Insegnavo ad uno studente (19 anni) nipote di un noto e ricco imprenditore romano (famoso qualche decennio fa anche per fatti e misfatti poco seri e felici qui a Roma, ma fosse per questo non sarebbe assolutamente motivo della mia critica).
Il suo tenore di vita era spudoratamente alto, "fastidiosamente" molto più alto del mio:
sua bella macchina in mostra davanti all'ingresso, su piazzola riservata ai disabili (quando gli ho chiesto se aveva visto che il cartello mi ha risposto che non c'era problema

vicino alle sue cose sul banco lanciava il portachiavi in argento, ipod o ipad o chissà cosa ultimo modello per studiare,
vestito alla moda del tipo giacchettino sulle spalle con "capezza" in vista, orologione, tutto firmato
muscolacci belli gonfi (qui ammetto che magari in questo la mia è solo invidia

impegnato con una ragazza a sera (parole sue)
pigrizia illimitata su tutto ciò che lo circonda ecc ecc...
ignoranza esagerata (non gli ho mai dentito una frase in una lingua minimamente italiana, ma questo è il minimo...).
Pur se il mio è un lavoro bellissimo, devo dire che quando c'era lui lo facevo con antipatia e con sacrificio (adoro il mio lavoro, ci son giorni che lo faccio anche senza ricompensa).
Invidia perchè ricchissimo e davvero strafottente? forse, lo ammetto.
Una mattina ha "osato" dirmi che preferisce usare la sua penna e le sue matite perchè di qualità...
Finchè un giorno mi ha trovato in pausa pranzo, si è avvicinato e tra una parola e l'altra mi ha chiesto
"ma non conosci un modo per avere la laurea pagando in questa facoltà?"
(era una provocazione ma spero per tutti che lui davvero lo chiedeva in modo innocente).
Gli ho spiegato tante belle cose, ho cercato di dire che nella vita non tutto si può comprare perchè bisogna conquistarlo, come fanno tutti (nella maniera più educata che potevo anche se dentro di me mi bollivano le frasi più assurde che ho fortunamente trattenuto).
Ho provato a dire che non era costretto a laurearsi se non voleva (ma a lui serviva il pezzo di carta soltanto "ufficialmente", credo).
Gli ho consegnato gratuitamente la mia esperienza, raccontando la mia semplice e comune carriera da studente che, come tutti, stringendo i denti studiavo, lavoravo e facevo volontariato, piangevo per una difficoltà e poi cercavo una soluzione che mi gratificava ecc...
Non lo dico per gasarmi!

Da quel momento la mia antipatia per lui è cresciuta in modo espotenziale. Mentre gli cercavo di spiegare la lezione nei termini più semplici possibili e lui giocava con facebook con il cellulare... mi deprimevo davvero.
Alla fine non ha più fatto lezione, e forse ha trovato una strada più facile invece di studiare, capire, domandare.
Tutta questa lunga descrizione (vi ringrazio per la pazienza nel leggermi) per portare una riflessione:
davvero come si legge sui libri tutti noi collaboriamo alla crescita quotidiana della nostra piccola grande società?
Qual è la vera differenza fra vivere e fare?
Un saluto a tutti, grazie!
