chi vuol giocare con me??

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nichilism33
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chi vuol giocare con me??

Messaggio da nichilism33 » 01/05/2013, 15:15

Intellettuali si diventa così …

Riporto un gioco letterario già proposto sul The New York Book Rewiew che ho letto tempo fa. Rivela quanto sia facile costruire un linguaggio colto: sessantanove parole-chiave (ventitrè sostantivi, ventitrè avverbi, ventitré aggettivi, disposti in tre colonne, scelte e combinate casualmente,possono servire all’aspirante critico, all’accademico, al filosofo, all’intellettuale borioso che vuol proporsi con un linguaggio d’effetto.
I sostantivi sono trasformabili in avverbi e/o aggettivi, e viceversa, con sei possibilità combinatorie per riga.

Affresco Abissalmente Apocalittico
Ambiguità Accortamente Archetipo
Arabesco Avventurosamente Autobiografico
Catalogo Cautamente Californiano
Degenerazione Deludentemente Deracine - eè
Equilibrio Elusivamente Elitario
Evocazione Epigrammaticamente Enigmatico
Farsa Ferocemente Fatiscente
Felicità Foltamente Fiabesco – a
Groviglio Genialmente Grottesco


Secondo voi, c’è ironia in questo articolo della prestigiosa rivista? Non saprei. Perché se provate a sperimentare il gioco e confrontate l’artificio con certi registri linguistici, con certi sottocodici in filosofese ( e perfino sue maldestre imitazioni!), il terribile pedagogese conosciuto da chi ha dovuto prepararsi a qualche concorso, e perfino testi sulla …. comunicazione vi potrete notare qualche analogia. Ma io girovagando da voyeur virtuale che talora curiosa in certi siti o group di discussione con pretese di alta cultura, consessi di autentici intellettuali impegnati, almeno nelle intenzioni, vi noterete qualche vaga somiglianza.
Il problema del “discorso vacuo” (così viene denominato dai linguisti e teorici della comunicazione) è stato affrontato anche scientificamente ed è antico quanto la cultura. Un tempo era prerogativa dei “sapienti”: un discorso superiore e incomprensibile da accettare incondizionatamente vergognandosi della propria ignoranza se non si riusciva a capire. In realtà si tratta di uno pseudodiscorso che maschera l’assenza di contenuto: provate a fare una sintesi di tali artifici, se avete dubbi, e vedrete poi le idee, i concetti che ne risultano, sempre che siate capaci di decifrarlo o di intuire cosa intendesse ….dire? L’autore.
I discorsi vacui sottoposti a manipolazioni (ben tollerate dal costrutto artificiale, purchè rimanga grammaticalmente corretto) come inversioni di vocaboli, e sostituzione di argomento ( i vocaboli scelti per il repertorio possono essere sterminati) sono stati esaminati da universitari che si sono comportati come se avessero capito, riassumendo, spiegando, indicando punti salienti. Lo hanno considerato un discorso colto e autorevole che esige rispetto e fa riconoscere i propri limiti culturali. Nessuno vuole demistificarlo. Questi studenti si appigliarono a qualche parola o parvenza di concetto che concedeva loro di discorrere su frusti luoghi comuni, dimostrando che “avevano capito”. Alla vacuità risposero con al vacuità e le apparenze furono salve. C’è spesso questa connivenza tra emittente e destinatario: in qualche modo si riesce sempre a ricavare qualche apparenza di contenuto. Potremmo provare, ad esempio “xy è una farsa di deludente autobiografia elitaria; groviglio di fatiscenti cataloghi …” Non male, vero? Ma io ho ridotto i vocaboli addirittura a 10x3. Ora provate voi.

Chi vuole giocare con me?
JOY

absinthium

Re: chi vuol giocare con me??

Messaggio da absinthium » 01/05/2013, 17:33

nichilism33 ha scritto:Intellettuali si diventa così …

Riporto un gioco letterario già proposto sul The New York Book Rewiew che ho letto tempo fa. Rivela quanto sia facile costruire un linguaggio colto: sessantanove parole-chiave (ventitrè sostantivi, ventitrè avverbi, ventitré aggettivi, disposti in tre colonne, scelte e combinate casualmente,possono servire all’aspirante critico, all’accademico, al filosofo, all’intellettuale borioso che vuol proporsi con un linguaggio d’effetto.
I sostantivi sono trasformabili in avverbi e/o aggettivi, e viceversa, con sei possibilità combinatorie per riga.

Affresco Abissalmente Apocalittico
Ambiguità Accortamente Archetipo
Arabesco Avventurosamente Autobiografico
Catalogo Cautamente Californiano
Degenerazione Deludentemente Deracine - eè
Equilibrio Elusivamente Elitario
Evocazione Epigrammaticamente Enigmatico
Farsa Ferocemente Fatiscente
Felicità Foltamente Fiabesco – a
Groviglio Genialmente Grottesco


Secondo voi, c’è ironia in questo articolo della prestigiosa rivista? Non saprei. Perché se provate a sperimentare il gioco e confrontate l’artificio con certi registri linguistici, con certi sottocodici in filosofese ( e perfino sue maldestre imitazioni!), il terribile pedagogese conosciuto da chi ha dovuto prepararsi a qualche concorso, e perfino testi sulla …. comunicazione vi potrete notare qualche analogia. Ma io girovagando da voyeur virtuale che talora curiosa in certi siti o group di discussione con pretese di alta cultura, consessi di autentici intellettuali impegnati, almeno nelle intenzioni, vi noterete qualche vaga somiglianza.
Il problema del “discorso vacuo” (così viene denominato dai linguisti e teorici della comunicazione) è stato affrontato anche scientificamente ed è antico quanto la cultura. Un tempo era prerogativa dei “sapienti”: un discorso superiore e incomprensibile da accettare incondizionatamente vergognandosi della propria ignoranza se non si riusciva a capire. In realtà si tratta di uno pseudodiscorso che maschera l’assenza di contenuto: provate a fare una sintesi di tali artifici, se avete dubbi, e vedrete poi le idee, i concetti che ne risultano, sempre che siate capaci di decifrarlo o di intuire cosa intendesse ….dire? L’autore.
I discorsi vacui sottoposti a manipolazioni (ben tollerate dal costrutto artificiale, purchè rimanga grammaticalmente corretto) come inversioni di vocaboli, e sostituzione di argomento ( i vocaboli scelti per il repertorio possono essere sterminati) sono stati esaminati da universitari che si sono comportati come se avessero capito, riassumendo, spiegando, indicando punti salienti. Lo hanno considerato un discorso colto e autorevole che esige rispetto e fa riconoscere i propri limiti culturali. Nessuno vuole demistificarlo. Questi studenti si appigliarono a qualche parola o parvenza di concetto che concedeva loro di discorrere su frusti luoghi comuni, dimostrando che “avevano capito”. Alla vacuità risposero con al vacuità e le apparenze furono salve. C’è spesso questa connivenza tra emittente e destinatario: in qualche modo si riesce sempre a ricavare qualche apparenza di contenuto. Potremmo provare, ad esempio “xy è una farsa di deludente autobiografia elitaria; groviglio di fatiscenti cataloghi …” Non male, vero? Ma io ho ridotto i vocaboli addirittura a 10x3. Ora provate voi.

Chi vuole giocare con me?
è stupefacente! hai 19 anni e disquisisci come un navigato filosofo...complimenti per la tua cultura e, soprattutto, capacità espositiva :?:...