Il riposo del vento

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chand

Il riposo del vento

Messaggio da chand » 26/08/2011, 20:22

Un mio piccolo scritto, che spero vi piaccia e piacerà...

Il silenzio feriva, sanguinando tra le ombre,
tagliandolo sulla punta della lingua.
Aveva assaggiato il sapore dolce dell'ambra,
sciolta in un'onda che, senza sosta,
lo portava a cavalcare l'orizzonte.
Si era convinto che il giorno fosse una tela sterminata
di colori iridescenti, sfavillanti,
rosa amaranto che fioriva nel suo giardino,
stillante petali di cristallo, dove assopirsi,
perso fra brame inconfessate,
castelli magici per raggiungere il rifugio delle stelle,
cascate di lapislazzuli che fendevano l'aria,
contendendo ad Ashiwa l'onore di specchiarsi
nel turchino velo in fiamme.
Spesso ritornavano quei colori,
il loro impetuoso accendersi che sbatteva
sulla faccia un senso d'ebrezza, aliena, immensa,
fine, mistica, principio del mare e voce del vento;
In un attimo, tutti i colori del giorno stinsero,
presero forma, attratti da un vortice misterioso,
sempre più lento nel suo incedere:
la rosa amaranto pianse petali e il cielo mostrò le rughe,
il cristallo esplose in squarcianti bolle di ghiaccio,
il quadro si sciolse in gocce evanescenti
e il sole scese, ancora, a fatica, ad inghiottire l'oceano.

Le cicche tracciano un sentiero, nero profondo
e, oltre la linea degli occhi, si innalzano angeli di creta.
Il rumore del traffico la distoglieva dalle domande
che, instancabili, bussavano,
sorrette da una forza spaventosa,
spine di gambi che non è possibile sradicare.
Aveva provato a raggiungere, toccando, l'infinito,
a scrutare, senza sguardo, la sabbia
e i suoi lenti amplessi con le onde,
immaginando il giorno vestito di ebano,
caldo e liquido, sfiorare il volto,
con ferocia, la schiena dritta e perfetta,
modellare il sorriso, la lacrima, l'incanto, la paura,
consolando il fremere di dita, lievi e impazienti, come setole,
di addormentarsi fra i capelli.
Era sicura del suo caos,
il mare appariva noioso con la sua laconica staticità,
stentava a credere che le nuvole fossero perle di panna,
accompagnate da una scia di vaniglia.
Spesso ritornava a misurare l'infinito, pensando,
scivolando nei limiti della vita,
persa in favole senza più attrito,
ma adesso la distanza si scopre incolmabile,
la linea curva, il giorno acciaio, privo di venature scarlatte,
le dita, rigide, rami sfiniti pronti ad arrendersi all'inverno.
Le gocce, argentine,si fermano a metà e lo sguardo
torna all'onda capace di abbracciarla senza rimorsi,
come se stesse circondando l'infinito.