"Comment un figue de paroles...", F. Ponge

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Etere
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"Comment un figue de paroles...", F. Ponge

Messaggio da Etere » 29/03/2015, 22:41

Per motivi di spazio, qui di seguito riporto soltanto alcune strofe del poemetto (datato 1977) di Francis Ponge intitolato "Comment un figue de paroles et pourquoi" (Un fico di parole, come e perché):


Francis Ponge, "Comment un figue de paroles et pourquoi":

Non è che una povera fiasca, d'aspetto pietroso
ma molle, d'un tessuto spesso ma elastico,
sotto una specie polverosa di lichene zuccherato.
/ Quasi informe, come certe piccole
chiese o cappelle rustiche costruite senza molte
pretese, e che il tempo e l'erosione hanno reso
pressoché informi all'esterno. / Ci s'imbatte talvolta
in campagna, quasi come in un frutto caduto,
in una povera chiesa o cappella romanica, molto antica, di forma
romanica erosa. Dal portale aperto
si può vedere in fondo brillare un altare scintillante,
l'oro dei granelli nel porpora della polpa.
Oh la confettura zuccherata
[la confiture sucrée, che
suona quasi come confiture sacrée, confettura sacra]
(...) O forse non è che una confettura di luce debole
ma scintillante (confiteor, conserva
[confite] in devozione)
(…) Il fico, questa povera fiasca, è un granaio di
fastidi per i denti / Una grossa perla di caucciù,
una piccola pera barocca. / Un povero piccolo argomento
schiacciante
(…).

Simmaco, grande pagano di Roma,
irrideva l'impero diventato cristiano. 'E' impossibile,
diceva, che una strada sola conduca a un
mistero così sublime.' Egli non ebbe posterità spirituale,
ma fu suocero di Boezio, autore della Consolazione filosofica.
Entrambi furono messi a morte dall'imperatore
barbaro Teodorico (barbaro e cristiano, suppongo), nel 525.
Dopo di che dovettero passare molti secoli
Prima che si abbassassero gli occhi
E si tornasse a guardare per terra
E' allora che finalmente, un bel giorno, (secondo Du Cange, citato
da Littré), icelluy du Rut trouva un petit sachet où il
y avait mitraille qui est appelée billon
[cioè: quello
stesso du Rut – e credo vada detto che rut è il termine
francese per fregola, l'irrequietezza degli animali
nella stagione degli amori – trovò un sacchetto contenente
'mitraglia', termine usato scherzosamente
per 'monetine', in particolare monetine di billon, lega
di rame con un po' d'argento].
Bella storia!
Ebbene, io, in questi giorni, ho trovato un fico
Che sarà uno degli elementi
Della mia Consolazione materialistica
(…).

Esiste nell'uomo una facoltà (non precisamente
riconosciuta come tale, benché sia la facoltà
superiore del suo spirito) /, una facoltà (dico),
/ di cogliere che le cose esistono / proprio per quel
che hanno di irriducibile allo spirito. / Il riconoscimento
(e l'amore, la glorificazione) di questo genere
d'esistenza delle cose, / è forse questa la funzione
della poesia
(…).
Esiste un modo di trattare le parole, concepite
come un involucro, una pasta spessa, da superare,
che mima / Il modo con cui lo spirito va oltre la ragione
semplice (semplicistica) delle forme, per giungere
al fondo oscuro delle cose: alla loro freschezza,
alla loro verità. / La freschezza è la temperatura della
verità prima che esca dal pozzo, prima che si
guardi allo specchio. / Esiste nell'uomo una facoltà
– non riconosciuta precisamente come tale – di cogliere
che una cosa esiste, proprio in ragione della
sua irriducibilità allo spirito.
Che cosa voglio io, oggi ? – Se non gettare nuovamente
il fico nel paradiso dell'esistenza, / Nel paradiso
di ciò che solo il corpo conosce, a spese dello
spirito. / Il paradiso è per definizione perduto
(…).
Il mio scopo è di togliere il fico
dal mondo delle parole
e di gettarlo nuovamente
nel paradiso dell'esistenza.
Un fico di parole, perché? Per cercare di finirla con
questa confusione scandalosa. Per gettare di nuovo,
definitivamente, il vero fico nel paradiso dell'esistenza,
questo paradiso per definizione perduto
(...).
La poesia è l'arte di mettere assieme le parole in
modo da mordere nelle nozioni (nel fondo oscuro
delle cose) e di nutrirsene
(…).



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Senza il sol nulla son io