L'ottavo giorno

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ernesto
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L'ottavo giorno

Messaggio da ernesto » 27/08/2009, 20:14

L'ottavo giorno è un film di Jaco van Dormael del 1996,
con Daniel Auteuil, Pascal Duquenne, Miou- Miou,Henri Garcin,Isabelle Sadoyan, Michele Maes,Fabienne Loriaux,Hélène Roussel.
Prodotto in Belgio, Francia, Gran Bretagna. Durata: 118 minuti.


Il film mi ha fatto riflettere sul concetto della "tolleranza" nei confronti di una "minoranza" di un "diverso".
A volte mi chiedo se la tolleranza sia una forma di condanna raffinata.Infatti al "tollerato",si dice di fare quello che vuole,che egli ha
il pieno diritto di seguire la propria natura,che il suo appartenere ad una minoranza non significa affatto inferiorità ecc....Ma la sua "diversità" - o meglio la sua "colpa di essere diverso"- resta identica sia davanti a chi abbia deciso di tollerarla,sia davanti a chi abbia deciso di condannarla.Il "diverso" sarà libero , potrà vivere nominalmente senza ostacoli la sua diversità ecc..., ma gli resterà sempre dentro in "ghetto mentale",e guai se uscirà da lì.
Egli può uscire da lì solo a patto di adottare l'angolo visuale e la mentalità di chi vive fuori dal ghetto,cioè della maggioranza.
Egli deve rinnegare tutto se stesso, e fingere che alle sue spalle l'esperienza sia un'esperienza normale, cioè maggioritaria
le orecchie ascoltano....

omiganet

Re: L'ottavo giorno

Messaggio da omiganet » 27/08/2009, 21:23

ernesto ha scritto:L'ottavo giorno è un film di Jaco van Dormael del 1996,
con Daniel Auteuil, Pascal Duquenne, Miou- Miou,Henri Garcin,Isabelle Sadoyan, Michele Maes,Fabienne Loriaux,Hélène Roussel.
Prodotto in Belgio, Francia, Gran Bretagna. Durata: 118 minuti.


Il film mi ha fatto riflettere sul concetto della "tolleranza" nei confronti di una "minoranza" di un "diverso".
A volte mi chiedo se la tolleranza sia una forma di condanna raffinata.Infatti al "tollerato",si dice di fare quello che vuole,che egli ha
il pieno diritto di seguire la propria natura,che il suo appartenere ad una minoranza non significa affatto inferiorità ecc....Ma la sua "diversità" - o meglio la sua "colpa di essere diverso"- resta identica sia davanti a chi abbia deciso di tollerarla,sia davanti a chi abbia deciso di condannarla.Il "diverso" sarà libero , potrà vivere nominalmente senza ostacoli la sua diversità ecc..., ma gli resterà sempre dentro in "ghetto mentale",e guai se uscirà da lì.
Egli può uscire da lì solo a patto di adottare l'angolo visuale e la mentalità di chi vive fuori dal ghetto,cioè della maggioranza.
Egli deve rinnegare tutto se stesso, e fingere che alle sue spalle l'esperienza sia un'esperienza normale, cioè maggioritaria
Dunque, premetto che non ho mai visto il film. Io penso come te, che ci sia una forma di intolleranza anche nella tolleranza. Mi spiego meglio, credo che ribadendo mille volte volte ad un emarginato (o diverso, che dir si voglia) che è libero e che può fare tutto ciò che vuole lo rende sempre diverso rispetto ad un "simile", ergo, il problema persiste.
Il fulcro della questione secondo me è proprio che la gente tollera, è una bruttissima parola... Tollerare.
Fino a che la gente, invece di tollerare, non comprenderà che le diversità non sono limiti valicabili o invalicabili, semplicemente sono... Non risolverà il problema.
Mi spiego. Se nella nostra mente pensiamo che il colore della pelle sia un limite (Valicabile o meno, tollerabile o no), avrà sempre l'area di un qualcosa di lontano rispetto a noi. Quasi di un qualcosa di esterno.
Se noi pensiamo che sia normale invece, e che le persone possano avere senza nessuna distinzione il colore della perle diverso andiamo avanti.
E comunque, con diversi è il carattere della gente che cambia, alla fine davanti ad un emarginato tutti ci comportiamo in un modo più o meno diverso dalle nostre abitudini.

Posso consigliarti: American History X
Tratta sempre di questi temi...

ernesto
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Re: L'ottavo giorno

Messaggio da ernesto » 29/08/2009, 7:31

omiganet ha scritto:[...]


Dunque, premetto che non ho mai visto il film. Io penso come te, che ci sia una forma di intolleranza anche nella tolleranza. Mi spiego meglio, credo che ribadendo mille volte volte ad un emarginato (o diverso, che dir si voglia) che è libero e che può fare tutto ciò che vuole lo rende sempre diverso rispetto ad un "simile", ergo, il problema persiste.
Il fulcro della questione secondo me è proprio che la gente tollera, è una bruttissima parola... Tollerare.
Fino a che la gente, invece di tollerare, non comprenderà che le diversità non sono limiti valicabili o invalicabili, semplicemente sono... Non risolverà il problema.
Mi spiego. Se nella nostra mente pensiamo che il colore della pelle sia un limite (Valicabile o meno, tollerabile o no), avrà sempre l'area di un qualcosa di lontano rispetto a noi. Quasi di un qualcosa di esterno.
Se noi pensiamo che sia normale invece, e che le persone possano avere senza nessuna distinzione il colore della perle diverso andiamo avanti.
E comunque, con diversi è il carattere della gente che cambia, alla fine davanti ad un emarginato tutti ci comportiamo in un modo più o meno diverso dalle nostre abitudini.

Posso consigliarti: American History X
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Ti ringrazio per il consiglio.Conosco il film, me lo ricordo perchè avevamo fatto una discussione sul fatto che la componente "razzista" veniva prevaricata da un più profondo sentimento di odio che dominava su tutto.
La discussione era diventata ingarbugliata quando avevamo cercato di definire il concetto di odio espresso nel seguente testo (non conosco l'autore).

Si odia ciò che si teme,ciò quindi che si può essere,che si sente di essere un poco.Si odia se stessi.Le qualità più interessanti e fertili di ciascuno,sono quelle che ciascuno più odia in se e negli altri.Perchè nell'odio c'è tutto:amore,invidia ignoranza,mistero e ansia di conoscere e possedere.L'odio fa soffrire.Vincere l'odio e fare un passo nella conoscenza e padronanza di sé,è "giustificarsi" e quindi cessare di soffrire.Odiare è necessario. Ogni contatto con una nuova realtà comincia con l'odio.L'odio è un presupposto della conoscenza.I disagi pratici non sono odio se non in quanto escono dalla sfera dell'interesse e diventano riluttanza davanti a un ignoto,cosa che in grado maggiore o minore accade in ogni caso.L'odio è sempre una contrapposizione del nostro spirito al corpo altrui.L'odio sarà quindi il sospetto che un corpo altrui possegga per suo conto uno spirito e di noi faccia a meno.Quello che tutti vogliamo dagli altri è il consenso asservito e amoroso alle nostre esigenze, che solo, e in ragione della sua ininterrota presenza,può fare che ci compiacciono dei godimenti dell'altro.In questo senso odiare è veramente ignorare il prossimo,anzi sapere di ignorare il prossimo e non vederne che l'esterno.E siccome non si può sapere di ignorare senza desiderare di conoscere,l'odio è sete d'amore.
Ciao
le orecchie ascoltano....