rischierei di ricevere del male
da lui?
D’accordo che dico d’essere
ignorante, ma non a tal punto!

D’accordo che fra i tanti
giovani c’è chi mi fa tiri
mancini, da farmi passare
per traditore: la società
senza principi, basata sul
soldo crea traditori e
prostituti!
E’ chiaro, se m’accorgo
dell’errore, non continuerò
a farlo salvo involontariamente
da non essere perseguibile, ma
riportato sulla giusta strada!

Meleto in questo processo
sarai pagato profumatamente,
ma non otterrai dai contumaci
gli onori che in cuore speri
per la mia condanna qui in
tribunale davanti al Popolo,
in questo caso sovrano.
Meleto, vuoi dimostrare al
mondo che sei un uomo?
Fai scoppiare pubblicamente
il bubbone!
La storia ti farà grande!-


Meleto - Dico che tu non credi
assolutamente agli dei! –


Socrate - Stupefacente Meleto,
io non credo, come altre
persone, che il sole e la luna
siano dei?


Meleto - No, giudici, per Zeus,
asserisce, che il sole è pietra
e la luna terra! –


Socrate - Ateniesi, quello che ho detto
vi è ormai chiaro, di queste
cose a Meleto non importa
un fico secco! Tuttavia, dimmi:
in che modo corrompo i giovani?
E’ evidente che, secondo
l’accusa che hai scritto, insegno
a non credere agli dei in cui
crede la città. -


Meleto - Affermo proprio questo! –


Socrate - Io sostengo che insegno
a non credere nelle nuove
divinità demoniache in cui
si celano uomini falsi e corrotti!
Tu Meleto, non sei credibile
neppure in te stesso!

Cittadini Ateniesi, mi sembra
che egli stia giocando, mi
accusa per chissà quali errori
giovanili, come per mettermi
alla prova con un enigma:
“Socrate il sapiente si
accorgerà delle mie
contraddizioni, nel credere
non credere negli dei,
ingannando se stesso e tutti
gli altri ascoltatori.

Cittadini, le accuse nascono
da un odio grande e diffuso
che causerà la mia condanna:
Meleto, Anito, Licone sono
pedine interessate al servizio
della casta, in contumacia,
paradossalmente pagherò con
la vita il mio pensiero libero,
la purezza delle mie virtù, per
gelosia nei miei confronti…

Questo è accaduto a molti altri
uomini giusti, e altri ancora a
venire, condannati perché
dicono la verità, da ringraziare
fin d’ora il dio di non farmi
mancare una così interessante
compagnia.

Ateniesi, ipotizzerò che
questa volta non crediate
ad Anito, assolvendomi, da
smettere di traviare i giovani
e non fare più filosofia; in
tal caso vi direi: Ateniesi,
ho AMORE e rispetto per voi,
ma ubbidirò al dio che c’è
dentro di me, piuttosto che
a voi, e finché avrò respiro
e sarò in grado di farlo, non
smetterò di fare filosofia, di
consigliarvi e d’insegnare a
chiunque incontri.

Nel mio cammino quotidiano
ho trascurato tutto quel che mi
riguardava, perfino non curando
gli affari di famiglia; per
fortuna Santippe ha compreso
l’AMORE che portavo ad Atene
e mi ha lasciato fare; ai vostri
figli ho cercato d’insegnare la
Virtù; con gli uomini della casta
sono diventato un tafano per
tenerli svegli, affinché non vi
sfruttassero; non ho mai
elemosinato e neanche ora lo
farò; di quel che dico posso
produrre a testimone solo la
mia povertà, la sola ricchezza
che possiedo.

In questi tempi in città
avvengono molte ingiustizie e
illegittimi atti, si scontrano le
deità della piramide; più volte
si ode il tintinnio dei coltelli.
Io son stato nel mio brodo,
a tanti indigesto, non ho mai
cercato di salire i gradini;
qualche anno fa son stato
sorteggiato co-presidente dei
cinquecento come voi ora
che mi giudicate, per giudicare
i dieci strateghi che non
avevano raccolto i naufraghi
della battaglia navale; io solo
mi opposi a voi, per non
violare la legge.

La Legge ha per base il
buonsenso, io sto con la
legge anche a costo della vita.
Così successe quando s’affermò
l’oligarchia dei Trenta Tiranni,
m’ingiunsero di portare via
Leonte di Salamina per metterlo
a morte, rifiutai l’ordine
dimostrando di non aver paura
delle conseguenze.
Credetemi, se mi fossi occupato
d’affari pubblici, in modo degno,
da uomo responsabile al servizio
del prossimo riconoscendo chi
ha ragione, senza cedere alla
prepotenza, ai fondamentalismi,
ai vari colori, non sarei arrivato
alla vecchiaia, o sarei già lassù
nel Mistero, senza aver eseguito
il mandato di tafano.

Fra poco la mia anima
raggiungerà l’AMORE Eterno,
felice per essere stato un
esempio di Virtù, nella
continuità di chi prima di me
ha pagato con la vita in nome
della Democrazia del Popolo
facendo grande Atene!
Dirvi grazie è poco, figli
d’Atene, sarete nel mio cuore,
nell’AMORE del MISTERO.

Qualcuno potrebbe dire:
- Socrate, non ti vergogni
di esserti dedicato ad una
attività per la quale sei ora
esposto al rischio di morire? –

Ragazzo, pensi che un uomo
desideri vivere da vile o donare
la vita per una giusta causa?

Ateniesi, non parlo per
difendermi, mi sembra che il
dio mi abbia scelto, unto per
questa funzione per essere il
tafano che vi impedisca di
addormentarvi sui vizi.

Se mi condannate, spegnete
la luce, e mi dispiace perché
è difficile trovare ai giorni
nostri dietro l’angolo un
altro che prenderà il mio posto
per tener in vita la vera
Giustizia, la Speranza al
vostro futuro.

Giurati, se ritenete che non vi
abbia chiarito le ragioni
dell’odio nato nei miei
confronti, in nome della
verità, mi sublimo a ripetere,
ma ritenendomi soddisfatto
della mia difesa, accetterò
il vostro verdetto, il verdetto
degli uomini.





II A T T O

Voce - La giuria, vota: Socrate
è giudicato colpevole.
Dei 500 giurati 220 hanno
votato contro la colpevolezza!



LA RICHIESTA DELLA PENA

Giurati, la filosofia insegna il
comportamento del vivere in
società per la società, accettando
la realtà, trovando i miglior rimedi
possibili nella Virtù dell’essere per
essere da dire: “è meglio subire
ingiustizia piuttosto che farla”

Pensavo ad una condanna più
pesante, invece per soli trenta
voti, schivo l’anonimato!

Meleto, hai giocato basso la
tua chance, ed hai perso,
ritorni nel dimenticatoio.
Ma del tafano non ti scorderai,
pensandomi ringrazierai in
cuore tuo d’essermi stato amico,
perché ti sento amico, amico!

Giurati, la razionalità non è
destino, il destino è casualità,
ognuno di noi, nel giorno in cui
nasce riceve un Senso in più,
che ci differenza fra le cellule
viventi su Gaia; lo sconosciuto
Sesto Senso, il più importante o
il più ovvio: la Riflente o Riflessione
Pura, l’incontaminata Virtù
d’AMARE!


Ormai sono agli sgoccioli,
preparato alla Virtù Eterna,
parlo non da masochista, ma
da persona che ha dato il
meglio a chi incontrava,
fregandosene delle dicerie
alle sue spalle.
Se dovessi aver paura
dell’ombra che ci portiamo
dietro dalla nascita, come
potrei sentirmi realizzato?
Neanche pagherei per salvarmi
per una pena non commessa,
la mia Virtù non l’accetterebbe,
anche se i miei amici si sono
offerti di pagare per me.


Se chiedo di finire in gloria
i miei ultimi giorni in pensione
nel Prinateo, insieme ai
vincitori d’Olimpiadi, a dir la
verità mi sentirei in buona
compagnia, ma loro come
potrebbero trovarsi con un
tafano come me?

La casta è una piovra
tentacolare del sistema,
se non si sta all’erta, stritola,
emana leggi che diventano
divine perché chi comanda
è il duce, il dio, la divinità,
perciò non vale il motto:
- La Legge è uguale per tutti -.






Voce - Riconosciuto colpevole?
Condannato a morte?
(Paradosso: i Trenta Tiranni
lo volevano far fuori, ma caduti
in disgrazia non poterono, ora
i democratici lo condannano).
La giuria delibera sulla pena,
la maggioranza di coloro che
votano a favore della condanna
a morte è aumentata.





IL CONGEDO DI SOCRATE

Mentre i magistrati sono
occupati, arriva Santippe:

Socrate - Antifonte, accompagna a casa
Santippe, non voglio che soffra... -

Giudici, chiamandovi giudici
credo di definirvi correttamente;
a voi e soprattutto a coloro che
hanno votato per la mia
condanna intendo chiarire
il senso di quello che mi è
successo oggi:
qualcosa di meraviglioso
per cui vi devo dire grazie.
Colgo l’occasione di
dimostrare a me stesso di
saper sorridere nell’ultimo
amplesso col Mistero.


In battaglia ho evitato la
morte nel salvar la mia Patria,
ma la malvagità è una malattia
infettiva che fa più paura, che
crea alibi più veloci di un
laser, da non poter brindare
con la cicuta!

E’ stato un bel gioco, esco
vincitore da singolar tenzone
di sfrontatezza e spudoratezza,
vi ho detto la verità che non
fa male, ma che non vi ha fatto
piacere ascoltare sentendovi
poveri e inadeguati alla vita.
Io vivo nella pienezza, voi
nel vuoto!
Amici giudici tendete alla
Vita, generatrice di Virtù
d’AMORE.

La mia condanna è l’ala
alata del vincitore che nel
mondo dei più ispirerà le
menti vive a continuare la
mia opera a vantaggio del
futuro dei nostri figli.

Ateniesi, la mia consigliera,
la voce della Virtù del sì e del
no, stamattina, era in libera
uscita, da trovarmi in
Tribunale a far l’oracolo di
me stesso, nella mia maturità,
felice d’essere qui!

Bacio la fiala di cicuta,
m’addormento serenamente,
lasciando la mia anima
trasmigrare al Padre del Tutto,
MISTERO.

Quante volte svegliandoci si
rimaneva male per aver troncato
il sogno della vita?
Dunque il sogno Eterno è
AMORE, il più bel amplesso.
Nell’Ade del Mistero troverò i
grandi della Storia: Minosse,
Omero, Esiodo, Orfeo e altri
che furono giusti nella vita,
da non perdere il vizio di
continuare ad esaminare ed
interrogare quelli di là come
quelli di qua, per capire chi di
loro è sapiente e chi crede di
esserlo, ma non lo è.
Discutere con loro e starci
insieme è vivere!

In ogni caso la gente di là
non mi può chiamare in
Tribunale; si dice che quelli
di là siano più felici di quelli
di qua essendo già immortali
per il tempo che rimane.

Con questo vaticinio, per voi
che avete votato, prendo
congedo.

Io, lento e vecchio, lascerò che
la dolce cicuta prenda per mano
la mia ombra e la trasporti nel
Mistero della Vita.

Voi, cittadini ateniesi,
riceverete, da parte di chi
vuole insultare la città, la
fama e la colpa di aver ucciso
Socrate, uomo sapiente: - perché
chi vi vuole offendere dice che
sono sapiente, anche se io non
lo so! -

Tuttavia, a voi faccio questa
preghiera: i miei figli, una volta
cresciuti, puniteli, cittadini,
tormentandoli come io ho
tormentato voi, se vi sembra
che si preoccupino del proprio
tornaconto e del proprio utile
prima che delle virtù; e se fanno
finta d’essere ma non sono nulla,
svergognateli come io facevo
con voi!

E se farete così, io sarò
ricompensato giustamente
da voi, ed anche i miei figli.

Ma è già l’ora di andarsene,
io a morire, voi a vivere:
chi di noi però vada verso
il meglio, è cosa oscura a
tutti, meno che al dio.




Voce - SOCRATE, sei Luce, Maestro
di vita, Dono all’Umanità nel
sorriso agli accusatori, nel
dolce trapasso esempio di
Virtù, fortuna diuturna per
chi Vive….





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Lorenzo Pontiggia, nato a Erba il 27/02/1941, commerciante per professione, poeta näif per passione, ha pubblicato libri di poesia.


Dello stesso autore:

Satana ride, 1971
Perle ai Porci, 1974
Spicchi d’amore, 1977
Cose vive, 1978
Preghiere di Lorenzo, 1979
A modo mio 100 poesie, 1982
Pensiero cristiano, 1988
Dal ventre della terra, 1994
Vivere, 1996
Soffio di Vita, 2001

Collana Editore Villa Calliope

Lettera 22, 2007
Non matto ma folle, 2007
Modulazioni d’amore, 2007
Quaderno di Filosofia Politica 2007
La casta imputata – Socrate processato, 2008





Indirizzi:
Mary Lory
(Lorenzo Pontiggia)
*******
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email @@@@@@
Invitato al Festival della Poesia, Parma
Presenterò e distribuirò "La Casta imputata, processato Socrate"...
Oltre all'onore di chiudere la rassegna degli Editori...


Ore 10.00
ALMA Domenica 22 giugno
CHARTA
IL LABORATORIO/LE EDIZIONI
IL FILO DI PARTENOPE
JOSEF WEISS EDIZIONI
PULCINOELEFANTE DI ALBERTO CASIRAGHI
Libri di poesia e immagini d’artista
piccola rassegna di incontri tra opere di incisori e testi di poesia
presenta Manuela Bartolotti

Ore 11.00
IL FILO DI PARTENOPE
letture di Marcella Corsi da Katherine Mansfield e Luigi Olivetti
IL LABORATORIO/LE EDIZIONI
presentazione di Titolo poesia di Guido Oldani

Ore 12.00
LATORRE EDITORE
Teatro poesia e università
presentazione del sito VAGHE STELLE

Ore 15.00
JOKER EDIZIONI
presenta Marco Ercolani

Ore 16.00
MUP EDITORE
La fabbrica della fantasia e felicità
incontro per bambini, genitori, insegnanti…e sognatori
Gianfranco Maretti Tregiardini, Guido Conti
Vittorio Bustaffa illustratore

Ore 17.00
LIETO COLLE
Il Direttore d’orchestra Giampiero Neri presenta
Orchestra e Poeti all’opera (numero 2)

Ore 18.00
CASA EDITRICE LIBERODISCRIVERE
di Antonello Cassan
Le parole della musica
con Mauro Macario, Riccardo Mannerini, Lara Arvasi
e la musica dei Chantango

Ore 19.00
VILLA CALLIOPE EDITORE
Ivana Raccis presenta Lorenzo Pontiggia


il Poeta