Avere un figlio disabile… non bisogna essere ipocriti, può dar fastidio!mistereffe ha scritto:Voglio affrontare con voi donne e uomini (nei panni di donne...) un tema difficile e molto delicato, che si augura di non capitare MAI, nemmeno al peggiore nemico.
Se voi doveste sapere ad un certo punto della gravidanza che il vostro figlio/a che state mettendo al mondo è malato/a cosa fareste?
Se il vostro medico dovesse dirvi: "Signora, purtroppo suo figlio ha la sindrome di Down....o altre terribili malattie possibili", come vi comportereste?
Mettere al mondo un figlio sapendo che è malato, quindi soggetto ad una vita difficile, magari breve, con il rischio di essere stupidamente deriso o emarginato dagli altri (può succedere a scuola, per esempio..) oppure negare a questo figlio il diritto alla vita (dono di Dio, che si creda o non creda)?
Da cattolico penso che metterei al mondo questo figlio, pur consapevole delle sofferenze; personalmente credo che la vita di ciascuno di noi sia frutto di un "disegno", che viene dall'alto.
Sarebbe la "croce" che ciascuno di noi dovrebbe portare.
Ma se accade, non devono essere nascosti ma vanno messi in vetrina, perché la società civile deve ancora di più abituarsi a guardarli con simpatia e sorriso e non con atteggiamenti cupi e tristi.
Nelle famiglie in cui è presente una persona down per esempio, accade spesso il contrario, e cioè che non solo non si avverta alcun disagio ad avere un figlio o un fratello o una sorella down, ma che questo sia avvertito come un punto di onore e di orgoglio.
Naturalmente, nella condizione delle persone portatrici di handicap, le difficoltà ci sono e non vanno nascoste. Il problema esiste certamente, loro sono portatori di una disabilità che si caratterizza per lo più con ritardo mentale e/o fisico, e negarla sarebbe controproducente.
Fondamentale è il ruolo della famiglia, ma altrettanto lo è quello della società intera. L’appello eventualmente è alla scuola perché sia un esempio di integrazione, aiutando ciascuno di loro a scoprire le proprie potenzialità, e al mondo del lavoro, perché gli inserimenti lavorativi mirati delle persone portatrici di handicap, sono possibili e devono essere ricercati attivamente.
E quindi… spazio alla sensibilizzazione…