"The fish", Marianne Moore
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"The fish", Marianne Moore
Messaggio da Etere » 16/02/2015, 21:04
A guado,
vanno per nera giada.
Dei mitili blu-corvo, uno
continua
a rassettare i cumuli di cenere;
e si apre e si chiude come fosse
un
ventaglio ferito.
I cirripedi che incrostano il
fianco
dell'onda non possono nascondersi
laggiù perché gli strali sommersi del
sole,
franti come vetro
filato, si muovono con la rapidita' di riflettori
giu' nei crepacci,
dentro e fuori, illuminando
il
mare turchese
di corpi. L'acqua sospinge un
cuneo
di ferro entro lo spigolo ferrigno
dello scoglio -, sopra il quale le stelle,
rosei
chicchi di riso, meduse
imbrattate d'inchiostro, granchi simili a
verdi
gigli, e velenosi funghi
sottomarini scivolano dondolando uno sull'altro.
Tutti
i segni
esterni dell'oltraggio sono presenti in
questo
temerario edificio –
tutti gli aspetti fisici dell'ac-
cidente – mancanza
di cornice, solchi di dinamite, bruciature
e
colpi d'ascia, queste cose spiccano
sulla sua superficie; la parete del baratro
è morta.
Ripetute
prove hanno dimostrato che lo scoglio puo'
vivere
di cio' che non potra' resuscitare
la sua giovinezza. E dentro ad esso si fa vecchio il mare.
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Messaggio da Etere » 16/02/2015, 21:10
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cirripedi
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Messaggio da Etere » 13/03/2015, 21:55
Dürer avrebbe trovato un buon motivo per vivere in una città come questa, con otto balene arenate da guardare; con l’aria dolce del mare che ti arriva in casa in una bella giornata, su dall’acqua incisa d’onde, perentorie come le squame di un pesce. A uno a uno, a due e a tre, i gabbiani continuano a volare avanti e indietro sull’orologio municipale, o a veleggiare intorno al faro senza muovere l’ali (…)
insinuando nel lettore il dubbio se la poetessa stia effettivamente descrivendo un paesaggio reale oppure se si tratti invece di un dipinto (e quindi di un paesaggio immaginato, considerato che – come spiega Paola Nardi – nell’incipit si nomina il pittore rinascimentale tedesco Albrecht Dürer, e successivamente si parla dell’acqua del mare «incisa d’onde» (richiamando in tal modo la tecnica pittorica dell’acqua forte), e di un giovane studente - probabilmente uno studente d’arte - che compare nel prosieguo della poesia «seduto là sul pendio con libri strani e il suo strano cappello» intento a osservare il paesaggio traendone ispirazione…).
In questi giorni sto leggendo e traducendo un po’ di critica letteraria in lingua inglese riguardante “The fish“. Nonostante le mie traduzioni siano un po’ rudimentali (diciamo così), fortunatamente non difettano in termini di efficacia consentendomi così di integrare l’analisi di Paola Nardi e di interpretare meglio il significato di alcuni versi della poesia. In particolare, quando all’inizio della poesia M. Moore scrive che «Dei mitili blu-corvo, uno continua a rassettare i cumuli di cenere; e si apre e si chiude come fosse un ventaglio ferito», si può comprendere cosa rappresentino «i cumuli di cenere» in questione soltanto tenendo a mente che la poesia ha per oggetto quella sezione di mare che incuneandosi tra le fenditure rocciose della scogliera (vicina alla costa) dà inizio allo scontro tra il mare stesso e la scogliera. I cumuli di cenere sono dunque ciò che resta dei poveri mitili vittime della singolar tenzone, perennemente in atto nella gola della scogliera, tra mare e terra. Si tratta di mitili meno fortunati di quello che rassettando le loro ceneri «si apre e si chiude come fosse un ventaglio ferito», come a voler manifestare in questo modo il suo dolore per la sorte dei compagni ridotti in cenere e per le ferite subite.
Quando M. Moore scrive che «L’acqua sospinge un cuneo di ferro entro lo spigolo ferrigno dello scoglio», intende dire che l’azione impetuosa dell’acqua marina che sbatte contro la scogliera, opera nel corso del tempo come se fosse uno scalpello scavando crepacci nella roccia della scogliera stessa che però nonostante tutto resiste audacemente. Anche la parte finale della poesia rende testimonianza del carattere indomito della scogliera: «Ripetute prove hanno dimostrato che lo scoglio può vivere di ciò che non potrà risuscitare la sua giovinezza. E dentro ad esso si fa vecchio il mare». In questi versi, come spiega G.I. Muhiadeen (le note tra parentesi quadre sono mie): “La scogliera presenta la parete del baratro [del burrone, del crepaccio] della gola all'acqua del mare, ossia la faccia lacerata dalle onde. Questa faccia è «morta», eppure la [coraggiosa] scogliera benchè abusata e oltraggiata, invero, paradossalmente, «puo' vivere» alimentando il suo spirito nelle asperità [che caratterizzano l'ambiente nella gola tra gli scogli] che la fanno [diventare] vecchia" [«lo scoglio puo' vivere di cio' che non potra' risuscitare la sua giovinezza»], e (aggiungerei io), facendosi vecchia, «dentro ad essa si fa vecchio [anche] il mare» "intrappolato" tra le fenditure rocciose della scogliera stessa.
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