massi24 ha scritto:[...]
Io sono del parere che una poesia non debba essere obbligatoriamente chiusa in degli schemi.
Altrimenti non sarebbe poesia.
La poesia non è un verso, è per me l'espressione di un sentimento come la direbbe un cuore.
E il "modo di apparire" al quale si riferisce Ombraman a me sembra quasi un chiamare in causa i "camaleonti", che camuffano la loro anima per non essere schiacciati dalla società.
Ombraman mi dà l'impressione di uno che dà ragione al sè stesso "suo proprio", che non il sè stesso "che la società vuole"
Un saluto
Massi
Bene – il mondo è bello perché è vario!… Io sono di un parere diverso e mi piace disputare.
Dico che una vera poesia (non facilmente e semplicemente un pensiero poetico) debba essere redatta formalmente, non contenutisticamente e tanto meno sostanzialmente, in schemi metrici codificati dai secoli e dai millenni: schemi che sono innumerevoli, estremamente variegati ed efficaci. Come, d’altra parte, ogni altra forma di linguaggio vero: letterario, figurativo, tecnico…
Un sedicente poeta – qualsiasi – o li conosce o non li conosce quegli schemi, o li sa praticare o non li sa praticare, o ne è refrattario o vi sa sciogliere la sua ignoranza in cognizione. In tutti i casi fa quello che vuole e sceglie – è pacifico – perché è ammissibile/lecito che lo faccia… Seppure io dica che non è giusto (‘giusto’ nel senso di giustezza e non di giustizia).
Parlo di piedi metrici… I piedi servono per camminare – lo sanno i bambini di due anni. E se uno li ha in testa, una delle due per me: o sa stare in equilibrio come un circense, magari su una corda tesa, con la testa in giù, oppure ragiona con i piedi. Un poeta che spacci il suo pensiero poetico per poesia (parole che butta là sulle righe alla meno peggio e senza un’idea della più pallida ortografia) per me è un ‘creativo’ – sia pure – che poeta (voce del verbo poetare) con i piedi.
Si può imparare da soli o con guide esperte a suonare la chitarra ad esempio: ma se s’impara da soli, alla ‘sans façon’, si va a finire a strimpellare fra amici la sera o per strada a questuare; ma se s’intende intraprendere la carriera di concertista, con quello strumento, la chitarra si va ad imparare/si deve al conservatorio.
Per la poesia questo non è possibile purtroppo… Tra miriadi di scuole d’arte le più inusitate che esistono al mondo, a migliaia/a decine di migliaia… (accademie, conservatori, scuole di teatro… fino al ricamo e al belletto! e non parliamo dello sport: palestre, sale/salette, campi dove farlo quanti le stelle) beh non esiste una scuola di poesia, neppure un sottoscala! E questa è la vergogna della mia cultura, che si fonda sulla poesia – antica regina, anzi imperatrice delle arti! Si dirà: e i ginnasi e licei classici? e le facoltà di lettere? No, lì si fa storia e critica della poesia, nella migliore delle ipotesi; ché nella peggiore, ad affastellare tutti quei professori, si costruirebbe un gigantesco monumento mondiale all’ignoranza metrica e al ‘top secret’ della stilistica.
La poesia non è verso? – ma via!… Certo, non è fatta di versi, la poesia: è cavolfiore, soldini dentro il salvadanaio, la cacchina del cagnolino che si porta fuori a metà mattina o prima di sera.
E lì a sospirare tutti/sempre/quei pochi, su versi sparsi/su versi sciolti, su versi che non son versi… Sui veri versi che nessuno sa mettere insieme perché, a parte la capacità, anche ad averla – questa – si è sbrigativi, si va di fretta, non si ha tempo di contare le sillabe. E certo che con tanta competenza e destreggiatura formale, vien proprio voglia di scrivere poesia filosofica, poesia religiosa, poesia eroica!… (Una volta, in versi, ci costruivano i libri sacri e le drammaturgie più imponenti, i miti, gli oracoli, le leggende, intere epopee di storia, le laudi sui sacrati, le preghiere più toccanti…)
Il cuore infine, citato ed abusato, inneggiato e sproloquiato, non c’entra niente con la poesia – non mi stancherò mai di ripeterlo. Anche per il pensiero più semplice e sospiroso c’è sempre di mezzo e soltanto il cervello.
eu.ro
