la ricerca della felicità
Inviato: 15/11/2012, 21:35
un po’ di tempo fa guardando un documentario ho sentito che da un sondaggio è emerso che negli stati uniti negli anni sessanta la gente era più felice rispetto ai giorni nostri e che attualmente le nazioni dove le persone si sentono più felici non sono tra le più ricche ma tra le più povere del mondo quindi chi ha più soldi e dovrebbe essere più felice risulta essere il più infelice.
Gli psicologi e i sociologi come al solito tirano le loro teorie strane, come se tutti i mali del mondo dipendessero dalla solitudine anche in questo caso hanno detto che l’infelicità dipende dalla solitudine; secondo me entrano in gioco tantissimi fattori, come al solito c’è la tendenza a pensare che le persone devono essere fatte con lo stampino e quindi il cuore, gli occhi, le ossa, il cervello devono funzionare a cronometro secondo uno schema prestabilito ma secondo me non è così, pensiamo a un genio che risolve un problema di matematica in mezzo minuto mentre un asino non ci riesce neanche in tre ore.
La felicità dipende anche da fattori genetici e allora come mai nei primi anni del dopoguerra erano più felici ? questo perché non dipende solo da fattori genetici ma anche dal fatto che se si passa da una situazione peggiore a una migliore si passa un periodo felice sia che da poveri si diventa miliardari sia che da senzatetto si va a vivere in un monolocale ed è quanto è successo dopo la seconda guerra mondiale, c’è stato un generale miglioramento per tutti ed erano tutti pieni di buoni propositi e di progetti per il futuro, tutti si davano da fare per migliorare la propria vita, poi sono venute le crisi e si è passati da una situazione migliore a una peggiore e le cose si sono invertite, la felicità ha iniziato a sfumare.
Mi fa un po’ pensare a una poesia che avevo letto a scuola: “la quiete dopo la tempesta” dove l’uomo è felice solo dopo un pericolo scampato, pensiamo se rimaniamo per quindici giorni senza dolci e poi i dolci ci sembrano più buoni oppure se si rompe la macchina e poi andiamo per quindici giorni in bici poi siamo al settimo cielo quando torniamo in macchina, la felicità non dipende dalla solitudine, allora perché quei monaci che durante il medioevo vivevano da eremiti nessuno di loro era infelice o depresso, poi c’è sempre qualcuno che vuole ficcare a martellate nella testa della gente che una persona per essere felice deve avere un obbiettivo da realizzare nella vita come se avere un obbiettivo deve essere una cosa obbligatoria, nelle tribù che vivono nella foresta equatoriale che obbiettivi hanno? Si alzano e vanno a pesca e a caccia tra i serpenti per sopravvivere e sono contenti lo stesso, a cosa serve l’obbiettivo e fesserie del genere, qui la gente non ha niente da pensare e si mette a pensare a problemi che non esistono per mancanza di problemi veri come dei rammolliti, bisogna cambiare ….. è più facile a dirsi che a farsi, anche per me.
Gli psicologi e i sociologi come al solito tirano le loro teorie strane, come se tutti i mali del mondo dipendessero dalla solitudine anche in questo caso hanno detto che l’infelicità dipende dalla solitudine; secondo me entrano in gioco tantissimi fattori, come al solito c’è la tendenza a pensare che le persone devono essere fatte con lo stampino e quindi il cuore, gli occhi, le ossa, il cervello devono funzionare a cronometro secondo uno schema prestabilito ma secondo me non è così, pensiamo a un genio che risolve un problema di matematica in mezzo minuto mentre un asino non ci riesce neanche in tre ore.
La felicità dipende anche da fattori genetici e allora come mai nei primi anni del dopoguerra erano più felici ? questo perché non dipende solo da fattori genetici ma anche dal fatto che se si passa da una situazione peggiore a una migliore si passa un periodo felice sia che da poveri si diventa miliardari sia che da senzatetto si va a vivere in un monolocale ed è quanto è successo dopo la seconda guerra mondiale, c’è stato un generale miglioramento per tutti ed erano tutti pieni di buoni propositi e di progetti per il futuro, tutti si davano da fare per migliorare la propria vita, poi sono venute le crisi e si è passati da una situazione migliore a una peggiore e le cose si sono invertite, la felicità ha iniziato a sfumare.
Mi fa un po’ pensare a una poesia che avevo letto a scuola: “la quiete dopo la tempesta” dove l’uomo è felice solo dopo un pericolo scampato, pensiamo se rimaniamo per quindici giorni senza dolci e poi i dolci ci sembrano più buoni oppure se si rompe la macchina e poi andiamo per quindici giorni in bici poi siamo al settimo cielo quando torniamo in macchina, la felicità non dipende dalla solitudine, allora perché quei monaci che durante il medioevo vivevano da eremiti nessuno di loro era infelice o depresso, poi c’è sempre qualcuno che vuole ficcare a martellate nella testa della gente che una persona per essere felice deve avere un obbiettivo da realizzare nella vita come se avere un obbiettivo deve essere una cosa obbligatoria, nelle tribù che vivono nella foresta equatoriale che obbiettivi hanno? Si alzano e vanno a pesca e a caccia tra i serpenti per sopravvivere e sono contenti lo stesso, a cosa serve l’obbiettivo e fesserie del genere, qui la gente non ha niente da pensare e si mette a pensare a problemi che non esistono per mancanza di problemi veri come dei rammolliti, bisogna cambiare ….. è più facile a dirsi che a farsi, anche per me.