E. Montale, "Non chiederci la parola"
Inviato: 04/07/2012, 18:04
Il topic è un po’ lungo (ma non per i cultori della poesia…). Grazie per l’attenzione…
“Non chiederci la parola”
(da “Ossi di Seppia” di E. Montale)
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.
Ah l'uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!
Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti:
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Parafrasi:
Non chiederci la parola che metta a fuoco sotto ogni profilo il nostro animo privo di certezze, e a lettere tali che lo chiariscano rendendolo luminoso come il fiore dello zafferano: perduto in mezzo ad un prato polveroso.
Ah l'uomo che se ne va sicuro, senza contrasti con se stesso e con gli altri.
E la sua ombra non viene toccata che dal sole nel periodo più caldo dell'estate; proiettata su un muro mancante di intonaco.
Non domandarci il segreto che possa rivelarti nuove prospettive di conoscenza del mondo, bensì una distorta sillaba secca come un ramo.
Solo questo possiamo in questo momento farti presente, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Note a cura di G. Bonghi (tra parentesi quadre ulteriori note ascrivibili ad altri commentatori):
squadri: dia una forma nelle sue reali dimensioni al nostro animo informe, che abbia cioè le conoscenze per definire l'animo in termini chiari e sicuri illuminando così da ogni angolazione, in ogni suo aspetto, ciò che è celato in esso.
l'animo nostro informe: cioè senza forma, senza ideali e privo di certezze: tale condizione appartiene a tutti gli esseri umani (nostro).
di fuoco: lettere impresse come un marchio, perchè veicolano significati chiari e indelebili.
croco: il fiore dello zafferano. E’ uno dei primi fiori (per lo più di colore giallo vivo) a nascere in primavera.
[Per Marchese e Grillini, il giallo luminoso di questo fiore “crea un contrasto con il prato ‘polveroso’ simbolo dello squallore della realtà”. Per Spagnoletti, il croco rappresenta “la formula magica che l’uomo cerca inutilmente per decifrare un mondo di contorcimenti e di illusorie parvenze”].
perduto: [l'aggettivo “perduto”, sottolinea il senso di solitudine e di desolazione, ribadite anche da “in mezzo a”].
Ah l'uomo che se ne va sicuro: è colui che crede di possedere la formula che "mondi possa aprire", uno che non si cura della propria ombra perchè ancorato alla solida realtà, un superuomo alla D'Annunzio che si pone all'attenzione degli uomini come il supremo Vate capace di tracciare la via futura dell'umanità [che pretende di possedere la verità, senza interrogarsi sui ruoli del mondo: “canicola”, “scalcinato muro”] e non si accorge di essere anch'egli ombra sgretolata su un muro come non si accorge che le sue parole possono portare a una dolorosa angoscia ancora più profonda: in confronto a lui Montale potrebbe pronunciare tutt'al più "sì qualche storta sillaba e secca come un ramo", ossia parole prive di conforto e secche [Valentini ha parlato in questo caso di “superomismo alla rovescia”. Ricordiamo poi che Montale stesso, a tal proposito, dichiarò che: “la mia volontà di aderenza restava musicale, istintiva, non programmatica. All'eloquenza della nostra vecchia lingua aulica volevo torcere il collo, magari a rischio di una contro eloquenza. (…) Non credo al verso fatale e prestabilito, a "il verso è tutto" di D'Annunzio. (…) Quanto ai poeti, essi hanno da tempo rinunciato al loro "ruolo" di annunziatori e di profeti, almeno nel vecchio senso della frase, e credo sia un bene (…)”.
Difatti, a riprova di ciò, quando Montale scrive “Non chiederCI”; “non domandarCI”; “l'animo NOSTRO”; “non SIAMO”; “non VOGLIAMO”; si riferisce significativamente a noi tutti: le acquisizioni raggiunte dalla poesia riguardano, cioè, oltre ai lettori, i poeti stessi: è l’inequivocabile segnale del venir meno della figura del "poeta vate"].
ombra sua: [l'uomo “che se ne va sicuro” perde cioè consistenza; la sua vita perde consistenza perché egli non si pone alcun interrogativo esistenziale].
canicola: violento caldo estivo, talvolta insopportabile.
Qui sta ad indicare il sole che con i suoi raggi arroventa l'aria: l'effetto (l'ombra) per la causa (il sole).
scalcinato: non ricoperto da calcina, per cui appaiono le nude pietre; sgretolato sotto l'azione devastatrice della canicola.
muro: l'invalicabilità del muro indica l'irrisolvibilità della condizione umana [la necessità, la costrizione, il limite che domina la vita umana].
formula: la formula che possa dare un senso alla realtà quotidiana, capace di dare delle certezze.
storta sillaba e secca come un ramo: una poesia scritta non da un Vate o da un superuomo non può essere portatrice di grandi verità ma, in una forma scarna ed essenziale, dire la realtà quotidiana dell'uomo che non vuole quella realtà ma sogna una vita e un mondo diversi.
oggi: non si riferisce a un solo attimo del tempo, a un momento particolare, ma a tutta un'epoca, quella contemporanea.
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo: [secondo Marchese e Grillini “nel regno della necessità e delle apparenze, nell’incertezza della condizione umana, noi possiamo conoscere solo ciò che non è: ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”. Il poeta si rivolge dunque al lettore invitandolo a non chiedergli alcuna rivelazione, né su stesso né sull'uomo in genere, e nemmeno sul significato della vita. Egli, infatti, non ha alcuna segreto risolutivo, ma solo dubbi e incertezze, o anche una “conoscenza fondata sul contrasto”: l'ultimo verso, infatti, viene spesso menzionato da chi non vuole farsi notare come depositario di fittizie verità. Tuttavia Montale non è da considerare un nichilista: la presa di coscienza del "male di vivere" (il dolore che permea la realtà) non conduce - come si potrebbe erroneamente presumere -
al nichilismo, al ripiegamento inerme su se stessi. Il poeta non deve infatti rinunciare a vivere, estraniandosi, isolandosi. Montale dichiarò infatti:
“Pensai presto, e ancora penso, che l'arte sia la forma di vita di chi veramente non vive: un compenso o un surrogato. Ciò peraltro non giustifica alcuna deliberata turris eburnea: un poeta non deve rinunciare alla vita. E' la vita che si incarica di sfuggirgli”].
Infine, per chi volesse sentire Vittorio Gassman declamare i versi di “Non chiederci la parola“ è sufficiente visitare “youtube”…
“Non chiederci la parola”
(da “Ossi di Seppia” di E. Montale)
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.
Ah l'uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!
Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti:
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Parafrasi:
Non chiederci la parola che metta a fuoco sotto ogni profilo il nostro animo privo di certezze, e a lettere tali che lo chiariscano rendendolo luminoso come il fiore dello zafferano: perduto in mezzo ad un prato polveroso.
Ah l'uomo che se ne va sicuro, senza contrasti con se stesso e con gli altri.
E la sua ombra non viene toccata che dal sole nel periodo più caldo dell'estate; proiettata su un muro mancante di intonaco.
Non domandarci il segreto che possa rivelarti nuove prospettive di conoscenza del mondo, bensì una distorta sillaba secca come un ramo.
Solo questo possiamo in questo momento farti presente, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Note a cura di G. Bonghi (tra parentesi quadre ulteriori note ascrivibili ad altri commentatori):
squadri: dia una forma nelle sue reali dimensioni al nostro animo informe, che abbia cioè le conoscenze per definire l'animo in termini chiari e sicuri illuminando così da ogni angolazione, in ogni suo aspetto, ciò che è celato in esso.
l'animo nostro informe: cioè senza forma, senza ideali e privo di certezze: tale condizione appartiene a tutti gli esseri umani (nostro).
di fuoco: lettere impresse come un marchio, perchè veicolano significati chiari e indelebili.
croco: il fiore dello zafferano. E’ uno dei primi fiori (per lo più di colore giallo vivo) a nascere in primavera.
[Per Marchese e Grillini, il giallo luminoso di questo fiore “crea un contrasto con il prato ‘polveroso’ simbolo dello squallore della realtà”. Per Spagnoletti, il croco rappresenta “la formula magica che l’uomo cerca inutilmente per decifrare un mondo di contorcimenti e di illusorie parvenze”].
perduto: [l'aggettivo “perduto”, sottolinea il senso di solitudine e di desolazione, ribadite anche da “in mezzo a”].
Ah l'uomo che se ne va sicuro: è colui che crede di possedere la formula che "mondi possa aprire", uno che non si cura della propria ombra perchè ancorato alla solida realtà, un superuomo alla D'Annunzio che si pone all'attenzione degli uomini come il supremo Vate capace di tracciare la via futura dell'umanità [che pretende di possedere la verità, senza interrogarsi sui ruoli del mondo: “canicola”, “scalcinato muro”] e non si accorge di essere anch'egli ombra sgretolata su un muro come non si accorge che le sue parole possono portare a una dolorosa angoscia ancora più profonda: in confronto a lui Montale potrebbe pronunciare tutt'al più "sì qualche storta sillaba e secca come un ramo", ossia parole prive di conforto e secche [Valentini ha parlato in questo caso di “superomismo alla rovescia”. Ricordiamo poi che Montale stesso, a tal proposito, dichiarò che: “la mia volontà di aderenza restava musicale, istintiva, non programmatica. All'eloquenza della nostra vecchia lingua aulica volevo torcere il collo, magari a rischio di una contro eloquenza. (…) Non credo al verso fatale e prestabilito, a "il verso è tutto" di D'Annunzio. (…) Quanto ai poeti, essi hanno da tempo rinunciato al loro "ruolo" di annunziatori e di profeti, almeno nel vecchio senso della frase, e credo sia un bene (…)”.
Difatti, a riprova di ciò, quando Montale scrive “Non chiederCI”; “non domandarCI”; “l'animo NOSTRO”; “non SIAMO”; “non VOGLIAMO”; si riferisce significativamente a noi tutti: le acquisizioni raggiunte dalla poesia riguardano, cioè, oltre ai lettori, i poeti stessi: è l’inequivocabile segnale del venir meno della figura del "poeta vate"].
ombra sua: [l'uomo “che se ne va sicuro” perde cioè consistenza; la sua vita perde consistenza perché egli non si pone alcun interrogativo esistenziale].
canicola: violento caldo estivo, talvolta insopportabile.
Qui sta ad indicare il sole che con i suoi raggi arroventa l'aria: l'effetto (l'ombra) per la causa (il sole).
scalcinato: non ricoperto da calcina, per cui appaiono le nude pietre; sgretolato sotto l'azione devastatrice della canicola.
muro: l'invalicabilità del muro indica l'irrisolvibilità della condizione umana [la necessità, la costrizione, il limite che domina la vita umana].
formula: la formula che possa dare un senso alla realtà quotidiana, capace di dare delle certezze.
storta sillaba e secca come un ramo: una poesia scritta non da un Vate o da un superuomo non può essere portatrice di grandi verità ma, in una forma scarna ed essenziale, dire la realtà quotidiana dell'uomo che non vuole quella realtà ma sogna una vita e un mondo diversi.
oggi: non si riferisce a un solo attimo del tempo, a un momento particolare, ma a tutta un'epoca, quella contemporanea.
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo: [secondo Marchese e Grillini “nel regno della necessità e delle apparenze, nell’incertezza della condizione umana, noi possiamo conoscere solo ciò che non è: ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”. Il poeta si rivolge dunque al lettore invitandolo a non chiedergli alcuna rivelazione, né su stesso né sull'uomo in genere, e nemmeno sul significato della vita. Egli, infatti, non ha alcuna segreto risolutivo, ma solo dubbi e incertezze, o anche una “conoscenza fondata sul contrasto”: l'ultimo verso, infatti, viene spesso menzionato da chi non vuole farsi notare come depositario di fittizie verità. Tuttavia Montale non è da considerare un nichilista: la presa di coscienza del "male di vivere" (il dolore che permea la realtà) non conduce - come si potrebbe erroneamente presumere -
al nichilismo, al ripiegamento inerme su se stessi. Il poeta non deve infatti rinunciare a vivere, estraniandosi, isolandosi. Montale dichiarò infatti:
“Pensai presto, e ancora penso, che l'arte sia la forma di vita di chi veramente non vive: un compenso o un surrogato. Ciò peraltro non giustifica alcuna deliberata turris eburnea: un poeta non deve rinunciare alla vita. E' la vita che si incarica di sfuggirgli”].
Infine, per chi volesse sentire Vittorio Gassman declamare i versi di “Non chiederci la parola“ è sufficiente visitare “youtube”…